Sono incappato per colpa di Antonio Tombolini su un video che ha qualcosa di imbarazzante. No, di più: angosciante. Vedere certe cose nel 2016, non nel 2010, mette proprio una sensazione profonda di disagio. Un po’ come sentirsi dire che in certi paesini della Calabria, i più sperduti, si vive in condizioni che ricordano l’Afghanistan.

Vedi questo video e senti un brivido, perché questi sono imprigionati in un passato da cui non riescono a uscire, un passato di cui dimostrano di non avere neppure capito qualcosa. Sono i veri abbandonati dalla storia. Ecco il video:

Siamo tornati ai commenti che già nel 2011 venivano accolti scuotendo la testa e dicendo “poveretti, che figura di merda che fanno: queste sono proprie le cretinate che dicono quelli che i libri proprio non li leggono”. E infatti non mi sorprendo che un simile video venga da una libreria. Gente che annusa orrendi libri di carta coperti da una cartina giallastra. D’altronde se non li leggono, che scopo avrebbe far vedere un libro che sembri vero? ^_^

Molto stupido e fuori tempo massimo di cinque anni. Una ventata di passatismo che ci dà chiare indicazioni di una futura libreria che chiuderà, dato che chi se ne occupa è evidente non abbia spirito di adattamento o capacità di comprendere i bisogni dei lettori o il futuro. Uno scontro frontale coi propri stessi potenziali lettori, invece di tentare di capire come mai i loro bisogni li portino a volere anche i libri non cartacei.

I lettori: quelli che i libri li leggono davvero, non quelli che leggono così e con così poco spirito critico, che gli va bene campare della sola inadeguata produzione editoriale cartacea. I lettori veri, quelli che vogliono leggere e lo fanno e non li ferma nessuno. I lettori dei cui bisogni una libreria evidentemente se ne frega: altro che concepire un’attività/servizio come qualcosa che deve comunicare al cliente quale suo bisogno può soddisfare…

Chi di voi vorrebbe essere un loro cliente se legge anche libri non cartacei? Perché dovreste dare soldi a chi vi considera clienti di serie B, indesiderati, gente a cui leggere non piace per davvero? Un’impresa che vede i propri clienti come nemici, è un’impresa che non ha nei propri scopi sopravvivere. L’augurio è sempre che i desideri mostrati si avverino.

Notate questo buon esempio dei commenti arrivati al video (ho censurato con colori diversi foto e nomi di chi è intervenuto, perché sì):

commenti_thereseGrandi capacità di comunicazione. Proprio.
I potenziali clienti, per esempio i “non lettori” che dovrebbero prima o poi divenire lettori, sono “nemici”. Bello. Queste cose non sono cose che scappano a caso: escono fuori, per errore, se uno le crede davvero e se le fa sfuggire anche se a posteriori capisce che non dovrebbe dirle. Grande eleganza, dopo aver capito la totale cazzata fatta, del ripiegare sull’ironico.

No, non è ironico: solo un poveretto che sia stato segregato in una cella, senza contatti col mondo per oltre cinque anni, e non ha quindi idea di cosa parla e di come se ne parla, potrebbe pensare che questa sia ironia. È normale che i lettori non colgano l’ironia, perché non c’è. È ironico più o meno come gridare “albanesi furfanti, albanesi usurai e ladri” in Serbia sotto Milosevic: l’ironia è determinata dal contesto.
Ma forse sono concetti troppo raffinati per chi non legge nemmeno e preferisce sballarsi con la colla… velo pietoso sul “sapore” citato dopo aver parlato di olfatto, come se poi la carta se la magnassero, e giustificato con un goffo richiamo alla sinestesia… sì, ciao. Schegge di passato direttamente dalla lunga notte dei morti viventi.

Mai ‘nagioia, solo Lagioia.

Se pensavate che questo fosse il peggio, ovviamente non è così. Questo è il meno, è solo l’ennesimo episodio di un disagio mentale che percorre i morti viventi dell’editoria in generale, (tanti) librai e (troppi) editori. Sui distributori non dico niente: sono gli unici che fanno soldi per davvero, sulle spalle degli altri. Ben gli sta agli altri. A parte i (rari) librai ed editori competenti e appassionati. Se, per esempio, un editore come Audino dovesse mai avere problemi grossi, mi dispiacerebbe moltissimo: ha portato in Italia titoli fondamentali per chi studia come costruire le storie.
Cambiamo argomento.

Sapevate della frattura nel Salone del Libro, no?
Storia in breve… il Salone del Libro di Torino nonostante abbia ogni anno più visitatori (in parte però sono dati gonfiati e/o mal calcolati), ogni anno fa un passivo peggiore. In più gli spazi del Lingotto sono quelli che sono, ovvero limitati per un evento che vorrebbe crescere e cambiare. Questo ha portato all’ipotesi di fare un altro Salone parallelo a Milano. Inizialmente hanno provato a collaborare, per fare un evento unico, ma la cosa è andata in malora e vaffanculo a tutti.

Nel 2017 avremo due Saloni, quello vekkio di Torino e quello nato vekkio di Milano… dico che è nato vecchio perché da quel che ho capito non ci sono prospettive che sia un radicale cambio di modo di concepire l’evento, ma sarà solo un baraccone come l’altro a base di stand che tentano di vendere i libri in eccedenza. Nessun tentativo di creare da zero un nuovo modo radicale di comunicare la lettura, per avvicinare chi se ne sta allontanando e coinvolgere i lettori. Spero naturalmente che la mia idea venga smentita alla grande e quasi sicuramente visiterò l’evento di Milano per guardare come sarà.

Tornando al vekkio Salone di Torino, ecco il nuovo problema che mi sottolinea ancora una volta quanto sia un evento putrefatto da tempo:

nicolalagioia
Nicola Lagioia, premio Strega nel 2015 con La Ferocia.

Nicola Lagioia. Non lo conosco. Non ho niente contro di lui. Di faccia mi sta pure simpatico… ma voi lo sapete chi è, no? Quello di La Ferocia, il premio Strega più insultato che ho mai visto in anni. Insultato per settimane e settimane dopo la vittoria, perché qualsiasi persona era in grado di vedere quanto facesse pena e schifo quel libro.

Al di là della semplice corruzione del premio Strega, un evento morto come lo sono tutti i grossi premi italiani, e dei banali soliti scontenti post-premiazione, qui si era andati oltre la massima tollerabilità. Era un tale schifo che avevo preferito starmene zitto: non ho tempo da sprecare con lo scherzo cretino di un editore burlone, Einaudi, che evidentemente ha perduto qualsiasi barlume di dignità da tempo.

Fatevi voi un’idea.
Un paio di estratti da La Ferocia:

Benché appena adolescente, nonostante nessun ragazzo ancora (ma su questo il geometra avrebbe scommesso non più di trecento biglietti da cento), avesse incrinato un imene il cui valore a sedici anni Clara doveva essere abbastanza sveglia da saper moltiplicato dal giorno in cui non ci sarebbe stato più, se la sentiva cuocere nello spazio tra il sedile e se stessa.

Uh… ehm, ok…

Spalancò le ante della finestra. Ricevette la fresca carezza della notte primaverile. Il cielo rischiarato dalla luna gli diede la sensazione di poter leggere per paradosso le lontananze terrene, come se al posto del nulla siderale ci fossero il Brasile, gli Stati Uniti, la Cina… La costellazione di Los Angeles. L’insonne nebulosa di Tokyo.

A chi il cielo rischiarato non dà queste sensazioni?

Non era molto oltre la trentina, ma non poteva avere meno di venticinque anni a causa dell’intangibile rilasciamento dei tessuti che trasforma la sveltezza di certe adolescenti in qualcosa di perfetto.

L’ho sempre pensato pure io!

I mesi senza Clara sono una sorta di falso incubo. Come se l’incubo lo sognasse una fotocopiatrice.

Piemontesi: falsi e cortesi.
Fotocopiatrici: false e sognatrici.

Risaputo.

Premio Strega.
Un premio che porta tantissime vendite, perché un sacco di lettori da un libro all’anno fanno il tentativo attratti dalle fascette dei premi più importanti, disposti in pile nelle librerie come cagate fumanti, e dalla risonanza mediatica che tra TV e Web ci martella per giorni col nome del vincitore. Lo leggono, e poi guarda caso la lettura in Italia non cresce, o addirittura c’è chi teme che stia calando.

Dobbiamo ancora parlare, l’ennesima volta in anni, del vecchio dato Istat (2009, mi pare) che riportava come il 29,8% dei NON lettori aveva espressamente dichiarato di essere tale perché voleva leggere, era interessato a leggere, aveva tempo per leggere, aveva trovato un libro di argomento che lo interessava… e poi lo aveva mollato, sia il libro che la lettura in generale, per lo schifo di come era scritto? Fare due più due no, eh? Gli editori facendo vincere opere simili in questi premi prezzolati causano solo la distruzione del bacino possibile dei lettori.

Cosa vi devo dire?
Che non potevano scegliere un direttore migliore per un evento come il Salone di Torino. Lo rappresenta perfettamente. Niente di cui lamentarmi a riguardo… appunto che è proprio questa cosa a essere il problema. Ciao, ciao, Salone di Torino goodbye, cagando sangue morirai… ^__^

[Tra parentesi -quadre- non mi dispiacerebbe tornare al Salone del Libro di Torino prima della sua eventuale morte: ci sono stato solo nel 2009, e ho potuto ammirare di persona Licia Troisi e D’Andrea GL, una delle esperienze mistiche più potenti che si possano mai sperimentare. Se poi dovesse davvero cambiare, meglio per lui.]

Il Salone come mi piace (che fa rima con fotte e tace).
Il Salone come mi piace (che fa rima con fotte e tace).

Che depressione!

Di andare avanti a parlare di svantaggiati editoriali passa la voglia, per cui chiudiamo qua. Vi lascio invece questo link a lettoredigitale.com dove ho scoperto un’agghiacciante intervista a Guido Ceronetti (poeta, filosofo ecc.) del 2010. Del 2010, eh, non del 1910. Leggete qua:

Il libro al computer è la fine di un modo di pensare, e probabilmente del pensare stesso. Non è più la mano ma la macchina a guidare, ispirare, uniformare gli stili. Come si può immaginare la filosofia al computer, che so, Essere e tempo? Non mi sembra possibile […] Lei riuscirebbe a immaginare una pagina di Flaubert scritta direttamente sullo schermo? Lo stile di Madame Bovary non è concepibile al computer. E forse nemmeno alla macchina da scrivere

Per la definizione usata in campo filosofico del modo in cui Ceronetti stava sproloquiando, vi rimando al celebre saggio di Harry Frankfurt. Guido Ceronetti non sarebbe degno di leccare la carta con cui i filosofi si puliscono il sedere, altro che parlare di filosofia e computer, e lo dimostrano i fatti, ovvero il suo dire aberranti “stronzate” (concetto filosofico-tecnico, non è una volgarità gratuita!).

Grazie mille, Luca, per il link: mi hai riconciliato con la morte.
Ora è una prospettiva che proprio non mi pesa. ^_^

Con simili premesse, non è una brutta prospettiva.
Con simili premesse, non è una brutta idea.

Almeno facciamo gli auguri a…

Riccardo Cavallero, ex capoccia dei libri trade Mondadori tra 2011 e 2014, silurato a sorpresa nel gennaio 2015. Come mai? Ha aperto una nuova casa editrice. Cavallero nel 2011 mi stava simpatico perché aveva detto alcun cose intelligenti, poi però… beh, diciamo che non ha fatto o più probabilmente non ha potuto fare ciò che si sperava per cambiare e mettere sulla giusta via Mondadori e dopo qualche anno c’è stata la rottura di quello strano rapporto.

Prima di Cavallero c’era quel gegno assoluto di Ferrari (l’uomo del forse si leggerà in digitale principalmente tra 50 anni), che dopo aver lasciato Mondadori venne messo da Berlusconi a dirigere il “Centro per il Libro e la Lettura” (creato ad hoc per dargli un lavoro, dal gennaio 2011 a marzo 2014). Questi sono i veri scandali del pessimo operato di Berlusconi, altro che le cretinate pruriginose bunga bunga che fanno incazzare i bigotti sessuofobici. Tremendo. Dopo essersi sorbiti Ferrari per due anni, qualsiasi soggetto più “normale” al comando sembra un genio assoluto e lo si prende in simpatia.

Auguri a Cavallero e ai due altri fuoriusciti Mondadori per il nuovo marchio Sem!

11 Replies to “Dai morti viventi della carta mai ‘na gioia, solo Lagioia”

  1. Benché appena adolescente, nonostante nessun ragazzo ancora (ma su questo il geometra avrebbe scommesso non più di trecento biglietti da cento), avesse incrinato un imene il cui valore a sedici anni Clara doveva essere abbastanza sveglia da saper moltiplicato dal giorno in cui non ci sarebbe stato più, se la sentiva cuocere nello spazio tra il sedile e se stessa.

    Ok… l’ho retto e riletto, ho lasciato passare vari minuti e poi l’ho riletto per l’ennesima volta… niente da fare, non riesco a capire questa frase, nè tantomeno a farmela piacere!
    Sono grave, esimio Duca?

    Il libro al computer è la fine di un modo di pensare, e probabilmente del pensare stesso. Non è più la mano ma la macchina a guidare, ispirare, uniformare gli stili. Come si può immaginare la filosofia al computer, che so, Essere e tempo? Non mi sembra possibile […] Lei riuscirebbe a immaginare una pagina di Flaubert scritta direttamente sullo schermo? Lo stile di Madame Bovary non è concepibile al computer. E forse nemmeno alla macchina da scrivere

    Ah, quindi per Guido Ceronetti si dovrebbe tornare agli amanuensi? -_-‘
    Guido… ma VAFFANCULO!!! è_é

  2. Sì, è un pezzo veramente incomprensibile. Ed è anche imbarazzante nella punteggiatura. Guarda cosa accade se toglie la parte tra parentesi e osservi le virgola scelte:

    Benché appena adolescente, nonostante nessun ragazzo ancora, avesse incrinato un imene il cui valore a sedici anni Clara doveva essere abbastanza sveglia da saper moltiplicato dal giorno in cui non ci sarebbe stato più, se la sentiva cuocere nello spazio tra il sedile e se stessa.

    Lagioia non si fa mancare nemmeno la virgola collocata tra soggetto e verbo.
    Questo è il livello del Premio Strega. ^_^

  3. Benché appena adolescente, nonostante nessun ragazzo ancora (ma su questo il geometra avrebbe scommesso non più di trecento biglietti da cento), avesse incrinato un imene il cui valore a sedici anni Clara doveva essere abbastanza sveglia da [bla bla blah]

    Prima ancora di qualsiasi mancanza di senso, è possibile, mi chiedo, che nessun correttore di bozze o dattilografo di sorta si sia accorto che dopo il soggetto, nonostante quella parentesi – che spezza il ritmo ancor più di quanto faccia questo inciso, e sì che a questo punto non si parla più di tecnica narrativa ma di semplice buon senso – EHM, dicevo, possibile che NESSUNO si sia accorto della virgola dopo il soggetto, ma PRIMA del verbo? Su, dai. Preso atto gli editor non esistono, non serve un editor per queste cose.

    E poi ovvio, parte un Facepalm dritto in faccia e relativo knockout quando leggi “se la sentiva cuocere” e capisci il vero senso dello sproloquio.

    Non era molto oltre la trentina, ma non poteva avere meno di venticinque anni a causa dell’intangibile [bla bla blah]

    Qui non è più grammatica: è puro senso logico.
    “Non era molto oltre la trentina” è sinonimo di “era sì oltre la trentina, ma non molto”. Ergo è OVVIO che non può avere meno di venticinque anni: non può averne neanche meno di trenta! E l’hai appena detto, idiota.

    Ti dirò, Duca, anche a me Lagioia ispira simpatia. Ma temo per un motivo diverso: a giudicare da quella stessa foto che hai postato, mi sembra il tipo adatto a pubblicare un libro di merda (volutamente di merda), incassare i soldi (oddio, chissà quanti poi…), prendersi il Premio, incassare una nuova cassa di soldi, e di notte sghignazzare sbavoso nella penombra con il Trofeo fra le mani, mentre pensa alle mandrie di lettori che ruminano la sua opera.
    E poi dicono che è difficile giudicare una persona da una foto, lol.

    In conclusione di questo delirio… “lo stile di Madame Bovary non è concepibile al computer”. Sarà; ma ora, herr doktor, lo dimostri, prego. Perché è troppo facile dire “il computer è il male!!! perchè sì” senza neppure quel perché del “perché sì”. E sugli amanuensi, bon, è stato già detto.
    In compenso l’autore dell’intervista sembrava essere nel mio stesso “mother of god” status; e l’intervista ho apprezzato leggerla per intero: l’ultima combo domanda+risposta, in particolare, ha allargato un ghigno diabolico sulla mia faccia.

  4. Questa roba farebbe diventare sterile Priamo – e pure Priapo,và!
    Il passaggio sull’imene sfugge a ogni analisi logica, al punto che i passaggi successivi sembrano quasi innocui: avresti dovuto usare il primo passaggio come ultimo, per chiudere il discorso su Lagioia col botto XD
    L’intervista al filosofo è puro sense of wonder, perché avere un’opinione del genere significa confondere autore e strumento!

  5. Gli estratti da “La ferocia” sono evidentemente stati scritti dopo aver sniffato un paio di libri freschi di stampa… Tutto torna…

  6. sono d’accordo con le considerazioni sugli “annusatori di libri” epperò… ecco… anche Tombolini… Ultimabooks era un gioiellino, già il primo cambiamento verso StrettLib per il cliente… per me… era un po’ meh, poi la decisione di eliminare gli account e l’acquisto crediti, boh, per me è stato un grosso peggioramento, e il “fondo” (per ora…) è stata la cancellazione delle wishlist senza avvertire. La mia in parte l’ho ricostruita, ora è su un file txt del mio hd, cosa che nel 2016 è imho quasi altrettanto straniante che sostenere la superiorità della carta sugli ePub… e in ogni caso alcuni titoli non me li sono ricordati.
    Poi per carità, Lucia sempre super gentile e molto efficiente, e il credito me l’ha riconosciuto senza problemi (anzi, ho potuto anche sforare di qualcosina), e continuerò ad acquistare su LibStreet, e probabilmente se e quando riuscirò a fare il mio libro (assolutamente non fiction, per carità) lo pubblicherò ancora con questa piattaforma, però il declino è forte ed evidente, purtroppo

  7. Anche a me le evoluzioni nel tempo che ha avuto il negozio non sono piaciute.

    L’assenza del carrello è ridicola e crea enormi problemi, anche agli editori per invitare i clienti ad acquisti multipli.

    Invece di implementare meccanismi di “bundle” (se metti in combo certi articoli tutti quelli del bundle ottengono uno sconto in automatico) interni al proprio negozio, lavoro di poche ore, e interfacciabili via dashboard dagli editori, per dare un servizio in più che tanti editori vorrebbero (e che si chiede da ANNI di inserire) e che gli altri negozi non offrono…
    … hanno reso più difficile gli acquisti multipli togliendo il carrello e obbligando a rifare la procedura di pagamento per ogni singolo articolo, reinserendo i dati di pagamento ogni volta.

    Come andare al supermercato per comprare latte, uova, carta igienica e farina e dover andare alla cassa un articolo per volta, pagare, uscire dal supermercato, rientrare ecc. per quattro volte. Anche qui è una funzione che qualsiasi programmatore correggere in un pomeriggio, se la si volesse sistemare. Come se mancassero librerie di codice con carrelli da implementare…

    Considerando poi che tutto è a venuto a ridosso della grande offerta “100 titoli a 1,99 euro” per invitare a comprarne tutti un sacco di titoli… cioè, davvero un cliente normale per comprare 30 titoli, come veniva invitato a fare (comprare tutto, decine di titoli), dovrebbe fare 30 acquisti diversi?
    IMHO, come ho già detto a chi di dovere, è la miglior pubblicità a negozi tradizionali ed efficienti come Amazon, lo straniero che con la forza di un negozio online tradizionale fa successo (ovvero senza togliere ciò che funziona, e senza paura di sembrare vekkio per questo), o come BookRepublic, il concorrente diretto in ambito ePub.

  8. io su Amazon per i libri compro solo i cartacei, ho un Cybook (il primo indovina preso dove…) e da loro è come minimo scomodo togliere il drm e poi convertire ad ePub (senza alcuna garanzia che la conversione vada completamente a buon fine, tra l’altro). Continuerò ad acquistare su LibStreet, ma più per abitudine che altro, ma se la scoprissi adesso… boh, temo andrei da un’altra parte.
    Peraltro un account su kobobooks già ce l’ho per i libri che su Ultima/LibStreet non trovavo, e inevitabilmente adesso finirò con utilizzarlo un po’ di più…
    La mia impressione, da assoluto esterno, è che Tombolini & co. abbiano deciso di diventare una realtà “dietro le quinte” che solo come “di più” vende anche direttamente, ma principalmente è un supporto all’autopubblicato che vuole vendere senza passare da Amazon etc. mettendo un link sul suo sito/blog che porta a LibStreet… oh, niente di male, è una scelta di business come altre e non ho idea se può funzionare o no, ma almeno mi avessero avvertito mi salvavo la wishlist :-)

  9. Lo stile di Madame Bovary non è concepibile al computer. E forse nemmeno alla macchina da scrivere

    Lo stile può risultate diverso al massimo se il testo è tradotto(male)in un’altra lingua. Forse il signore non ha ben chiaro cosa significhi rendere un testo digitale(il testo rimane uguale, vero? :P).

  10. Ceronetti d’altronde è poeta e filosofo e molte altre belle cose, nessuna delle quali richiede che possieda le doti minime per esprimere un pensiero senza apparire ridicolo. ^_^

    Il bello della netta divisione intellettualoide tra il pensiero degli “umanisti” (dico cose a caso, senza essere tenuto a dimostrarle) e quello degli “scienziati” (dico secondo il metodo scientifico, ovvero sono tenuto a dimostrare).

    Già è una disgrazia che capiti troppo spesso agli scienziati di violare il metodo corretto di ragionamento, l’unico possibile e noto all’uomo per non dire stronzate, ma che gli umanisti si sentano regolarmente in dovere di evitarlo per principio è una catastrofe culturale che ha segnato il nostro mondo.

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