Fantasy

Lo Specchio di Atlante, seconda edizione

Oggi è uscito Lo Specchio di Atlante, seconda edizione revisionata dopo la prima del 1991. Lo Specchio di Atlante è uno di quei romanzi, ma in fondo lo sono tutti, in cui si può comprendere la differenza tra il What If come indicatore di un certo tipo di genere fantastico e l’ulteriore genere reale su cui la storia si declina: in questo caso la storia non potrebbe esistere senza la premessa Fantasy, ma poi si declina come un Giallo con tanto di processo per tirare le fila del ragionamento.

È Fantasy? Sì. È un Giallo? Sì.

Tra una settimana, per fare un secondo esempio, uscirà un romanzo di Fantascienza con una forte impronta di Avventura militare contaminata di Horror.

Riporto in questo articolo le due postfazioni alla seconda edizione: quella di Bernardo Cicchetti e la mia (priva di anticipazioni sulla trama, in quella dentro all’ebook invece ce ne sono un paio).

La colossale statua che regola le leggi fisiche del mondo, Atlante, è malata. Nascite deformi, piogge di pesci morti, vecchi che tornano fanciulli: solo sostituendo la ghiandola pineale di Atlante sarà possibile riportare il mondo alla normalità. Ma il raro metallo con cui venne realizzata, la drimite, non esiste più.
Il Mago Zephiro e i suoi Apprendisti Heron e Kalamon lo sanno e per salvare il proprio mondo dalla distruzione dovranno rubare quel metallo altrove: nel mondo dei sogni e nei mondi dietro gli specchi. Ma anche nei mondi paralleli Atlante è malato e gli Zephiro locali, coi loro Apprendisti, desiderano la drimite altrui per salvarsi.
E se ogni mondo fosse il sogno di qualcuno?

Scheda del libro su Vaporteppa.
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Trovate l’anteprima di due capitoli su Ultima Books.

Vino in abbinamento

L’autore è di Aversa, terra dell’Asprinio, per cui consiglio due opzioni: o l’Asprinio fermo degustato per Kill Ball oppure l’Asprinio spumante brut, sempre de I Borboni. L’Asprinio, per la sua possente acidità, si presta molto bene alla spumantizzazione, anche se secondo me perde un po’ di quel suo carattere tipico e deciso. In questo caso è uno spumante brut realizzato in autoclave (6 mesi, charmat lungo) invece che rifermentato direttamente in bottiglia. Per motivi tecnici, la spumantizzazione del vino fermo de I Borboni viene effettuata in Veneto. Lo preciso, ma non cambia nulla: il vino è quello, di Aversa, prodotto nella sede storica… dove poi trascorra sei mesi in una asettica autoclave è irrilevante.

Nel calice si presenta di un giallo paglierino con tenui riflessi verdolini. Bollicini fini, numerose. I profumi dominanti sono quelli di spiccata acidità d’agrume: limone, pompelmo giallo, cedro, soffuse in una lievissima nota dolce (vaniglia?), nel floreale e in una certa freschezza minerale. In bocca la persistenza è giusta e il sapore mantiene il carattere atteso dall’Asprinio: principalmente d’agrume e seppure non abbia alcun guizzo di eccellenza, una nota positiva va rilevata pensando a come tanta potenza nell’acidità non sbilanci il vino rendendolo sgradevole o pesante. Scende leggero e senza disturbare, dissetante.

Non posso premiare l’intensità come feci con il fermo, ma non ho nemmeno nulla da penalizzare: 80 punti pieni, non di meno. Considerando che è un vino che si trova online a 8 euro, è un punteggio più che buono.

Riconfermo il mio plauso per I Borboni che hanno ricollocato la produzione di Asprinio nelle storiche grotte di tufo al centro del loro paese. Potevano rimanere in periferia, dove tutto sarebbe stato più facile, ma è nel cuore di Lusciano che hanno voluto riportare il vino di Aversa. Bravi, questo è quell’amore “alla francese” per il vino e per la terra di cui è espressione che tutti i produttori dovrebbero prendere come esempio!

Postfazione di Bernardo Cicchetti: Atlante 2.0

Strana la storia del libro che avete fra le mani.
Esce nel (lontano?) 1991 per la Fanucci di Roma, allora casa editrice specializzata nel fantastico. Totalmente ignorato. Tranne amici e parenti. O forse no… Perché… come scoprii diversi anni dopo (epoca internet)… era apparsa una recensione a opera di Marcello Bonati sulla fanzine Alpha Aleph di Roma (n. 2, marzo 1993) che, dopo una serie di lusinghiere considerazioni sul libro, scriveva:

È senz’altro una lettura molto impegnativa, anche se tutta tenuta su di un tono piuttosto scherzoso, per le implicazioni filosofiche non da poco che comporta
[…]
Pecca del volume, senz’altro, quella di essere privo di qualsivoglia apparato critico.

Addirittura.
Ma sta parlando proprio del mio libro? Pensai, basito, davanti al monitor. Non è possibile.

E poi raccolsi, qui e là, sempre sul Web, recensioni davvero sorprendenti:

[…] Sicuramente più originale e scritto meglio della media del fantasy italiano che circola in questo periodo. È un peccato che l’autore, Bernardo Cicchetti, a quanto mi risulta non abbia pubblicato altri romanzi.

Gamberetta – Gamberi Fantasy
http://fantasy.gamberi.org/2009/01/07/lo-specchio-di-atlante/

Beh, per la verità qualcosa avevo pubblicato. Non di fantasy, Il Professore, un romanzo semi-autobiografico sulla scuola, che pure ha raccolto diverse recensioni positive sulla rete (mi piace ricordare quelle del sito iQuindici, che recensisce gratuitamente opere inedite) e che piacque un sacco ad Antonio Tombolini, il nostro editore, il quale me lo pubblicò direttamente in digitale con la Narcissus. Nel 2012 arrivai in finale al Premio Tedeschi del Giallo Mondadori con Il Rifugio dell’Orco, un non-fantasy anche questo, ancora inedito (non vorrei scoraggiare i nuovi autori, però le cose stanno così…).

Ma proseguiamo con alcune delle recensioni sulla rete:

[Lo Specchio di Atlante] mi è capitato di leggerlo qualche mese fa e l’ho trovato geniale. Credo che ripubblicato al giorno d’oggi avrebbe molto successo.

Andrea Dioguardi – Facebook

Lo Specchio di Atlante ce l’ho. Letto almeno una quindicina di anni fa, forse di più. Ricordo che mi era piaciuto e che c’erano delle idee interessanti.

Luca Conti (traduttore per Einaudi, Fanucci ecc.) – Il Blog di Urania

Volete sapere qualcuno dei miei libri preferiti? Forse no, ma li elenco lo stesso:
[…]
Saga di Harry Potter – J. K. Rowling
Il Signore degli Anelli – J. R. R. Tolkien
[…]
Lo Specchio di Atlante – B. Cicchetti
[…]

http://onwriting.altervista.org/info

Sorprendente. C’è da chiedersi come fa un libro come questo a non essere più in vendita. Ripubblicato oggi non passerebbe così inosservato […] Sa un po’ di Pratchett (meno confusionario, però), un po’ di Gaiman (per la schiettezza, più che altro), un po’ di Pullman (per i vari universi), un po’ di Lovecraft (per un capitolo in particolare) e un po’ di Carroll, che viene citato all’inizio di ogni capitolo.

Eustachio – Anobii

E, infine, la più lusinghiera (e divertente) di tutte:

Leggete Lo Specchio di Atlante di Bernardo Cicchetti, del 1991. Poi fate un salto in libreria, guardate i fantasy italiani e impiccatevi al lampadario.
[…] Insomma, un fantasy italiano come non se ne vede da anni nelle librerie. Il miglior fantasy italiano che abbia mai letto. […]

Il Duca – Baionette Librarie
https://www.steamfantasy.it/blog/2010/08/29/consiglio-di-lettura-lo-specchio-di-atlante/

Certo, non sono seguiti un milione di copie vendute, diritti cinematografici e un castello in Scozia, purtroppo. Ma tutto ciò mi spinse a tentare di ripubblicarlo presso svariati editori (cito a caso: Mondadori, Einaudi ecc.) con risultato zero spaccato. Vabbè, mi rassegno.

Passano gli anni, invecchio, mi imbolsisco.
E, un giorno, la mail più inattesa di tutte. È firmata Marco Carrara, ovvero il Duca. Chi, se non lui?
Ed eccoci qui. Marco ha dovuto spronarmi non poco a mettervi mano, ma aveva ragione. Abbiamo lavorato sodo e il risultato è il libro che avete fra le mani. Lo stesso di prima ma profondamente diverso. Migliore, senz’altro…

Un ringraziamento particolare, dunque, a Marco Carrara, alias il Duca.
È un grande, credetemi.
Davvero strana la storia del libro che avete fra le mani.

Copertina della prima edizione: Fanucci, 1991. Non c’entra molto con i contenuti dell’opera: la tizia coi capelli rosso-castani non è Ilina (che comunque è in una specie di coma), i cavalieri non sono mai presenti nell’opera. Di vagamente corretto c’è uno specchio, un castello (Maniero) e il tizio potrebbe passare per Heron.

Postfazione del Duca: note dell’editore

Lo Specchio di Atlante è un’opera anomala per Vaporteppa: non è il Vekkiume di cento e più anni fa, da riproporre così com’è, e non è un’opera costruita ad hoc, seguendo e supportando un autore dall’idea alla realizzazione in modo che la sua opera nasca il più possibile vicina già alla forma finale.

Con Lo Specchio di Atlante ci troviamo a metà strada, in un lavoro di valorizzazione e recupero di un’opera apparsa in libreria quasi ventiquattro anni fa. Un’opera degnissima che meritava di venire revisionata riga per riga con l’intento di conservare al più possibile la scrittura dell’autore, nel modo in cui molti immaginano sia un tipico editing.

Un restauro conservativo e… migliorativo: appurata l’intenzione dell’autore di mantenere l’estrema brevità, la sintesi, l’asciuttezza, a scapito della ricchezza di dettagli e talvolta anche della drammatizzazione pura, si è lavorato per ottenere questo risultato nel modo più efficiente possibile, producendo allo stesso tempo un’opera che fosse chiaramente riconoscibile se confrontata con la precedente. Non solo i contenuti sono gli stessi, ma anche le frasi che hanno subito tagli e modifiche maggiori sono ancora riconoscibili!

L’opera è lì, è quella. Con qualche riassunto in meno e qualche momento drammatizzato in più. Con tanti aggettivi vaghi in meno e più concretezza sensoriale. Ma è sempre lei. Un lavoro di restauro e miglioramento che è per sua natura più complicato e più difficile rispetto a un lavoro fatto a priori, seguendo l’autore dalla creazione dell’opera. Indicativamente tra il doppio e il triplo del tempo necessario con altri romanzi di Vaporteppa.

“Donation” di Pawel Kuczynski. Se i sogni fossero reali, i capitalisti troverebbe comunque il modo di derubarne i proletari?

Lo Specchio di Atlante è stato portato perché era un dovere farlo, seppur faticoso, nei confronti della buona narrativa fantastica italiana. Eh già, esisteva anche della buona narrativa fantastica italiana, prima dell’imbarbarimento recente fatto di romanzacci fotocopia-di-cliché in salsa finto-tolkeniana, magari scritti da ragazzini (chi ricorda il Baby Boom del 2007-2009?), che produceva testi degnissimi come questo… e come i romanzi di Gianluigi Zuddas: le sue amazzoni (1978-1988) erano molto divertenti e opere come Balthis l’avventuriera (1983) sono perle della narrativa italiana.

In più, parafrasando Vittorio Emanuele II, Vaporteppa non è “insensibile al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva”: incitamenti a ripubblicare Lo Specchio di Atlante, come quello di Eustachio citato nella postfazione precedente, non sono passati inosservati. Vaporteppa non ignora e non dimentica.

Lo Specchio di Atlante è un romanzo ricco di suggestioni. Magari non avrebbe bisogno addirittura di un apparato critico come invece suggeriva la recensione del 1993 citata in postfazione, ma ci si avvicina. Non pensiamo solo ai due libri su Alice di Lewis Carroll, che con la loro presenza nelle citazioni accompagnano la lettura, c’è ben di più.

Jorge Luis Borges nel suo Manuale di zoologia fantastica ci parla di una leggenda cinese sugli specchi. Un tempo il mondo nostro e quello dietro lo specchio non erano separati e non erano speculari: erano due mondi molto diversi e con gli specchi si poteva andare da uno all’altro. Un giorno la gente dello specchio invase la Terra, ma furono sconfitti e vennero incarcerati dietro lo specchio, privi delle loro forme originali e della loro libertà, condannati a ripetere le nostre azioni in eterno.

Ribaltando la leggenda riportata da Borges, Lo Specchio di Atlante ci parla anche lei di due mondi speculari in conflitto, seppure sia un conflitto di astuzia e non uno di sola violenza armata, e in cui l’atto finale non è la servitù dell’uno rispetto all’altro, bensì la liberazione dalla schiavitù di entrambi: gli specchi smettono di riflettere e ora i due mondi sono liberi di esistere senza dipendere l’uno dall’altro. Un ribaltamento… speculare?

“Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”

Se ragioniamo così, è ribaltato anche l’esorcismo. Mentre da noi esistono esorcismi che prevedono l’uso di uno specchio per intrappolare il demone fuori dal corpo, inviandolo oltre lo specchio, ne Lo Specchio di Atlante è proprio grazie a uno specchio che i demoni possono entrare nel nostro mondo. Ma sono demoni o siamo semplicemente noi? Un mondo speculare nella sua corruzione e malvagità, opposto al mondo originale, e di cui esprime gli aspetti più cupi e nascosti, come si interroga Kalamon stesso.

Quel demone che lui vede, dai lineamenti maligni e scavati, è forse un riflesso del lato più nascosto del suo animo? Ed ecco che lo specchio diviene fonte di Verità, come nella tradizione medioevale dello speculum, ma di una verità che non si vuole accettare su sé stessi… la Verità che porta Heron a sentirsi colpevole, pur non avendo commesso lui il delitto. Citando Kalamon: “Questo specchio bugiardo mi sbugiarda?”

Questo solo per iniziare, scalfendo la superficie. A proseguire lascio voi.

Lo Specchio di Atlante, appena iniziai a leggerlo nel 2010, mi affascinò. Il miglior Fantasy italiano letto fino a quel momento, o perlomeno uno dei migliori. Per quanto i mondi in cui si sviluppa la storia non siano poi molti (cinque, mi pare, sogno incluso), l’impatto che mi diede fu quello di una storia fatta di corridoi tortuosi e di vicoli ciechi, di verità che si svelano e poi si scoprono false, come un labirinto di cui raggiungere il centro e quando si è a pochi metri si fa l’ultima svolta e… c’è un muro che sbarra il tragitto.

Eppure gli indizi sono disseminati ovunque. Non ne cito qui per non anticipare elementi importanti, ma è tutto chiaro, tutto si è svolto sotto i nostri occhi, senza bisogno di aspettare il processo… se solo avessimo saputo interpretare ciò che vedevamo! Ma come l’ignoranza dei fatti ha ingannato Zephiro ed Heron, così anche noi, nella loro mente, vedevamo e non capivamo.

È stato davvero Heron, con il candelabro, nell’Officina?

Lo Specchio di Atlante è un’opera breve, un romanzo “pieno” solo per poche migliaia di parole (43.150 parole, su una soglia minima di 40.000), ma è un’opera ben più complessa, articolata e ricca di suggestioni di quanto le dimensioni farebbero pensare. Un libro che un autore diverso avrebbe tramutato perlomeno in un tomo di 150.000 parole o perfino in una trilogia, allungando il brodo a non finire e perdendo di vista il nocciolo della questione. Ma Cicchetti no, va dritto al punto senza ammassare parole solo per far numero.

Un libro che si gode al meglio rileggendolo una seconda volta, ripercorrendolo di nuovo. Come un labirinto: bastano dimensioni modeste per perdersi e vagare a lungo, mentre una strada dritta lunga il doppio dell’intero tracciato del labirinto si percorre in molto meno tempo.

Mi auguro che anche voi gradirete perdervi in questo labirinto, sperando che questo non sia l’ultimo libro di Vaporteppa che leggerete prima che il nostro Atlante si svegli e ponga fine al sogno che abitiamo.

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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