Mercoledì 19 febbraio sono andato alla Mondadori di piazza Duomo a Milano per seguire questo incontro dedicato all’autoeditoria (selfpublishing).
Tre autori che hanno pubblicato da soli, con soddisfazione, tramite narcissus.me parlano della loro esperienza:
Non c’è molto altro da dire: si parla in fondo di come l’editore, se vuole sopravvivere, deve fornire servizi così buoni e così desiderati (promozione, copertina, creazione file, revisioni, correzione bozze ecc.) da convincere l’autore a cedere per anni, e magari anche a rinnovare alla scadenza il contratto per altri anni ancora, la metà degli incassi (usando le percentuali che usiamo su Vaporteppa, ma in realtà gli editori tradizionali danno il 25%, quando va bene il 35%, anche negli USA). Ne avevo parlato varie volte, dal 2011.
Interessante che nell’autopubblicazione, come era anche nell’editoria tradizionale, il nome dell’autore sia ancora più utile dei titoli stessi per farsi riconoscere dai lettori. Non è una cosa che mi piaccia: l’idea che i fan leggano tutto ciò che un autore produce può anche dare una base di vendite sicura, ma questi lettori avranno probabilmente gusti legati alle opere già scritte, facilmente di genere simile, e potrebbero sentirsi traditi se l’autore cambierà tipo di opere o anche soltanto cambierà la visione del mondo che queste trasmettono. L’autore fisico diverrebbe schiavo di quel singolo “autore implicito” piaciuto al suo pubblico.
Nulla di drammatico, un autore con le palle sa far capire chi comanda e imporsi sui fan (che probabilmente saranno solo una minoranza rumorosa scambiata per maggioranza), ma è più facile che ai primi mesi di lamentele più o meno aperte decida di divenire “schiavo” dei gusti del suo pubblico del momento senza capire che così perde tutto il pubblico potenziale che otterrebbe pubblicando anche altre opere diverse.
Per questo motivo mi piace l’idea che ogni autore abbia un nom de guerre diverso per ogni genere o stile di opere nettamente diverse tra loro, senza bisogno di nascondere la cosa, come guida per i propri fan sui diversi “autori impliciti” che l’autore fisico contiene. Stefano Di Marino lo fa da anni con almeno sette pseudonimi (Stephen Gunn, Etienne Valmont ecc.), ma non mi piace l’idea che si usino nomi stranieri per “ingannare” il lettore casuale poco attento, vorrei che i miei autori su Vaporteppa usassero solo pseudonimi in italiano.
La prima mezz’ora è la presentazione della vicenda editoriale dei tre autori e l’introduzione di Antonio Tombolini (il tizio a cui sto cercando di creare un baratro economico con Vaporteppa perché se no gli affari gli andavano troppo bene). La seconda mezz’ora è dedicata alle domande del pubblico. Io ero in fondo alla sala con un amico traduttore (lurker che non ha commentato mai… in sei anni e mezzo, MAI) e con la Siobhán.
Buona visione.
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