Dopo un anno e mezzo Vaporteppa torna con il nuovo romanzo di Giuseppe Menconi, Sangue del Mio Sangue. Dopo la fantascienza di Abaddon e Il Grande Strappo, questa volta è un fantasy: un mondo alternativo che ricorda i nostri anni 1870, ma in cui la necromanzia è così diffusa che il lavoro delle mummie è la principale fonte di energia meccanica al posto dei motori a vapore!
Qui l’annuncio su Vaporteppa. Un fantasy in cui femminismo e umorismo nero si intrecciano. Un’avventura in cui la protagonista non deve lanciarsi per salvare il mondo, come invece avviene in troppi brutti fantasy degli ultimi decenni, ma lo fa per sfuggire agli strozzini e ai problemi della propria vita, come nei fantasy di un tempo! ^_^
In un mondo in cui le mummie forniscono la forza lavoro che muove le pale delle navi e i telai delle fabbriche, la necromanzia è la scienza più importante. Le nazioni industrializzate si contendono le rovine millenarie sepolte nelle Terre Morte per trovare conoscenze perdute ed espandere la propria potenza militare.
Evangeline è fuggita dalla comoda vita nella buona società per inseguire il sogno di diventare una grande archeologa, come suo zio, ma dopo quattro anni non ha ancora ottenuto nulla. In un mondo dominato dagli uomini non basta essere un’archeologa e una necromante eccellente: bisogna impegnarsi il doppio solo per non essere ignorate. Per sopravvivere Evangeline si occupa dei morti viventi di un teatro, fabbricando scheletri e incollando teste sui corpi delle mummie decapitate durante gli spettacoli. Un lavoro sporco, massacrante e mal pagato.
Però il tempo per Evangeline è agli sgoccioli: inseguita dai creditori e terrorizzata dall’idea che i suoi genitori possano trovarla e riportarla a casa con la forza, Evangeline deve trovare il prima possibile un grosso scavo archeologico che lanci la sua carriera… e forse l’occasione è arrivata con un misterioso sito protetto dall’esercito. Ma il nemico è vicino e per delle rovine importanti si sono già combattute guerre in passato.
Questo romanzo Fantasy è lungo la bellezza di 114.000 parole, ovvero circa un terzo in più del precedente romanzo di Menconi. Secondo il mio conteggio se fosse un cartaceo (e in autunno lo sarà) sarebbe lungo 369 pagine circa. È un bel romanzo pieno, ma è lontano dall’essere un mattone!
Un enorme motivo di orgoglio per me è aver portato un fantasy femminista per davvero. Non quel genere di storie in cui alla fine la protagonista viene trattata da tutti come un uomo solo perché si comporta come un uomo. E nemmeno quelle storie in cui alla fine la protagonista in carriera si salva solo grazie a un uomo, o molto peggio, capisce che l’amore è tutto e abbandona l’idea del successo. Che schifo. Qui abbiamo una donna che vuole farsi rispettare in un mondo dominato dagli uomini, e subisce tutti i tipici problemi di una donna in carriera: dovrà capire come superare lo scoglio di una società maschilista, senza sbatterci solo contro fino ad affondare. Sia io che l’autore abbiamo lavorato molto su questo aspetto, con la consulenza di un paio di amiche appassionate dell’argomento.
Qui la scheda di Sangue del Mio Sangue
Compralo su StreetLib Store (ePub o Kindle) o su Amazon (Kindle).
È ora di DarloVia!
Solo per i nostri lettori che ci seguono su Facebook, sarà possibile oggi e domani vincere entrambi i romanzi precedenti di Giuseppe Menconi, assieme a un’ora di incontro su Skype con il Duca per parlare di scrittura o con Menconi, basta seguire poche semplici istruzioni e incrociare le dita! Scopri come fare sulla nostra pagina Facebook a partire dalle 14:00 di oggi. ^-^
Note personali extra.
Cosa dire di questo romanzo? Prima di tutto che non vedevo l’ora di pubblicare un fantasy ambientato in un mondo alternativo. È un fantasy che può piacere agli amanti dello Steampunk, trattandosi di un’ambientazione pesantemente ispirata al vero Lungo XIX Secolo: non è difficile riconoscere nel continente di Westiria l’Europa, e nel Ciran qualcosa di simile a una Cina che si è industrializzata per tempo, come fece il Giappone Meiji, per competere contro le potenze occidentali. E competere molto bene, come vedrete leggendolo!
La cosa che mi è piaciuta di più nel lavorare con Giuseppe Menconi su questo nuovo romanzo, è stata la possibilità di spaziare maggiormente con l’immaginazione. Più che nei due romanzi precedenti, senza i vincoli legati alla credibilità (fanta)scientifica. Qui bisognava solo essere coerenti e costruire tutto rimanendo fedeli al principio base, al What If fantasy da cui tutto l’aspetto fantastico dell’ambientazione nasce: cosa accadrebbe se il mondo fosse pervaso da spiriti, e questi riportassero in vita dopo la morte gli umani. Se non ci fosse la necromanzia, probabilmente ci si limiterebbe a seppellire i defunti dopo averli mutilati orrendamente, come si faceva nei Balcani per evitare che risorgessero come vampiri o per vendicarsi. Ma nel momento in cui delle civiltà con gli “zombie gratis” dovessero imparare come prenderne il controllo…
Da quel singolo principio nasce tutto quanto: le mummie come scelta ideale per conservare i “morti viventi” (più forti degli scheletri, più igieniche degli zombie), usate per azionare dinamo oppure per fornire direttamente energia meccanica ai macchinari, o anche solo al posto dei cavalli per tirare i carri; le mummie per scopo ludico, usate dai necrofili e per gli effetti speciali a teatro; e se hai per le mani il cadavere di un gigante, pensi che non ti verrebbe in mente di tramutarlo in una macchina da guerra?
Le mummie “mech” sono un aspetto di cui sono particolarmente soddisfatto, avendo lanciato io l’idea all’autore. In realtà diverse varianti dell’idea, inclusa quella di assemblare i giganti da guerra usando parti di corpi diversi, come dei mostri di Frankenstein. Menconi ha preferito l’opzione dei corpi giganti in cui innestare un cadavere umano per ingannare gli spiriti e far loro credere che il resto del corpo, il gigante, fosse parte del cadavere originale umano. I giganti da guerra sono l’unico aspetto Steampunk a tutti gli effetti, l’unico che combina idee della fantascienza moderna e le rilegge con la tecnologia dell’epoca (e un tocco fantasy).
Tolti i giganti da guerra, il resto è uno pseudo-ottocento con l’aggiunta di necromanzia. Molti direbbero che è Steampunk lo stesso, ma dato che l’ambientazione è inventata, non è il nostro vero mondo con precisi riferimenti storici o di fantascienza d’epoca, io preferisco vederlo come un Fantasy con contaminazioni Steampunk che può piacere a chi, come me, ama lo Steampunk.
Riguardo gli aspetti storici, Menconi ha preferito attenersi con una certa rigidità agli anni 1870: abbiamo la transizione avvenuta da pochi anni dai vecchi revolver cap-and-ball ai nuovi revolver con i bossoli; abbiamo i fucili a retrocarica ma senza serbatoio dei colpi, che convivono assieme ai fucili con serbatoio di solito affidati alla cavalleria; abbiamo il telegrafo e fanno capolino le prime lampadine elettriche. Avremo modo in futuro di parlare ancora di come è nata quest’ambientazione.
Sono davvero contento di aver portato un nuovo Fantasy su Vaporteppa e non mi dispiacerebbe in futuro pubblicare qualcosa di ancora più “classico”, con più magia e creature fatate: magari un’ambientazione ispirata al Quattrocento o alla Prima Età Moderna, ma realizzata con la stessa serietà e lo stesso impegno con cui abbiamo immaginato questo mondo ottocentesco. Fare Fantasy seriamente, senza scadere nei cliché più beceri privi di reinvenzione, si può. Basta volerlo. E tu, potenziale autore che mi leggi: lo vuoi?
Buona Estate!
I video settimanali e gli articoli di approfondimento su storie e teoria narrativa si interromperanno per la pausa estiva fino alla seconda metà di settembre. Sicuramente farò dei post di qualche genere, ma non è detto che faccia i video o che siano idonei a fare poi i video in autunno. Dipende, se mi verrà voglia magari farò qualcosa comunque, ma voglio dedicare il resto di agosto e la prima metà di settembre il più possibile alle opere dei miei autori italiani, che sono parecchi e io sono in mostruoso ritardo (in buona parte per colpa dell’articolo con video settimanale, che mi ruba un terzo della settimana abbondante), e a completare il mio corso online per autori (e anche qui sono in mostruoso ritardo, e ho una bella lista di iscritti da servire).
Per chi vuole vestirsi come il Duca per quest’estate, vi lascio il link al negozio eBay in cui ho comprato le mie nuove camicie hawaiane che avete visto nei video. Perfette per sorseggiare birra o un bel cocktail Tiki! Sto indossando solo queste ormai, nei quattro colori che ho comprato: blu, rosso, arancione e verde. Vestite come il Duca, diventate come il Duca: come sostengono i giapponesi, bisogna cominciare dall’aspetto esteriore se si vuole facilitare la trasformazione interiore. Forse l’abito non fa il monaco, ma fa un coniglietto come duchino! ^-^
Che bello! questo è proprio il mio target. Appena finisco le letture attuali devo prenderlo. Spero non ci sia troppa necrofila. Avete preso qualche spunto da quel tuo articolo sui vampiri in cui un giovanotto aveva gusti un poco “gelidi”?
Comunque deve essere bellissimo lavorare con l’editor per seguire tutti i fili logici consequenziali lanciati da una premessa fantastica. Per quel che mi riguarda questa è la parte più bella dello scrivere fantasy, e alla fine è davvero soddisfacente ritrovarsi con un mondo realistico e ragionevolmente complesso.
Allora forse ti piacerà ciò che mi appresto a mandarti. Penso che in settimana ti manderò la mail, ma probabilmente lo leggerai a settembre.
Ehi! Sono io! Si! Lo voglio! Voglio lavorare con un coniglietto!
Ps. colgo l’occasione per chiederti un consiglio pratico: se ambiento un racconto nel mondo anglosassone mi conviene rendere le unità di misura col sistema metrico per facilitare la comprensione o col sistema imperiale per contribuire all’ambientazione? tu che faresti? io propendo per il sistema metrico…
Ci sono degli accenni alla necrofilia, ma poca roba. D’altronde in un mondo così abituato al corpo delle mummie, e che quindi ne prova ben poco orrore, è naturale che si sviluppi maggiormente o sia un po’ più tollerata. L’unica cosa esplicita avviene verso l’inizio, tra un personaggio secondario e una mummia. ^-^
Dipende. Se è davvero nel mondo anglosassone, ci si aspetta che nelle battute usino il loro sistema di misura e può suonare strano che usino il metrico, anche se il lettore vedendo il metrico capirebbe che è una traduzione (come nei fantasy: mica usano davvero il sistema inglese o quello metrico, né parlano italiano, è tutto una traduzione).
Il problema però è di fondo: non devi avere bisogno delle unità di misura o che il lettore debba riflettere su pesi o misure. Ciò che dici deve rendere implicito, senza bisogno di decifrare l’unità di misura, se significa “tanto” o “poco”. Il cervello non immagina le unità di misura, devi scrivere cose reali e concrete: quindi usare meno misure possibili (se mostri le scene nel dettaglio non ne avrai quasi mai bisogno) e quando le usi renderle “superflue” se non come un senso generico di vicino/lontano pesante/leggero.
Se nel contesto della tua storia ambientata tra un popolo equivalente agli ottomani, in cui i persoanggi si trovano in una colonna di fucilieri in marcia, dici che la città che vogliono raggiungere prima di notte per non doversi accampare dista ancora due fersah e un personaggio dice “Abbiamo ancora buon parte del pomeriggio, dovremmo riuscire ad arrivare prima del tramonto”, capiamo che è una buona distanza ma non è enorme, ed equivale a mezza giornata di marcia o meno: infatti è 11 km, su 20-30 km al giorno stimati da Clausewtiz per la marcia normale di un esercito.
Devi scrivere apposta con lo scopo di rendere intuibile l’entità di misura anche a chi non la conosce. Si tratta, al solito, di fare un lavoro con l’approccio test-driven (progettare le scene allo scopo di superare/evitare il problema) invece che l’approccio waterfall (fare problemi a caso e poi tentare di risolverli goffamente).
Perché conservare nomi non in italiano, tipo katana, o misure straniere, come i fersah di prima? Esclusivamente per dare una sensazione, un flavour, di cultura diversa dalla nostra. Per un giapponese la katana è solo la parola generica per spada, diventa “le spade giapponesi” solo nella nostra mente di cultura diversa da quella.
Domandati sempre se ne vale la pena e a cosa il pubblico è abituato, per esempio nell’ambito dei romanzi storici con quell’ambientazione simile alla tua.
C’è una lezione a tema nel corso gratuito, nelle parti ancora non rielaborate e messe online. Chi sta facendo il corso a pagamento ha comunque già accesso a quelle lezioni, gli altri lo avranno nei prossimi mesi (non so quando, usciranno un po’ alla volta tra fine 2017 e prima metà del 2018).
Grazie mille Duca. In effetti dopo aver inviato il commento mi sono reso conto da solo che potevo semplicemente mostrare le dimensioni dell’oggetto descritto in rapporto al pov. Prima di farti le domande mi chiedo sempre se posso arrivarci da solo, ma ogni volta non ci arrivo fino a che non ho premuto “invia” :P
Ps. A tema di worldbuilding intorno a una premessa mi è venuto in mente un aneddoto: Asimov disse di aver costruito la trama di Nemmeno gli Dei pensando inizialmente solo alle condizioni per l’esistenza di un isotopo immaginario. Bella storia!
Pps. Bella novità la lunghezza dell’opera. Nelle vostre pubblicazioni la brevità era una cosa che ho sofferto spesso. In certi casi non ero pronto a lasciare il mondo narrato, volevo sguazzarci un altro po’. Spero che l’autore non si sia beccato troppe frustate motivatrici per tagliare questo nuovo traguardo.
Stavo giusto scartabellando Amazon alla ricerca di letture estive, chiedendomi: che autore beccherà il mio sudato denaro?
(sudato non perchè l’ho guadagnato ma perchè fa molto caldo qui in Sabaudia).
E oplà!
Spunta Menconi.
Del quale ho apprezzato Abaddon, amato Il Grande Strappo e cercherò un aggettivo anche per questo libro appena l’avrò finito.
Bene così! Avanti tutta! Viva Cavour!
Scusa Duca, ma stavolta devo bacchettare un pò il tuo autore, visto che esiste già da due anni un’opera analoga (tra l’altro molto carina, ne consiglio la visione): “L’impero dei cadaveri“
@MattoMatteo
Tutto è analogo praticamente a tutto il resto, in qualsiasi ambito. Quello che conta sono i dettagli esatti. È il concetto stesso di originalità che aborre l’idea di analogo, in quanto irrilevante. Altrimenti smettiamo di scrivere qualsiasi cosa, perché qualsiasi cosa sarebbe analoga a opere precedenti o a opere ignote di tizi ignoti altrove nel mondo. ^^
A parte sottolineare quest’indicazione di vaga somiglianza concettuale, come qualsiasi storia che impieghi l’idea del Mondo Fatato nordico è analoga a qualsiasi altra le impieghi, hai qualcosa in più da indicare su quell’opera in particolare in relazione ai precisi dettagli di quella di Menconi?
Sto vedendo Shisha no Teikoku. Sono alla prima mezz’ora, ed è di una stupidità imbarazzante, anche a livello di ambientazione. È fatto con la somma di ciò che abbiamo buttato via da quella di Menconi perché palesemente idiota e opposta a quando ci è noto a livello di storia economica e sociale.
Shisha no Teikoku, come capita spesso con le opere giapponesi, parte con una buona idea e poi sbaglia tutte le conseguenze. Sembra progettato da un alieno che conosce l’umanità e le società umane solo per sentito dire. Probabilmente ci farò un articolo.
@ Duca
Mi hai fatto tornare in mente una citazione che lessi anni fà:
“Se hai una buona idea, altri 10 l’hanno avuta prima di te;
se hai un’ottima idea, altri 100 l’hanno avuta prima di te!”
XD
Comunque, chiedo scusa se ti ho dato l’impressione di essere arrabbiato o offeso con Menconi, non era affatto mia intenzione.
E’ solo che, leggendo la descrizione dell’opera, mi è subito venuto alla mente quell’anime (quanto meno per l’uso dei morti come forza lavoro a bassissimo costo), e mi è sembrato strano che tu non la menzionassi.
Non avendolo visto, era impossibile menzionarlo. E vedendolo e frugando online nelle recensioni, mi sono ricordato come mai non l’avevo visto la prima volta che mi era stato segnalato: fa schifo. A ogni livello. Come progettazione dell’ambientazione, e come storia. Perfino un anime come Log Horizon trasuda intelligenza rispetto a questo…
Però mi fa comodo per aprire i futuri articoli di analisi e critica del World Building balordo nelle storie, in cui tratterò elementi di ambientazione gestiti a cazzo nelle storie e come gestire certi elementi in astratto (senza storie d’esempio).
Vorrei fare una domanda a Menconi e al Duca. È una domanda pignola, ma la faccio soltanto per curiosità e amor del dettaglio.
La mummia gigante ha il soprannome che ha perché non riesce a vedere dove mette i piedi. Eppure nel mondo del romanzo ci sono i periscopi. Ce n’è uno proprio sulla stessa mummia. Non vi sembra logico che gli ingegneri avrebbero messo un altro periscopio con un angolo più basso per coprire questo angolo morto invece di rendere necessario alla mummia di abbassare il busto?
La domanda è: ve ne eravate accorti e avete preferito fare come si è fatto per giustificare la scena dello schiacciamento di Fester oppure semplicemente non ci avevate pensato? O ancora, forse per qualche ragione che io ho trascurato la soluzione del periscopio puntato in basso sarebbe stata trascurata dai progettisti della mummia?
Ci abbiamo pensato (il nome o il modo di usarlo è venuto dopo come conseguenza, non il contrario) e abbiamo anche scritto il tutto in modo che il lettore potesse intuire da solo il funzionamento. La risposta è quindi quella della seconda domanda: non c’è per “altre ragioni”.
Il periscopio non è per la mummia, è per il pilota. Non te ne fai nulla al fine di evitare pestamenti di un altro periscopio, visto che il problema non è che ordini dà il pilota ma come la mummia esegue ogni singolo passo per obbedire agli ordini. La mummia vede solo con gli occhi, ed è vincolata alla forma umana (per diversi motivi: può essere perché gli spiriti possono interfacciarsi solo con corpi umani o forse scelgono solo creature dal cervello molto più complesso della media e poi si interfacciano da quello).
Il sistema della mummia gigante per esempio è spiegato che si tratta di un trucco: il cervello del morto viene ingannato facendolo animare in un corpo “fuso” con un corpo più grande di cui però identifica braccia e gambe scambiandole per le proprie. A quanto pare i giganti non si rianimano da soli per cui richiedono un “aiutino”… o se lo fanno hanno qualche problema che non li rende gestibili facilmente: la cosa non è precisata perché irrilevante al fine della storia.
A Menconi avevo suggerito il doppio periscopio, uno fisso che guarda davanti e uno che guarda dietro, per il pilota, e il secondo set di occhi di emergenza per la mummia. In pratica due occhi extra piantati più in basso nel caso che il primo set esploda, su cui switchare con un cambio di cavi. Sarebbero potuti essere anche degli occhi nell’inguine, volendo, così poteva vedere molto in basso in caso di necessità…
Il problema è che la mummia si interfaccia ritenendo di avere un corpo umano con gli occhi in cima, per cui dargli gli occhi ad altezza cazzo potrebbe, quando si switcha, causare enormi problemi di instabilità motoria e confusione. Questo può spiegare come mai abbiano tenuto la disposizione “occhi-sotto braccia – più sotto gambe” come nell’originale.
Un secondo problema, ma non è sostenuto in modo diretto nel libro, potrebbe essere un classico problema di lunghezza cavo: forse un cavo per il segnale degli occhi lungo molto più di quello per la testa potrebbe trasmettere male o non trasmettere i segnali degli occhi verso il cervello della mummia interna. Questo può spiegare come mai gli occhi “in pancia” o simili non ci siano nemmeno come opzione ESTREMA in caso di esplosione della testa… oltre all’altra ovvia risposta: le ridondanze in ambito militare sono una cosa molto moderna, e pure i primi carri armati si rompevano in posti imbarazzanti che fan dire “ma mettere una ridondanza del pezzo no, eh?”.
Questa è un’opzione da tenere a mente per il futuro, ma per quest’opera è sufficiente il problema anatomico: le mummie sono molto stupide nel comprendere gli ordini, anche perché la conoscenza dei necromanti moderni è molto rudimentale, per cui ogni handicap può risultare catastrofico per l’efficienza complessiva della mummia… altrimenti avremmo visto mummie con 8 braccia che mulinano spade come frullatori. :-)
Grazie per la risposta :) tutto ciò é molto interessante per me. In effetti la mia domanda era fondata sull’equivoco che forse dando maggiore visibilità al pilota questi potesse dare ordini precisi per ogni passo. Capisco che in effetti potrebbe essere esagerato, anche se credo che magari, nonostante ciò, io un periscopio basso lo avrei messo, anche se solo per il pilota.
Mi viene anche in mente la possibilità di mettere degli “specchietti” vicino agli occhi della mummia (come i retrovisori delle auto) ma puntati in basso. Ma forse la mummia sarebbe troppo stupida per capire come interpretare l’immagine riflessa.
Queste comunque sono solo le mie riflessioni. Capisco che in primis stiamo parlando di una tecnologia ancora poco raffinata. È bello comunque che sia possibile fare certi ragionamenti su un mezzo fantasy e non ci sia bisogno di liquidarlo come “tanto é fantasy!” ^^ è in questi casi che una attenta progettazione dietro il romanzo fa appassionare i fan.