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La Corazzata Ebookin: IVA al 4% sugli eBook

Come ormai tutti sapranno, si spera, l’IVA per gli eBook da gennaio sarà al 4% invece del 22%, allineandosi con l’IVA agevolata per i libri cartacei. Il libro riceverà l’IVA da libro, quale che sia il formato con cui viene trasmesso all’acquirente.

È stato uno dei cavalli di battaglia del governo Renzi: quello degli 80 euro era di massa, quello del 4% sull’IVA dei libri digitali era di nicchia “culturale”. Dall’estate era in pieno svolgimento la campagna di sensibilizzazione #unlibroèunlibro, appoggiata dal ministro Franceschini, in cui la gente si faceva autoscatti e si taggava chiedendo l’IVA ridotta. Come i marinai della Potemkin che all’hashtag di  #uncompagnoèuncompagno urlavano «Noi marinai dobbiamo stare spalla a spalla con i lavoratori nelle prime file della rivoluzione». ^_^

Se non funziona prova qui ▼

Come mai l’IVA dei libri di carta è al 4%?

Niente a che fare con la cultura, fu una questione puramente legata alla fisicità del libro e agli invenduti, stimati tipicamente al 70% (per un libro che comunque sta vendendo, non un fallimento totale). Torneremo in futuro su come gli editori dichiarano il fatturato in base al 100% delle copie stampate (70% fino a pochi anni fa) e non alle vendite realmente avvenute, con un articoletto dedicato a certi lati oscuri dell’editoria come mercato disfunzionale. Lascio la parola sull’IVA al buon Guaraldi:

 A ciascuno di questi libri ho dovuto, per legge, attribuire un prezzo di copertina.
Compito arduo, non sapendo quante copie ne venderò, se farà flop o se sarà un best-seller! Ma, cosa ancor più inquietante, su questo improbabile pricing giocheranno, per sottrazione, tutti i costi distributivi del libro incluso quel risicato 30% del povero libraio.
Nel caso del libro, bisognerebbe infatti parlare di una IVS, non di IVA, un’Imposta sul Valore Sottratto, non sul valore aggiunto. Tanto è vero che la legge prevede, per il libro, una resa fisiologica che viene per così dire “scontata in partenza”: ecco la ragione dell’IVA ridotta al 4%! Non la “nobiltà” della merce, non un privilegio della “cultura”, ma un semplice calcolo meccanico di come funziona il via vai del libro fra i magazzini dell’editore e gli scaffali delle librerie, regolato da quella legge non scritta chiamata “diritto di resa”, unica protezione del libraio, ma anche vero responsabile della bulimia produttiva che caratterizza un mercato per sua natura affetto da nanismo: solo un migliaio di punti vendita concentrati nelle mani di cinque grandi gruppi.
Che sia un sistema assurdo dal punto di vista economico lo capirebbe anche un ragazzo di seconda ragioneria, ma sembra che il mondo della politica fatichi a capirlo.

Come mai era così urgente, ora, adottare il 4%?

Chi usa Amazon, come autoeditore o come editore, dovrebbe sapere ormai che Amazon aveva scritto ai propri editori aderenti (inclusi gli autoeditori del KDP di Amazon) comunicando che dal primo gennaio 2015 l’IVA applicata alle opere sarebbe stata quella del paese di residenza del cliente, e non più quella del Lussemburgo in cui risiede Amazon, come previsto dalle normative europee. Nel caso dell’Italia sarebbe stato un passaggio dal 3% al 22%, con una ulteriore riduzione dei margini per gli editori e gli autoeditori.

Consideriamo che Amazon vale più del 50% di tutte le vendite di libri digitali in Italia, a quanto confermava il distributore Stealth (che distribuisce una fetta molto importante dell’intero mercato, oltre il 40% delle opere se ricordo giusto, quindi dispone di statistiche estremamente affidabili), ed è facile capire che danno sarebbe stato per gli editori il passare dal 3% al 22%, visto che di sicuro non sarebbe stato auspicabile (come vedremo dopo) correggere i prezzi verso l’alto! Anche perché poi avrebbero dovuto correggerli verso l’alto anche sui negozi italiani dove già c’era il 22% da sempre! Impossibile (e stupido).

“Il mercato editoriale italiano, come appare dal 2011…”

Facciamo un passo indietro di qualche anno…

Chi segue un po’ le notizie, saprà che pochi mesi fa si è tirato di nuovo in ballo il comportamento scorretto del Lussemburgo che mise l’IVA agevolata al 3% (contro il suo 15% tipico) agli eBook per favorire Apple e Amazon, in modo che mantenessero lì le loro sedi per l’Europa dopo che li aveva attirati con quella promessa e con altri aiuti. Nel 2011 la Francia, incazzata per la concorrenza sleale verso i negozi online francesi, applicò l’IVA agevolata ai propri eBook, abbassandola al 5,5% (e si parlò per un po’ di un 7%, quindi maggiore rispetto ai libri cartacei e scorretto). Regno Unito e Germania, che volevano mantenere sugli eBook l’IVA rispettivamente al 20% e al 19%, si incazzarono. Si aprì la procedura di infrazione per decidere se multare la Francia e il Lussemburgo per il loro comportamento. Fin qui tutto ok?

Ma non si fece solo quello nel 2011. Comprendendo il pericolo della competizione fiscale interna, si decise di modificare l’applicazione dell’IVA (282/2011, poi modificato e perfezionato da 1024/2013): a partire dal primo gennaio 2015, sarebbe stata calcolata in base al paese di residenza del cliente, non del negozio online. L’IVA allo stato del cliente, secondo  le quantità previste da quello stato. Fine della concorrenza al ribasso rubandosi le superaziende per mangiarsi una fettina ridotta di IVA, pur di non lasciarla alle altre nazioni europee rivali.

Di cosa ci si è stupiti quando Amazon ha iniziato a ricordarci l’arrivo del cambio di IVA? Non riesco proprio a capirlo. Sarà che il popolo è bue proprio perché la sua memoria è corta, ma qui stiamo parlando di APPENA 3 anni fa: mi ricordavo perfino di aver salvato la notizia dell’epoca nella sezione di OneNote che ho dedicato agli eBook in Europa. E che all’epoca avevo pensato che quei 3 anni di attesa fossero un enorme regalo ad Amazon per favorirne l’ascesa come monopolio, visto che in altri ambiti l’IVA era già stata modificata. Ecco l’articolo dell’epoca su Teleread, da cui riporto:

The VAT drop in Luxembourg (of 3%) gives Amazon a fairly large competitive advantage, since that’s where Amazon’s European operation is based—so UK e-book buyers will only pay a 3% tax when they buy an e-book from Amazon, as opposed to the 20% they have to pay everyone based in the UK. The EU is going to change how VATs are handled so that buyers will pay the tax of their country rather than that of the vendor, but that change will not take effect until 2015

“Compagni! IVA ridotta sugli eBook!”

Nel frattempo, nel settembre 2014, arrivò la prima risposta della Corte di Giustizia Europea. Interrogata nel 2011 sulla medesima questione dell’IVA ridotta sugli eBook, per equipararla ai libri cartacei, in questo caso riguardo la Danimarca, la Terza Sezione della Corte di Giustizia ha decretato (qui la sentenza) che l’equiparazione è corretta se la popolazione percepisce il bene digitale come formato alternativo dello stesso bene fisico e come tale lo impiegherà… ovvero se quando compra un romanzo in digitale lo fa per leggerlo, come quando compra un romanzo cartaceo. Se questa equiparazione di uso è presente, se un romanzo è sempre un romanzo, allora è decisione autonoma di ogni singolo stato scegliere se estendere l’IVA ridotta dal cartaceo al digitale, come già previsto dalle normative europee.

In poche parole la Corte di Giustizia lancia un enorme “Di che cazzo state palando?” all’Unione Europea, indicando puntualmente che il problema dell’IVA ridotta agli eBook non sussiste in quanto l’Unione dispone da molto tempo di norme già predisposte appositamente per permetterlo. E così il Parlamento Europeo ha fatto di nuovo la figura di gente che non ha idea delle leggi europee. Ma l’ignoranza delle leggi, come si sa, non è ammessa dalla legge.

Se Franceschini vuole l’IVA al 4% può averla: la procedura di infrazione quando giungerà alla Corte di Giustizia riceverà la risposta già data. Idem per la risposta alla Francia e al Lussemburgo, che si spera presto arrivino dato che tutto è stato risolto e sanno già come rispondere. Si spera.

E qui sta l’importanza del richiedere l’IVA ridotta dichiarando che #unlibroèunlibro perché secondo quella filosofia di fondo, ovvero la percezione del prodotto da parte del cliente, si gioca la possibilità di ridurre l’IVA per l’Unione Europea. Non per altri motivi.
Tutto chiaro?

“Sono vermi?”
“No, sono larve!”
“Ma comunque #ilmarciumeèmarciume!”

Ho letto di tutto sulla questione IVA e Amazon, incluse dotte opinioni che vedevano un complotto di Franceschini per alzare l’IVA al 22% su Amazon mentre fingeva di ridurla al 4% sui negozi italiani. Per esempio perle di rifulgente splendore come queste:

Per rientrare nelle normative europee che prevedono la regolamentazione dell’IVA a seconda del Paese di provenienza. […]
La cosa potrebbe anche andar bene, se non fosse che in Italia l’IVA sugli ebook è fissata al 22%. Ma questa percentuale non è colpa degli ometti di Strasburgo, bensì dei nostri omini di cartapesta che stanno a Roma.
Sicuramente avrete visto, specialmente su facebook e su twitter, la campagna meme #unlibroèunlibro proposta da Dario Franceschini. Il nostro eminentissimo Ministro dei Beni Culturali vuole equiparare l’IVA degli ebook a quella dei libri cartacei, abbassandola al 4%.

Peccato che chi ha deciso di impostare l’IVA al 22%…sia proprio Franceschini.
DOOOOOOON!!!
COLPO DI SCENA!
ENORME WTF?!?!?!?! DA PARTE DEL PUBBLICO.

Eggià, perché il nostro eminentissimo ac reverendissimo dominum, assieme al Sempresialodato Altissimo degli Altissimi sua Eccellenza Matteo Renzi, a maggio ha dato il via libera al Decreto Cultura, che oltre a regolamentare alcuni rapporti per ciò che concerne la tutela dei beni pubblici…aumenta l’IVA sugli ebook al 22%!
EVVIVA!

All’improvviso una decisione europea risalente al 2011 diviene una manovra attuale di Franceschini escogitata per fregare tutti mentre fa finta di voler ridurre l’IVA. E l’IVA che per gli eBook è sempre stata “piena” (quindi prima 20, poi 21 e da tempo 22%) sarebbe stata decisa lo scorso maggio. Eh, sì, come no… Eppure era partito bene, spiegando che era un semplice adeguamento alle normative europee… ma forse si era scordato la riga dopo ciò che aveva scritto la riga prima.

Sì, non fatevi domande: Mistero della Fede.

Qual è il vero volto di #unlibroèunlibro e di Franceschini?
L’urlo “Fratelli!” di Grigorij Vakulinchuk o la risata diabolica di Giljarovskij?

Particolarmente comico questo pezzo:

Ora, è vero che Dariuccio e Matteuccio, qualche settimana fa, hanno inserito un emendamento per abbassare l’IVA al 4%. Ma l’iter per fare approvare il tutto è ancora in alto mare…e quasi sicuramente non se ne farà nulla.

Non serve una laurea in Scienze Politiche, in Marketing o in Sociologia per capire che la manovra pubblicitaria del governo Renzi sarebbe andata in porto. Era, come già detto, l’equivalente culturale e di nicchia della minchiata degli 80 euro (di cui ancora io non conosco di persona uno che ne abbia beneficiato, ma ha fatto impressione, fatto parlare molto di Renzi -il suo obiettivo- e portato consenso politico).

E quindi adesso…

Con tutto il polverone alzato, ormai dovevano abbassare l’IVA o sarebbe stato un boomerang di immagine… e Renzi sa fare una cosa: curare la propria immagine e usare il marketing positivo, mentre i suoi dinosauri concorrenti adottano ancora il vecchio modello fallimentare del marketing negativo. Quindi, di buono, posso dire che Renzi forse un fine settimana a leggere un manualetto di marketing lo ha passato: dei suoi colleghi avversari non posso dire lo stesso.

Abbassare l’IVA non ha lo scopo di ridurre i prezzi ai lettori, ma quello principale di aumentare i margini degli editori. I prezzi sono legati a soglie psicologiche: se un libro a 3,99 euro, per dire, vendesse meno di uno 4,99 euro, sarebbe folle abbassare il prezzo. Tanto più che l’IVA risparmiata non varrebbe così tanto: un libro a 4,09 + IVA che prima costava al dettaglio 4,99, ora facendo i conti dovrebbe costare 4,25 euro. Mettere i libri a 4,25 euro? Se uno è masochista, forse.

Due motivi per cui il cambio becero di prezzo, compensando aritmeticamente l’IVA, non è consigliato:

  1. I prezzi sono scelti in base a soglie psicologiche di prezzo, decise tra le più appetibili date le dimensioni dell’opera, allo scopo di massimizzare i profitti. Fino a pochi mesi fa le indicazioni che si avevano è che i prezzi a ,49 (e in generale la soglia X euro, dai ,00 ai ,99) vendono quanto quelli a ,99 quindi passare da 4,99 a 4,25 o a 4,49 non aumenterebbe le vendite. Il calo di prezzo non causerebbe alcuna risposta nel mercato, se non negativa per l’editore.
  2. Apple ha una sua visione dei prezzi un po’ peculiare: solo ,49 e ,99. Chi vuole essere distribuito su iBooks deve assegnare uno di quei due prezzi. Se assegna un prezzo diverso, verrà arrotondato al prezzo inferiore più vicino. Per contratto sia Apple che Amazon che altri grossi negozi, impongono all’editore di avere il prezzo più basso sul mercato e in caso di prezzo disallineato loro agiranno automaticamente per correggerlo adottando il più basso trovato. Quindi se l’opera da 4,99 verrà messa a 4,25, Apple d’ufficio la porterà a 3,99 e così tutti gli altri negozi agiranno in risposta adeguando il prezzo a 3,99.

L’abbassamento di prezzo al dettaglio dovrebbe riguardare, idealmente, quegli editori che stanno adottando prezzi molto alti per le loro opere di narrativa o saggistica popolare, 9,99-15,99 euro, con la scusa dell’IVA al 22%. Per chi si ricorda, era la balla che diceva la Mondadori per giustificare i prezzi alti. Quei prezzi così alti castrano le vendite delle opere e castrano il fatturato totale, risultando così dannosi per i lettori, per gli autori e per gli editori.

“Il mercato digitale! Uccidetelo! Uccidetelo!”

In teoria ora un editore come Mondadori dovrebbe poter ridurre il prezzo di un libro da 9,99 euro a 8,51 euro  (8,19 + IVA). Facciamo 8,99 euro? Se esaminiamo i dati di un anno e mezzo fa, risulta che gli 8,99 tipicamente portavano guadagni maggiori rispetto ai 9,99 euro, quindi non c’è proprio ragione di non adottarli. Ma se ragioniamo con più attenzione, i 6,99 euro permettono guadagni ancora maggiori e 4,99 euro per i romanzi è la cifra migliore di tutte. Newton Compton l’ha adottata da tempo: 4,99 come tetto massimo di un romanzo, assegnando 3,99 e 2,99 a opere più vecchie o considerate meno appetibili a prezzo pieno: al tempo di quell’articolo c’erano 530 opere a 4,99, 226 a 3,49-3,99 e solo 149 a 2,49-2,99.

Quindi nel caso degli editori più sciocchi, che al momento adottano prezzi dannosi per sé stessi, per il mercato digitale e per i lettori, al solo scopo di frenare la diffusione del digitale e difendere le vendite del cartaceo (fallendo: mi pare -4% nell’editoria anche l’anno scorso, dati AIE), se volessero smetterla di martellarsi le palle a iniziare a vendere sul serio il prezzo non dovrebbe scendere del 18% di differenza IVA, ma di un bel 30-50%, fino ai 4,99 o ai 6,99 euro.

Adesso vediamo se i prezzi scenderanno.
O che balla si inventeranno gli editori per giustificare prezzi dannosi per sé, per il mercato e per i lettori. Qualche balla si inventeranno, non preoccupatevi. ^_^

Di sicuro c’è solo che presto riguarderò La Corazzata Potemkin, uno dei miei film preferiti e tra i film più belli, importanti e influenti di sempre.

EDIT 4 Gennaio 2015: l’articolo prosegue qui, solo gli eBook con ISBN al 4%!

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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