Oggi, quattro novembre, è l’anniversario della vittoria del Regno d’Italia nella Grande Guerra. Un intervento folle ed eroico, tra una burocrazia militare inefficiente, ufficiali spesso incompetenti o distrutti da una burocrazia che li incatenava e condannava a morire e far morire i propri uomini, combattendo in uno scenario infernale in cui l’eroismo dei soldati italiani (pari o superiore a quello dei contemporanei russi, spesso lodati per la loro capacità di ubbidire in condizioni di disagio estremo) ben poco poteva per vincere.
Eroismo tacciato di codardia, per scaricare sui poveracci di leva ogni colpa, invece di premiare la loro risolutezza umana, per nascondere la responsabilità della burocrazia militare, a sua volta alimentata dalla cecità dello Stato Maggiore, che strangolava l’ingegno e riduceva a nulla le possibilità di vittoria. Gli ufficiali sotto il rango di generale nulla sapevano del perché degli ordini ricevuti e così non potevano adeguarsi alle sorprese del momento per servire meglio il piano complessivo… e se anche lo avessero fatto, con una intuizione improvvisa del senso delle manovre in atto, sarebbero stati processati per aver violato gli ordini.
Tanto per dirne qualcuna, non c’era diritto a fare fuoco di artiglieria a volontà su un nemico in avanzata inattesa per poi conteggiare i colpi usati a posteriori, tutto andava schedato prima e usato nel numero deciso e firmato, pena la corte marziale per aver sprecato senza permesso munizioni (mi pare che le cose cambiarono dopo Caporetto).
È stato un sacrificio folle combattendo in uno scenario disumano. E con disumano non intendo solo che la guerra in generale sia poco adatta agli umani (si veda On Killing per l’ostilità verso l’uccisione che è tipica degli individui) e li stupri mentalmente, cambiandoli in modo indelebile, ma che anche l’opinione dei militari all’epoca è che NON si potesse combattere lì sulle montagne. Era follia, ma la politica impose, per soddisfare le richieste anglo-francesi di “premere” sugli Imperi Centrali per far loro spostare forze dagli altri fronti, di attaccare ancora e ancora in quello scenario insensato.
Fosse stato per i militari, senza badare alla politica, ci si sarebbe limitati a presidiare per evitare uno sfondamento nemico o, ancora meglio, non dichiarare proprio la guerra. Per essere pacifisti con cognizione di causa serve la conoscenza degli argomenti, ieri come oggi, e all’epoca, per avere queste conoscenze, dovevi per forza avere una divisa e aver frequentato la scuola di guerra.
La “vittoria” c’è stata e il sacrificio dei soldati, o meglio l’immolazione come buoi all’altare della Dea patria per accontentarne la fame di sangue, è stato così atroce da sconfinare nella pazzia, nell’inaccettabile da ogni punto di vista rispetto ai risultati ottenuti e alla missione che ci si era preposti. Non si stava fermando una dittatura sanguinaria che voleva invaderci, si stava attaccando un amico di lunga data (30 anni di stretta amicizia, dal 1882) che per mesi e mesi ci aveva garantito che se fossimo rimasti neutrali, perché capivano la nostra impossibilità a schierarci con loro (gli inglesi avevano minacciato il blocco alimentare sul mediterraneo, che avrebbe ucciso per fame milioni di italiani in un anno), praticamente ci avrebbero trattati come se avessimo vinto al loro fianco.
E attaccare un amico, addirittura un amico comprensivo che non pretende l’impossibile (al contrario degli inglesi), è una cosa da maiali. Per supportare chi, poi? I francesi che ci trattavano come degli stronzi fin dallo Schiaffo di Tunisi del 1881!
“Intanto guardate: Tunisi è là! […] E ci sono i francesi là, che ce l’hanno presa a tradimento! E domani possiamo averli qua, in casa nostra, capite?”
(Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani, 1913)
L’Italia ha bisogno che compriate i suoi titoli di stato, anche oggi!
Chi favorisce titoli stranieri indebolisce la patria e vende il futuro al nemico!
Chi crede nella patria investe nella patria!
Punto esclamativo! E ancora! E ancora!!!111oneoneone
Se poi sia andata meglio così per il mondo, se questo è davvero il migliore dei mondi possibili alla Leibniz, con la strana morte della borghesia, il tracollo europeo, la fine di equilibri globali che portarono all’ascesa al potere di Hitler e a una serie di guerre nel terzo mondo che si trascinano fino a oggi, islamismo e terrorismo inclusi (nati dal collasso dell’Impero Ottomano, che all’epoca era fondamentalmente laico), non so dirlo.
A naso, penso di no. Ma in fondo non saprei nemmeno valutare in modo credibile gli effetti di un nuovo equilibrio europeo fortemente germanico, con un Impero Tedesco esteso su una buona fetta dell’Europa Orientale e sul Belgio, desideroso di creare un’Europa Unita capace di sfidare e abbattere (con una guerra mondiale?) gli Stati Uniti d’America sempre più affamati di espansione territoriale e commerciale. O magari no, magari vi sarebbe stata solo pace e il proseguimento della lenta costruzione nel terzo mondo di paesi moderni e stabili, costruiti apposta così, secondo le idee del Nuovo Imperialismo, al fine di renderli mercati appetibili per i prodotti europei e non meri fornitori di materie prime da sfruttare dopo averli abbandonati.
Per cui, alla fine, sto festeggiando la vittoria del Regno d’Italia? No.
Sto festeggiando la morte dell’Europa a favore di un novecento di conflitti etnici, instabilità, islamismo e rapace imperialismo yankee? No.
Sto festeggiando la morte inutile e forse dannosa di milioni di italiani, come se fossero un pacco dono inviato alla Dea patria per sfamarla con il sangue dei suoi figli? Non mi pare ci sia qualcosa da festeggiare né che una simile Dea psicopatica meriti alcuna adorazione.
Sto ricordando però la stupidità della burocrazia militare che moltiplicò le morti e la crudele irragionevolezza dei nostri presunti amici anglo-francesi che li inviò allo scannatoio dopo aver minacciato di assassinare loro e le loro famiglie per fame. E questo genere di commemorazione non prevede nessun gioioso stappare di spumanti né riporta in vita chi è morto per la stupidità di una politica banditesco-parassitaria che, cento anni fa oppure oggi, non è cambiata. E che contamina anche tutta la vita civile italiana inclusa l’Editoria italiana in cui, come accadeva per i grandi generaloni dell’epoca, troppo spesso non ci si prende mai la responsabilità delle proprie azioni e si trattano tutti gli sconosciuti come carne da macello da sfruttare derubandola del diritto alla proprietà intellettuale. Finché non si viene scoperti… vero, Mela Avvelenata?
E perché no, oggi si possono commemorare anche l’eroismo e le morti dei soldati stranieri di entrambi gli schieramenti. E qui (uno, due , tre, quattro e cinque) alcuni miei vecchi commenti, il primo con bibliografia annessa (vi invito a leggerlo, è ancora la mia opinione sugli effetti della Grande Guerra), sul ruolo determinante che ebbe l’intervento italiano nel determinare la sconfitta degli Imperi Centrali e sulla propaganda anti-tedesca.
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