Ormai lo saprete tutti, immagino: dopo mesi che girava la voce, RCS Libri e Mondadori Libri sono giunte a un accordo e sta per nascere “Mondazzoli”, il nome grottesco con cui sta venendo indicata da giornalisti e commentatori l’acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori.
L’operazione è costata 127,5 milioni alla Mondadori, in parte ottenuti vendendo Harlequin Mondadori alla HarperCollins di Murdoch. Murdoch, se lo ricordate, è quell’infame traditore finito anni fa nella bufera per il modo in cui i suoi scagnozzi gestivano una rete di spionaggio ben infiltrata tra i personaggi di spicco della Gran Bretagna, famiglia reale inclusa.
In tempi non sospetti, quando ancora Murdoch veniva al più lodato (e aiutato) dalla sinistra in quanto nemico commerciale di Berlusconi e in pochi osavano dire cosa fosse davvero nel mondo anglosassone, io avevo già indicato quale pericolo rappresentasse… poco dopo arrivò l’inchiesta a confermare ciò che dicevano in tanti fuori dall’Italia.
Harlequin Mondadori era la divisione di Mondadori dedicata al rosa e pubblicava gli Harmony in edicola, roba che fa un sacco di soldi. Venduta per 45,1 milioni di euro a una BIG statunitense che ha messo così piede in Italia, con la nascita di HarperCollins Italia su cui i proprietari hanno un’enorme fiducia. Ovvero, traducendolo in parole povere, pensano di prendere a calci in culo i colleghi disfunzionali del panorama italiano e imporsi su di loro nel tempo.
Per chi teme che ora Berlusconi censurerà ogni cosa e altre idiozie, valgono la solita risposta degli ultimi 20 anni a questa domanda (coso, ma non vedi che pubblica già i suoi nemici politici? Per lui i soldi non puzzano: è più vario il gruppo Mondadori di tante altre case editrici politicamente schierate) più quella nuova per il mondo digitale (coso, mai sentito parlare di internet, ebook e cose così, no, eh?).
Cito sulla questione Andrea De Carlo, autore di Bompiani e giudice a Masterpiece:
La realtà è che Rcs non era certo un gruppo piccolo e indipendente. Quel che successo è che un ‘mostro’ ha comprato un altro ‘mostro’. Dal mio punto di vista cambia poco. Non mi sono mai sentito un autore di Rcs Libri, ma di Bompiani, e in particolare di Elisabetta Sgarbi.
[…]
Mondadori ed Rcs sono due aziende impersonali, che alla fine ai libri danno poca importanza, quel che conta sono i calcoli economici.
Se siete ancora scettici dopo questo, non so che dirvi. Magari vi posso tranquillizzare dicendo quanto scritto da Gianluca Barbera qui, ovvero che mantenere la diversificazione è importante per questi colossi. Non ha senso appiattire tutto perdendo pubblico, è meglio che ogni CE operi mantenendo i propri lettori: basti pensare all’indipendenza che Adelphi aveva in RCS o che Einaudi aveva in Mondadori.
come ha scritto di recente Alessandro Gazoia (saggista e editor di minimum fax) su Internazionale, «le concentrazioni non sono interessate per principio a uniformare l’offerta. Se il mercato premia il “marchio” Adelphi come – perdoni Calasso il concetto e l’espressione – luxury brand, chi ha Adelphi nel proprio gruppo farà bene, per puro calcolo commerciale, a lasciarle ampia autonomia. Come del resto è accaduto, per il gruppo Mondadori, con Einaudi».
Ah, per i tanti fan di Adelphi: è tornata indipendente, Mondadori non l’ha inglobata. Gazoia la cita perché il suo articolo è del marzo 2015, scritto appena iniziarono a girare in modo insistente voci della fusione.
Il problema piuttosto è un altro. Anzi, due.
Il primo è che in Italia il 94% di tutti i libri in libreria saranno distribuiti da solo due soggetti, ora che i canali distributivi di Mondadori e di RCS si uniranno. Già prima c’era stata l’agghiacciante matrimonio tra Messaggerie Libri (che controlla Longanaesi, Garzanti ecc.) e PDE che meno di un anno fa aveva creato un mostro dal 56% di distribuzione senza che l’Antitrust battesse ciglio, e ora i suoi due rivali si uniscono in un colosso da 38%. Follia.
Colossi che pubblicano i libri, li distribuiscono e li vendono al dettaglio nelle loro catene. Follie che esistono solo in Italia, ma ci torneremo in futuro.
E l’altro problema?
L’altro problema è che stiamo parlando di cosa, quando parliamo di Mondazzoli? Parliamo di colossi coi piedi d’argilla, indebitati fino al collo: tra Mondadori e Rizzoli messe assieme c’è un indebitamento di oltre 400 milioni, forse mezzo miliardo di euro. Follia. Mondadori stessa per compare RCS ha dobuto sganciare 127,5 milioni ai suoi ex-proprietari, di cui 45,1 ottenuti da HarperCollins e gli altri dalle banche.
Banche che continuano ad alimentare un sistema malato, di colossi editoriali con rapporti tra prodotto e debiti da Grecia, perché sono terrorizzate dal fallimento e dal perdere tutti quei soldi a loro dovuti… soldi che comunque non ritorneranno mai, perché questi editori sono con l’acqua alla gola e campano di quei soldi ottenuti dalle banche.
Non è che si indebitano sempre di più per sport, è che con quanto incassano non ce la fanno a reggersi in piedi. Le banche pagano per allontanare l’ora in cui il bluff verrà svelato e tutti i loro bei numerini, la loro solidità di castello di carte, crollerà assieme agli editori che tenevano in vita.
Cito dall’articolo su Cultora.it:
l’indebitamento complessivo di Mondadori a fine 2014 è risultato di 292 milioni di euro. Che con l’acquisto di RCS Libri – società che invece non fa utili ed è a sua volta parecchio indebitata – diventeranno quasi 450 milioni. Il tutto grazie alle banche, che elargiranno nuovamente dei soldi ad aziende tecnicamente fallite, o quasi, per ottenerne in cambio un debito enorme il quale, pur ammettendo utili di bilancio in costante ascesa (il che, con il mercato editoriale nazionale così asfittico, sarebbe un bel miracolo), solo tra decenni potrà essere sostenuto finanziariamente in modo adeguato.
E come sottolinea Tombolini, AD di Simplicissimus srl, su Facebook:
Dice “eh, ma fanno utili!”. Già, e allora com’è che hanno tutti questi debiti? Facile: espongono utili perché sopravvalutano alla grande rimanenze e cespiti di varia natura, e capitalizzano spalmando il tutto in “n” anni (ho visto costi da operazioni societarie ammortizzati in 18 anni, per dire) di tutto e di più: soldi che vengono spesi subito, e non ci sono più, ma vanno nei bilanci annuali piano piano, un pezzetto alla volta, così da poter esporre, per l’appunto, utili, insieme ad un indebitamento folle.
Funziona tutto finché le banche finanziano il costante e reiterato bailout di queste entità tecnicamente fallite. Con i piccoli editori hanno già smesso di farlo, e infatti chiudono. Costoro, che possono contare sugli incestuosi intrecci col sistema bancario e politico che possiamo facilmente ricostruire, si permettono ancora queste operazioni criminali (perché in danno della comunità, destinate come sono a bruciare fiumi di denaro sotratto ad impieghi produttivi).
Gli editori fanno debiti, con quei debiti si ingrossano, fanno altri debiti, si ingrossano ancora, e poi succede quanto già successo a Parmalat, e tutti a fingere stupore. E questa i conti volta non sono nemmeno camuffati per farli sembrar sani. È tutto marcio e alla luce del sole (più o meno).
Vi ricorda una scena famosa di un film famoso?
A me sì. Ecco Mondasoto:
Ma Mondadori come sta?
Secondo la relazione semestrale al 30 giugno 2015, sta un po’ meglio. Vero che ha perso più ricavi della media del mercato (un crollo del -4,3% contro uno medio stimato sul -2,7%) ma, così loro dicono, tramite le politiche di taglio dei costi (e licenziamenti) adottate massicciamente nel 2014-2015 sono riusciti a portare il margine operativo lordo da 5,1 a 8,5 milioni. Meno soldi che girano, ma più efficienza.
Vorrei però precisare che quel -4,3% include la scolastica che cresce bene: se andiamo solo sul trade, la narrativa e saggistica da libreria, il CROLLO è del -9,3%. Tutta un’altra musica.
Voglio però sottolineare quei 123 milioni di ricavi, che l’anno prima erano 128 milioni. Va bene, solo solo 6 mesi, ma per fare le proporzioni con gli anni del picco in cui tutti i grossi editori erano al massimo della loro ricchezza, Mondadori Libri nel 2007 aveva avuto ricavi per 446 milioni. E anche ricordando i crolli mostruosi avuti negli anni sono cifre che a vederle fanno impressione. Come si sono ridotti in questo modo?
Unendo il proprio 24,4% di mercato (che, ricordiamolo, era 29% nel 2007 nelle librerie e 35% nei supermercati) alla quota di RCS, la nuova Mondazzoli sarà un gigante che varrà il 40% del mercato editoriale. Non male. Ma un gigante non vale nulla se ha piedi d’argilla che si disintegrano anno dopo anno.
Sempre che Mondadori non intenda vendere quei marchi uno alla volta, magari per richiesta dell’Antitrust e magari a quel porco di Murdoch… questo si che sarebbe buffo. Lo straniero attende in riva al fiume che il cadavere di Mondadori passi per pescarlo? Non mi piacerebbe granché: una nazione la cui industria dell’automobile in cui perfino l’editoria è in mano agli stranieri è una nazione di svantaggiati.
Perlomeno il digitale va un po’ meglio, ma lo strangolamento con cui Mondadori ha tenuto soggiogato l’eBook, tramite politiche di prezzo e DRM folli, gli impedisce di compensare il disastro. Ben gli sta a chi ha lottato e sta lottando per impedire che il digitale si affermi in Italia: il futuro si può solo rallentare, non fermare.
I ricavi relativi alle vendite degli e-book hanno registrato un incremento del 18,6% rispetto al primo semestre del 2014, attestando il peso delle vendite digitali sul totale Trade al 6,1% (4,7% al 30 giugno 2014).
Quindi possiamo non temere quel 40% di mercato raggiunto: a furia di ingrossarsi Mondasoto finirà per esplodere. La domanda è: chi consegnerà la sottile mentina?
La mia risposta?
Mondasoto se la pescherà dalla tasca da solo. -_^
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