Sei andato al cinema, il film finisce e a te non è piaciuto molto. L’idea è carina, gli attori erano bravi, il finale ci stava, ma per qualche motivo non ti è piaciuto. Uscite, un tuo amico ti fa “Che figata! A te come è sembrato?” e ora devi trovare qualcosa per rispondere.
Puoi evitare l’argomento dicendo qualcosa tipo “Sì, carino, non mi ha entusiasmato, ma è carino” e se quello incalza per sapere cosa non ti ha entusiasmato, puoi tagliare corto con una stronzata tipo “No, non è colpa del film, è che avevo altro per la testa e non era serata”.
Ma se invece ne vuoi parlare? Il problema è che non sapendo cosa non andava perché non hai conoscenze tecniche nell’ambito da impiegare per decifrare le origini del tuo disagio, devi cercare di capirlo da solo. Andare a sensazione.
“Ma, non so, è che mi è sembrato un po’ forzato l’inizio…”
“Cioè? A me torna quello che fanno, cioè, se non saliva sul furgone crepava!”
“No, non intendo quello. È che è come se ingranasse solo dopo.”
“Ma se è pieno di inseguimenti e azione fin da subito!”
“Sì, hai ragione. È che intendo dire che… boh, non so, mi sembra che la recitazione non fosse granché.”
“Ma la protagonista era bravissima, io alla fine mi sono commosso!”
E andate avanti così per un po’. Magari anche per un’ora. Tu non sai cosa davvero non andasse. Lui non capisce cosa non ti è piaciuto. Nell’insieme a lui sembrerà solo che vuoi trovare scuse per dire che non era bellissimo anche se ti è piaciuto, oppure che non era nei tuoi gusti anche se il film è perfetto così. Sei solo uno che vuole criticare qualcosa perché fa figo trovare da ridire, insomma.
Avete parlato, ma non avete comunicato.
Quello che forse avresti voluto dire è che l’attrice era brava, il personaggio andava bene e aveva solide motivazioni per agire, come anche i suoi antagonisti, ma all’inizio del film non sei riuscito a provare Empatia per la protagonista perché è un personaggio molto duro e spregiudicato, un’autentica stronza opportunista, e la prima azione “condivisibile” gliela vediamo fare solo mezz’ora dopo che è iniziato il film.
Se non la “capiamo”, se non siamo abbastanza con lei da accettare le sue azioni come necessarie, significa che la storia non è riuscita a presentarcela in modo adeguato: perfino il più stronzo degli stronzi, dal proprio punto di vista, si ritiene OK. Il fatto di aver scoperto il doloroso passato della protagonista e le sue motivazioni solo a metà film, non ti ha aiutato a fare il tifo per lei o anche solo a capire a fondo la vicenda. Questo era quello che avresti voluto dire, entrando ovviamente nei dettagli specifici.
E il tuo amico magari avrebbe risposto “Eh, sì, hai ragione. A me i personaggi stronzi piacciono lo stesso, però ho capito il senso.” Non è molto meglio riuscire a comunicare ciò che si prova e farsi capire, invece di litigare? A meno che tu non ti sia spiegato male. O che il tuo amico sia un coglione che non capisce i concetti nemmeno se glieli reciti usando due calzini sulle mani per fare i personaggi che dibattono (in tal caso per fare pace puoi regalargli una replica della meravigliosa lightsaber di Kylo Ren).
Ti rivelo un piccolo segreto: quando c’è un problema ci sono pochissime risposte “giuste” per identificarlo in modo più o meno approfondito, ma ci sono infinite risposte sbagliate. Avere conoscenze tecniche in un dato settore (sceneggiatura di una storia, per esempio) permette di pescare più facilmente la risposta dal gruppetto di quelle sufficientemente corrette, evitando buona parte degli errori possibili, invece di frugare nelle infinite risposte senza senso che probabilmente peggioreranno solo la discussione, come nell’esempio visto prima.
E ora un secondo piccolo segreto: si può studiare e imparare abbastanza facilmente come analizzare una storia, per esempio un film, quanto basta da riuscire a giustificare per quale motivo qualcosa non ti piace oppure per quale motivo qualcosa che ti piace può dipendere oggettivamente dal tuo solo “gusto” mentre tecnicamente è fatto male. Ci piacciono un sacco di schifezze e di cose opinabili, siamo sinceri, tutti abbiamo la nostra nicchia di gusti che al 95% e più dell’umanità fanno pena: non ha senso fingere che non sia così e rifiutarsi di dare il peso corretto a ciò che ci piace o non ci piace solo per le nostre fissazioni.
Se io sono un amante dei coniglietti e posso guardare per tre ore coccolosi coniglietti che fanno cose coccolose, un soggetto normale dopo qualche minuto inizierà a soffrire per la carenza di trama della vicenda. Un grande film sa prendere un argomento di cui pensi non ti freghi granché, drammatizzarlo, renderlo personale, dotarlo di un qualcosa di innovativo e scatenarti emozioni che lo renderanno davvero interessante.
Capire quando qualcosa ci piace solo perché tocca i nostri gusti (e quindi funziona solo con i pochi altri come noi) e quando ci piace perché è fatto bene a livello generale (ovvero tocca meccanismi che funzionano quasi con tutti) è un passo avanti enorme per avvicinarsi al poter discutere seriamente con qualcuno, magari traducendo in termini tecnici e capendo cosa l’interlocutore non ha gradito e a noi invece non è pesato.
L’alternativa è blaterare pescando nel grande mare delle infinite risposte sbagliate, e magari lanciare perle come “i cliché sono un pregio nei film” o altre cose che permettono a chi si occupa di storie di individuare i pirla in meno di dieci secondi. Con 2400 anni di teoria a supportarci in un campo artistico ampiamente esplorato, non ci sono scuse per non studiare se si intende parlare di storie seriamente.
Uno spettatore sarà più facilmente disturbato da una storia poco comprensibile, con motivazioni flebili, personaggi piatti e cliché così continui che sai sempre cosa sta per accadere e a ogni istante pensi “già visto”, che da una recitazione mediocre o da una regia banale. Ci vuole una recitazione davvero cattiva, pessime luci, pessimi costumi, pessima regia ecc. per ottenere un responso forte dagli spettatori su questi argomenti di nicchia. Il bruttino non basta: lo accettiamo già come minimo tollerabile e lo ignoriamo.
Pensiamo ai grandi film che hanno fatto la storia. Guardandoli oggi spesso gli effetti speciali suonano ridicoli, e anche in tanti altri aspetti sembrano strani, datati: pensa alla recitazione un po’ troppo “teatrale” in certi colossal, e al trucco perfetto da sera di gala anche quando i personaggi dovrebbero essere conciati da stracci. Ma quando hanno grandi storie, profonde, che toccano le nostre corde interiori e ci emozionano, funzionano ancora oggi, nonostante abbiano dei limiti che non accetteremmo in un film moderno.
Se le uniche cose su cui quei film si reggevano fossero state gli effetti speciali e un attore all’apice della sua carriera, appena usciti avrebbero potuto pure sbancare al botteghino, ma col passare del tempo sarebbero diventati film senza appetibilità. La corazzata Potëmkin quando è uscita nel 1925 era un capolavoro tecnico, ma grazie alla sua storia cruda, toccante, e all’espressività dei suoi personaggi, è un film che si può ancora guardare con piacere… nonostante sia perfino un film muto! Forse Il Re Leone ormai non può competere con Frozen nel comparto grafico (molti spettatori direbbero che può al massimo competere con un anime mediocre), ma la sua storia, seppure non perfetta, può ancora risuonare negli spettatori.
Si possono spendere belle parole su tanti film che, anche senza sapere la data, fin dai primi istanti si capisce che hanno più di 30 anni: Ritorno al Futuro, Terminator, Orizzonti di gloria, Casablanca, Kramer contro Kramer… difficilmente tra mezzo secolo si parlerà con ammirazione di Avengers: Age of Ultron o di Passengers.
Sai cosa c’è di bello in tutto questo?
Che la teoria drammatica che sta dietro una grande opera teatrale come Casa di bambola, o dietro un film che ci scuote e cattura come Il Ponte delle Spie, è anche la teoria di costruzione di una storia che funziona con un romanzo. I romanzi non sono i parenti scemi del teatro: nulla vieta loro di venire realizzati con quella profondità del protagonista che caratterizza Amleto o con la durezza delle vicende di Macbeth. La teoria drammatica è nata col teatro, e per noi il testo fondamentale più antico è la Poetica, ma non è rimasta intrappolata in quelle unità di spazio e di tempo del palcoscenico in cui Aristotele l’aveva collocata.
Uno scrittore che aspira a realizzare bei romanzi ha tantissimo da imparare da grandi film e grandi serie televisive, e proprio nei film è più facile trovare grandi storie progettate con tutti i migliori canoni drammatici, perché tradizionalmente gli sceneggiatori studiano la teoria drammatica e gli scrittori di narrativa no. Il fatto che quello dei film sia un settore che muove molti soldi ed è quindi più competitivo, ha influito moltissimo: giocare sul serio invece di fare il dilettante diventa basilare per farsi strada.
Non c’è da stupirsi che molte persone trovino poco attraente l’idea di leggere, ma ben pochi snobbino a priori i film: la qualità dell’esperienza emozionale data dalla forza tecnica delle storie ha un peso tutt’altro che piccolo, soprattutto se pensiamo che i film hanno un handicap emozionale sull’interiorità dei personaggi che invece un bel romanzo non ha… ma quest’argomento merita un intervento apposito in futuro sulle differenza tra teatro, cinema e narrativa in prosa.
Uno sceneggiatore e uno scrittore sono sulla stessa barca, dal punto di vista della storia da progettare. Nessuno dei due ha qualcosa da imparare di utile per il proprio mestiere dall’atmosfera creata dalla fotografia di un film, o dalla bravura di un attore, o da quanto gli incassi al botteghino siano dipesi da grossi investimenti pubblicitari, e nemmeno dal fatto che il gradimento del pubblico sia stato influenzato da musiche meravigliose (es: il successo sproporzionato di Frozen). Scrive storie, non musiche e canzoni.
Quando lo sceneggiatore scrive, non ha idea di come la sua opera verrà realizzata. Non può contare su eccellenze da qualche parte per sviare l’attenzione da scene pensate male. Scrittori e fumettisti possono imparare dai bravi attori, e i fumettisti anche dai registi, ma su come “concretizzare” l’esecuzione dell’opera, non sul progettarla a livello drammatico.
Anzi, ancora peggio: una storia cattiva, magari per colpa di un sottotesto assente o traballante da recitare (ciò che non è scritto, ma che nasce da quanto scritto ed è ancora più importante di ciò che è scritto), o per colpa di dialoghi didascalici e legnosi, può compromettere la performance anche di attori bravi o molto bravi. Pensate alla differenza tra Richard Madden che recita in Game of Thrones e lo stesso attore ne I Medici (senza contare i problemi di doppiaggio e di sincronizzazione). Visto che abbiamo tirato in ballo quella serie merdosa: Dustin Hoffman ha fatto quello che poteva, ma siamo anni luce da ciò che ci ha dato in Cane di paglia e in Tootsie. Un attore può far rifulgere d’oro un grande personaggio o farlo sembrare di ottone ossidato, ma non può trasformare la merda in gioielli: c’è un limite a tutto…
Saper progettare bene una storia non assicura di fare un capolavoro, ma permette di evitare quegli errori che ucciderebbero anche le idee migliori. La corretta teoria drammatica sostiene ed esalta la ricchezza e l’originalità delle idee di un autore, lo guida nell’esplorarle per comprendere ancora più a fondo le proprie intuizioni originali, e lo aiuta a non sabotarsi da solo con decisioni insensate figlie di un “lampo di gegno” del momento. Originalità, disciplina e pazienza guidano il buon costruttore di storie.
Meglio concentrarci quindi su questi aspetti quando analizziamo un film. Gli aspetti che possiamo controllare quando progettiamo una storia, sia che debba divenire un romanzo sia che debba diventare una sceneggiatura da spedire ai tritarifiuti delle case di produzione o degli editori di fumetti.
Per gli scrittori di narrativa, o per chi disegna i fumetti che sceneggia, naturalmente poi si aggiungono tutti gli altri problemi: quelli di dover far recitare la storia con i mezzi della propria arte. Nel caso di un fumettista è un lavoro massacrante che unisce recitazione, fotografia, regia ecc. Ho una stima enorme per i fumettisti.
Chi scrive narrativa in prosa è risparmiato da tanti problemi che ha invece chi disegna, ma ne eredita altri: l’enorme difficoltà di rendere con poche parole ciò che apparirebbe visibile in un fumetto o in una manciata di fotogrammi di un film. La migliore storia può crollare sotto i colpi di una pessima scrittura, come sotto quelli di una recitazione dozzinale e di una regia demenziale.
Ci sono diversi modi per analizzare le storie, ma io darò la preferenza a uno in particolare di questi perché nel corso degli anni l’ho trovato più chiaro, elastico da applicare, e in generale compatibile con gli altri sistemi più di quanto questi altri siano l’uno con l’altro. Tant’è, infatti, che io lo uso arricchito con quanto di meglio dicono gli altri autori. Un metodo che permette di comunicare facilmente anche con chi preferisce metodi diversi, perché è molto basato sui concetti classici che tutti gli esperti veri devono conoscere: è un po’ come sapere l’inglese per andare a fare il turista nei paesi occidentali. È il metodo che di base faccio studiare ai miei autori di Vaporteppa.
Sto parlando di quanto insegna Dara Marks in L’arco di trasformazione del personaggio. Sembra rigido, ma non lo è: richiede precisione e questo può bloccare nei primi tempi, ma garantisce una grande libertà quando si impara a gestirlo in modo istintivo. Sembra un metodo vecchio e troppo classico, ma se questo significa trovarsi in buona compagnia con Il Padrino, Il Ponte delle Spie, Rocky, Dragon Trainer, Tootsie ecc. direi che è un difetto che si può benissimo sopportare. I migliori film ancora oggi lo adottano. ^_^
Vi basterà anche solo questo libro per cominciare a capire quando un film o un libro che non vi piace è “brutto” per colpa dei vostri gusti e non per proprie colpe intrinseche. Comincerete anche a capire qualcosa di come mai certi film pieni di idiozie e insensatezze siano in grado lo stesso di tenere incollato il pubblico e farlo appassionare. Chiunque è bravo a sfornare luoghi comuni su pubblicità, marketing e pubblico fidelizzato al brand, ma non basta solo questo per rendere un film digeribile al pubblico.
Allo stesso tempo chiunque è capace di prendere un film o un romanzo di merda, pieno di scemenze, e divertirsi a smontarlo (anche se magari in modo poco tecnico). Un po’ come si faceva con i fantatrash anni fa, nei tanti siti che imitavano male (ovvero senza il rigore teorico) Gamberi Fantasy. Anche se spesso nel criticare selvaggiamente dicevano anche idiozie senza capo né coda, tradendo che i “recensori” non erano migliori degli autori di cui si lamentavano. Raramente ho trovato blog in cui l’autore sapeva di cosa stava parlando quando criticava, o quando esaltava, gli aspetti di un’opera: Tapirullanza è una mosca bianca, peccato che ormai sia immobile da tempo.
Vale la pena analizzare opere da cui non c’è nulla da imparare? Secondo me no, è solo uno svago, un ozio per il tempo libero, e come tale non deve essere il centro d’interesse di chi vuole imparare. Un film dalla sceneggiatura brutta, ma con delle basi tecniche minime, può invece essere molto utile per capire come si poteva “salvare”… ricordate i ragionamenti fatti sul finale di Passengers?
Se non c’è qualche spunto costruttivo per parlare di qualcosa di utile, non penso che parlerò dell’opera. Proprio come ho fatto con gli ultimi due film discussi: articoli enormi soprattutto per le discussioni collaterali riguardo la credibilità di alcuni aspetti specifici interessanti.
Allo stesso modo parleremo di opere belle, ma questo non vorrà dire prenderle acriticamente per buone e ignorare i difetti. Se un’opera ha un difetto e questo difetto è affermabile come tale proprio in virtù di una solida teoria che si è dimostrata corretta, allora il difetto è doveroso indicarlo (se l’entità è tale da meritare menzione nel proprio discorso). Anche se adoriamo l’opera in esame.
«Uno dei miei film preferiti è Sette spose per sette fratelli. Quando lo analizzo mi è chiaro che presenta un inizio fantastico e un’ottima parte centrale, ma la seconda parte del secondo atto inizia a trascinarsi, mentre il terzo atto non risulta sufficientemente lungo da suscitare una reale suspense. Continuo ad amare questo film, ma sarei la prima ad affermare: “Non è perfetto”.
Amo Nuovo Cinema Paradiso ma i primi cinque minuti non sembrano essere messi a fuoco, la seconda parte del secondo atto scade (quanto Totò rimane sotto la finestra della sua amata, poi va nell’esercito), mentre il terzo atto è troppo lungo.
Non abbiate paura di criticare film stupendi o buoni. Potete rispettare un film anche se osservate che manca qualcosa.»– Linda Seger, story analist e insegnante a livello internazionale.
E, aggiungo io, saper guardare con occhio analitico un’opera amplifica il piacere dell’opera stessa portandolo su un altro, più profondo, livello. Proprio come diceva Umberto Eco riguardo la lettura.
Questo però non vuol dire cercare difetti a tutti i costi. Non c’è nulla di male nel dire che un film è fatto talmente bene che non c’è niente di sufficientemente negativo da meritare menzione. Se la teoria permette di dirlo, se davvero i difetti sono nulli (difficile) o di pochissimo conto (caso normale), si abbia la decenza di tacere invece di violare la teoria trovando errori che non esistono.
Chi trova errori che non vi sono perché pensa sia figo trovarne è intellettualmente piccolo quanto chi rifiuta ogni errore nascondendosi dietro il muro di “è solo un film” o “tanto è fantasy”. Quando si sente che ci sono errori, ma non si trova la giustificazione teorica per indicarli, è il campanello d’allarme del gusto personale… ovvero della cazzata, della fisima che nulla importa alla gran parte del resto dell’umanità. Solo un’applicazione rigorosa della teoria permette di accorgersi di quando i gusti annebbiano la razionalità…
… però va benissimo dire cosa piace o non piace “per il proprio gusto”! Anzi, va fatto: è molto utile per chi è interessato proprio al nostro gusto specifico di recensore. Basta saperlo e indicarlo in modo chiaro. Onestà intellettuale e rigore, né più né meno che merce rarissima. ^_^
Entreremo un pochino nel dettaglio sulla teoria insegnata dalla Marks in un articolo futuro, ma il consiglio è di comprare e leggere quel saggio. Capirete le mie analisi dei film anche senza averlo letto, probabilmente anche senza aver letto il mio articolo riassuntivo, un po’ come avete capito i discorsi su posta in gioco e fatal flaw in Rogue One e in Passengers anche se non avevate studiato quei due concetti. Però le mie analisi saranno degli esercizi a supporto sia di chi ha fatto o farà il mio corso a pagamento, sia di tutti quelli che preferiranno studiare da autodidatti. Guardare il film, provare ad analizzarlo da soli e poi leggere la mia opinione spero potrà aiutare chi è alle prime armi e fa fatica. ;-)
Dato che i film raramente sono “perfetti”, le risposte possibili ad alcuni aspetti tecnici possono oscillare (lo abbiamo detto prima che le risposte sufficientemente corrette possono essere diverse): sarò felicissimo di sentire le vostre ipotesi, quando discordano dalle mie, e vedere se sono solide e quindi accettabili.
I commenti sono qui per questo: per chi vuole partecipare, imparare e coi propri dubbi insegnare a me qualcosa di nuovo. Ho imparato moltissimo dalle domande e dalle intuizioni degli autori che ho formato negli ultimi tre anni.
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