Pochi giorni fa c’è stata la giornata internazionale contro i DRM.
Quest’anno non ho avuto tempo di scrivere un articoletto per aderire, a differenza dell’anno scorso, però voglio rifarmi oggi con un piccolo articolo a tema DRM e pirateria.
Come ovviamente saprete Tor Books è la casa editrice di fantascienza e fantasy statunitense per eccellenza, famosa anche per il sito tor.com e per i suoi famosi periodi dell’anno dedicati allo Steampunk fin dal 2009. L’ambito in cui opera è quello che storicamente ha visto nascere per primo la pirateria in formato digitale (i romanzi di fantascienza distribuiti con difficoltà e passione via Usenet) e, come si può facilmente verificare vedendo le preferenze dei pirati librari italiani, ancora quello più colpito (in relazione al suo mercato reale e, credo, anche in assoluto).
Più volte in passato sono usciti studi su come i lettori di genere (fantascienza, fantasy, thriller e rosa) trainassero il digitale: mi pare solo normale che i gusti dei pirati non siano dissimili da quelli degli altri early adopter. Se uno pubblica un romanzo interessante di fantascienza o fantasy è molto più probabile che venga piratato all’istante rispetto alla pubblicazione di una raccolta di saggi dedicati al rapporto tra spirito nazionale ed enogastronomia in Francia.
Tor UK nel 2012 scelse di rinunciare ai DRM, ovvero ai meccanismi invasivi “antipirateria”. L’editore che più di tutti poteva “soffrire” per la pirateria se c’era qualcosa di cui soffrire, decise di provare a vedere cosa sarebbe accaduto rinunciando a proteggere i propri eBook tramite sistemi di criptaggio. Per chi ha fretta sintetizzo le conseguenze: nessuna negativa.
Il “soffrire” è tra virgolette perché più studi in passato hanno dimostrato che non ci sono effetti negativi, al massimo positivi per l’effetto pubblicitario delle distribuzioni gratuite, confermato anche dallo stato di salute di cinema e videogiochi e dagli studi del Research Institute of Economy, Trade and Industry giapponese sulle vendite degli anime, cosa che Tor Books sapeva perfettamente.
C’è pure, del 2010, uno studio indipendente del Gao, un’agenzia che fa studi per conto del Congresso americano: rileva che è impossibile confermare un rapporto di causa-effetto tra la pirateria e le perdite dell’industria, che tra l’altro sembrano colpire perlopiù quella musicale mentre il business delle sale cinematografiche è fiorente: 120 milioni di spettatori in Italia nel 2010, +10 per cento sul 2009 e miglior risultato degli ultimi 25 anni.
(“La pirateria aiuta il cinema” ma lo studio viene ‘secretato’)
Abstract
Digital technologies now enable books and other digital resources to be openly available to those with access to the Internet. This study examined the financial viability of a religious publisher that put free digital versions of eight of its print books on the Internet. The cost to put these eight books online was $940. Over a 10-week period, these books were downloaded 102,256 times and sales of these books increased 26%. Online sales increased at a much higher rate. Comparisons with historical book sales and sales of comparable titles indicate that that this increase may have been connected to the free books being available. There was a modest correlation between book downloads and print sales.(Free e-Books and Print Sales, estate 2011)
Scoperte niente affatto nuove visto che storicamente si è sempre saputo, ma si fingeva di non saperlo per poter frignare e chiedere rimborsi allo stato, che la pirateria (perfino cartacea!) aiutava la diffusione, la fama e quindi le vendite delle edizioni legittime dei libri (e della musica e dei film).
Valve e i giochi senza DRM
Già Gabe Newell di Valve in passato aveva spiegato che il problema fondamentale di chi cerca di contrastare la pirateria è che ragiona nel modo sbagliato, pensando che sia solo un problema di prezzo. Se uno non ha soldi per pagare ogni gioco 50 euro e finito il budget di 200 euro non può comprare un quinto gioco, beh, non ha altri soldi: con la pirateria può giocare lo stesso e fare pubblicità al gioco, aumentando la comunità di fan e il passaparola. L’alternativa è che comunque non paghi, non avendo soldi, e in più non faccia nemmeno pubblicità al gioco.
Gabe Newell inquadra la situazione correttamente, spiegando che non è solo questione di prezzo: è soprattutto questione di servizi forniti e valore percepito.
In general, we think there is a fundamental misconception about piracy. Piracy is almost always a service problem and not a pricing problem. For example, if a pirate offers a product anywhere in the world, 24 x 7, purchasable from the convenience of your personal computer, and the legal provider says the product is region-locked, will come to your country 3 months after the US release, and can only be purchased at a brick and mortar store, then the pirate’s service is more valuable. Most DRM solutions diminish the value of the product by either directly restricting a customers use or by creating uncertainty.
Our goal is to create greater service value than pirates, and this has been successful enough for us that piracy is basically a non-issue for our company. For example, prior to entering the Russian market, we were told that Russia was a waste of time because everyone would pirate our products. Russia is now about to become our largest market in Europe.
Hanno dimostrato di avere ragione andando nel mercato più piratato di tutti: l’infernale Russia. Secondo gli “esperti” i russi piratano tutto sempre e per partito preso (molto peggio degli italiani, non c’è nemmeno paragone), nessun russo pagherebbe mai qualcosa per nessun motivo. Con questi pregiudizi molti produttori snobbavano il mercato russo, sicuri che sarebbe stato un cattivo investimento. Valve ha offerto servizi ai russi, invece di trattare i clienti come criminali, ha dato loro fiducia e ha funzionato.
The easiest way to stop piracy is not by putting antipiracy technology to work. It’s by giving those people a service that’s better than what they’re receiving from the pirates.
(Gabe Newell)
Parlando di cattivi servizi ai clienti, va ricordato che lo stato in cui si pirata di più la serie televisiva Game of Thrones è l’Australia e George Martin, l’autore dei romanzi, ha bene in mente il motivo:
I know that a lot of that piracy is taking place in Australia, where for whatever reason they delay the show six months. So people are just anxious to see it.
Anche se non sempre la risposta del pubblico è la pirateria, spesso pur di comprare l’opera (in questo caso i romanzi) i fan si affidano ad altri venditori:
I mean my British publishers and my American publishers coordinated to release the last book so they came out on the same day. Because otherwise, with Amazon and other online book sellers, if it comes out in one country before the other country, whoever is later loses thousands of sales because of people ordering it.
Se tutti fossero pirati appena l’occasione si presenta allora i fan scaricherebbero il libro GRATIS, disponibile piratato in tempi rapidissimi, invece di comprarlo subito da chiunque sia disposto a venderlo per primo. Sono cose così ovvie e così note a chiunque abbia una minima conoscenza di un qualsiasi settore commerciale colpito dalla “pirateria digitale” che mi sento cretino a scriverle di nuovo, ancora e ancora fin dall’estate 2008.
La questione Rowling
Immagino che molti ricorderanno l’avversione della Rowling, l’autrice della serie su Harry Potter, verso gli eBook. Nonostante un suo libro cartaceo fosse stato piratato in meno di 24 ore, si rifiutava di permettere le edizioni in eBook per timore della pirateria. Il suo raffinato ragionamento è che se tutti i suoi libri erano già piratati, come era noto, ALLORA per evitare che il pubblico che cercava l’eBook al posto del cartaceo leggesse le edizioni gratuite piratate bisognava PROIBIRGLI di poter comprare legalmente un eBook. Rifiutare i soldi dei clienti e rifiutarsi di dar loro gli eBook secondo la Rowling era la strategia ideale per evitare che li scaricassero piratati.
Niente di cui stupirsi che un’ipocrita balbettatrice di nonsense come la Rowling abbia fatto infuriare Orson Scott Card, il famoso autore di fantascienza, costringendolo a risponderle a INSULTI pubblicamente quando se la prese con il Lexicon (un commentario dedicato alle sue opere):
Rowling’s hypocrisy is so thick I can hardly breathe […] What a pretentious, puffed-up coward. […] Rowling has now shown herself to lack a brain, a heart and courage. Clearly, she needs to visit Oz.
Dopo anni la Rowling accettò di vendere gli eBook tramite il proprio portale Pottermore. Romanzi piratati da anni. Dopo anni che aveva sputato in faccia ai propri lettori, rifiutando i loro soldi e dichiarando che non avevano alcun diritto a leggere in digitale i suoi romanzi (obbligo legale al solo uso del cartaceo). In più questi eBook legali costavano pure parecchio: 7,99$ l’uno i primi tre e 9,99$ l’uno gli altri quattro! In pratica aveva tutti i numeri giusti e la carica d’odio del pubblico per vendere il meno possibile.
Solo nel primo mese ha venduto circa 525mila eBook e incassato quasi 5 milioni di dollari (164mila copie solo nei primi tre giorni). Il pubblico ha pagato: nonostante tutti potessero averli gratis e nonostante il prezzo fosse irragionevole per libri usciti da anni. Cosa altro bisogna dire per far capire agli editori che la pirateria NON è un problema e che il nemico non è il “prezzo zero”? Il problema è far capire al pubblico che i suoi soldi sono ben spesi perché ci sono servizi extra non disponibili piratando (videogiochi in generale, in particolare edizioni limitate con merchandise aggiunto), perché si offre un prodotto cosi figo che il pubblico avrà paura che i guadagni possano essere troppo bassi per progettarne un seguito (il successo di Zeno Clash) o semplicemente perché il pubblico stima il creatore del prodotto e sente il bisogno di ricompensarlo.
Torniamo a Tor UK senza DRM
Se fosse accaduto in Italia un simile cambiamento ci sarebbe stata la guerra di autori e agenti contro l’editore “bandito & predatore”, fino a costringerlo a ritornare sui suoi passi. Come raccontò in passato Cavallero di Mondadori, i DRM non li vogliono loro e sanno che sono peggio che inutili: li mettono perché convincere gli agenti retrogradi e i loro ancora più retrogradi clienti è troppo difficile. Non mi stupisco, da ciò che vedo scrivere e dalle loro riflessioni gli autori italiani sono mediamente (nel senso di moda, mediana e media aritmetica, tutto assieme) degli idioti ignoranti malati di intellettualismo.
Nel meraviglioso Paese dell’Estero le cose vanno in modo leggermente diverso:
All of our authors including bestsellers such as Peter F. Hamilton and China Miéville were incredibly supportive when we asked them to consider removing DRM from their titles. All of them signing up without hesitation to a scheme which would allow their readers greater freedom with their novels.
(Julie Crisp, Editorial Director Tor UK)
I’m happy to see that Tor have gone DRM-free with their ebook editions. DRM doesn’t impede pirates, but it subjects honest customers to a monopoly tightly controlled by the owners of the DRM software, reducing readers’ freedom and hampering competition.
(Charles Stross, autore di fantascienza)
Già dieci anni fa la posizione degli interni di Tor Books era nota, come racconta Cory Doctorow in Content:
Pirating copyrighted etext on Usenet and elsewhere is going to happen more and more, for the same reasons that everyday folks make audio cassettes from vinyl LPs and audio CDs, and videocassette copies store-bought videotapes. Partly it’s greed; partly it’s annoyance over retail prices; partly it’s the desire to Share Cool Stuff (a motivation usually underrated by the victims of this kind of small-time hand-level piracy).
Instantly going to Defcon One over it and claiming it’s morally tantamount to mugging little old ladies in the street will make it kind of difficult to move forward from that position when it doesn’t work.
In the 1970s, the record industry shrieked that “home taping is killing music.” It’s hard for ordinary folks to avoid noticing that music didn’t die. But the record industry’s credibility on the subject wasn’t exactly enhanced.(Patrick James Nielsen Hayden, autore pluripremiato, editor e manager)
La decisione di togliere i DRM non ha causato alcun danno e in più ha migliorato moltissimo l’immagine del marchio editoriale:
As it is, we’ve seen no discernible increase in piracy on any of our titles, despite them being DRM-free for nearly a year.
[…]
The move has been a hugely positive one for us, it’s helped establish Tor and Tor UK as an imprint that listens to its readers and authors when they approach us with a mutual concern—and for that we’ve gained an amazing amount of support and loyalty from the community.
Suonano particolarmente ridicoli gli avvertimenti di un editore retrogrado come Hatchette che tentò la strada del terrorismo psicologico con gli autori coinvolti, impicciandosi delle politiche editoriali del proprio rivale non meno invasivamente di quando la CEI si mette a parlare di politica:
The letter […] explains to the author that Hachette has “acquired exclusive publication rights in our territories from you in good faith,” but warns that in other territories, Tor’s no-DRM policy “will make it difficult for the rights granted to us to be properly protected.” Hachette’s proposed solution: that the author insist Tor use DRM on these titles. “We look forward to hearing what action you propose taking.”
Hatchette è famosa per la sua mentalità retrograda e autolesionista che fa sembrare moderni perfino tanti editori italiani:
Hachette, one of Macmillan’s rivals in the “Big Six” pantheon of publishers, is famously pro-DRM (one Hachette author told me that her editor said that Hachette’s unbreakable policy, straight from the top, is that no books will be acquired by Hachette if there are any DRM-free editions, anywhere in the world).
In un mondo in cui la percezione della giustezza del marchio, la fedeltà verso chi produce e che si vuole ricompensare per questo, è importantissima per spingere le vendite dei prodotti, appare banalmente ovvio come la politica a RISCHIO ZERO di Tor UK di togliere i DRM poteva solo avere effetti molto positivi sull’immagine della casa editrice senza portare nessun danno. “Tutto è ovvio ciò che è ovviamente ovvio”, parafrasando “tutto è bene ciò che finisce bene”.
Altri editori, come Hatchette, hanno deciso di seguire la via del danneggiare i propri lettori e trattarli a priori come inaffidabili farabutti intenzionati solo a rubare i libri. Criminalizzare il cliente come strategia chiave per fidelizzarlo. Non è questa la strategia che costruisce un rapporto di rispetto, fiducia e fedeltà verso il marchio. Se ad Hatchette non lo hanno ancora capito, si sbrighino: se i loro dirigenti sono troppo stupidi li licenzino per subumanità manifesta e se invece sono solo troppo ignoranti li costringano ad aggiornarsi.
Come dicevano già gli antichi romani ignorantia legis non excusat.
Non basta dichiarare la propria becera ignoranza, la propria malafede nel non volersi aggiornare sul proprio settore lavorativo, per venire perdonati. L’incompetenza grave non deve essere un vanto: è una colpa da cui deve scaturire vergogna e stigma sociale, come stimoli per correggere la propria criminale mentecattaggine. Tutti sono responsabili di ogni propria decisione, tutti sono tenuti a studiare e tutti sono di conseguenza colpevoli di ogni propria colpa legata a una decisione evidentemente idiota date le informazioni disponibili. Non ci sono scuse.
Come dice un mio amico editore: nessuno è tenuto a fare l’editore, chi non lo sa fare faccia altro.
Hatchette merita di cadere come cadde Penguin.
Fa specie leggere queste cose nel 2013.
La gente non ha chiaro che se voglio piratare una roba la pirato, non c’è verso di impedirmelo.
Ma altresì se mi devo sbattere per un libro da 3 euro in ebook lo comprerò a 3 euro in ebook, la differenza sta li non che sia più o meno facile procurarselo piratato (perchè è comunque facile).
Mi stupisco per un campo analogo: i fumetti.
Perchè non esistono edizioni digitali? Possibile che Bonelli (che cito solo perchè è la maggiore in Italia) non abbia capito che ormai si leggono sui tablet e che invece che farmi andare su avaxhome ogni lunedì potrebbe vendermeli lei che glieli compro pure?
In ultimo il tema della fidelizzazione: se sei un bravo editore / programmatore / fumettista etc. la gente lo sa e ti premia.
Prendi Zerocalcare, è piratato ovunque eppure vende da capogiro.
Nella mia esperienza: ho comprato Civilization 5 perchè Sid Meyer mi ha fatto passare ore e ore di divertimento e se li merita quei soldi anche se avevo già la versione crackata.
Stesso discorso per i free to play cui poi versi qualche credito per armi più fighe, li versi perchè il gioco ti è piaciuto e ti sembra un modo furbo di premiare chi te lo ha regalato.
PS
segnalo che il primo link porta a una tipina figa con una katana, niente da eccepire in ciò ma magari è un errore.
Molto interessante. compero a volte da valve i giochi che mi piacciono. un capolavoro come half life l’ho comperato DUE volte, perché il primo era andato distrutto.(Una lunga storia…) Quake li ho comperati TUTGI nonostante io conosca bene l’uso degli affluenti minori. Perché? Perché premii il genio il buon lavoro.
Sante parole… SANTISSIME parole!
Per anni ho cercato un libro, accontentandomi alla fine di un pdf gratuito di scarsa qualità… l’anno scorso, girando su e-bay ho trovato qualcuno che vendeva la versione cartacea di quel libro, al doppio del prezzo originale.
Morale della favola? L’ho comprato subito, e santo dio non rimpiango un solo maledettimo centesimo speso!
Ma certo, perchè tutti sanno che alla gente piace pagare per essere presa a
sputipesci in faccia. è_éProbabilmente quelli della Hatchette pensano di stare in Russia… ops, ma anche in Russia trattare meglio i clienti ha permesso di ottenere risultati più che soddisfacenti! XD
Giusto per far capire come ragionano le grandi aziende: fino al dicembre 2011 avevo un’edicola, e lavorando lì ho scoperto una cosa inquietante… per minimizzare i costi di produzione, le case editrici devono produrre un certo quantitativo di materiale, soprattutto nel caso di cose costose come le collezioni (orologi, miniature, libri, ecc.), non di più, non di meno.
Se la richiesta è inferiore, il surplus viene lasciato a marcire… il mancato guadagno è sempre minore dell’aumento delle spese per produrre meno roba.
Se la richiesta è superiore, ci saranno SEMPRE dei clienti che non riusciranno ad avere quello che vogliono (fenomeno grave in genere, ma soprattutto nel caso di collezioni). La casa editrice, se producesse di più, pur avendo un guadagno totale maggiore (gli acquirenti certi ci sarebbero), avrebbe un guadagno per singolo pezzo inferiore.
In pratica, secondo le case editrici, siamo noi i bastardi perchè non compriamo quanto
produconodicono loro! Che poi è lo stesso problema delle case automobilistiche, che a dar retta ai loro spot dovremmo cambiare auto ogni anno…Copincollo un commento fatto qualche tempo fa altrove:
Se davvero gli editori/autori credono che una cosa simile non scoraggi l’acquisto, sono una manica d’imbecilli.
Il gioco della concorrenza. Gioco nel quale, soprattutto gli italiani, sono completamente negati. Piuttosto che usare la testa e tentare di sconfiggere il concorrente con migliorie di servizi, di preparazione tecnica, costi adeguati alla qualità del prodotto, offerte di tanto in tanto ecc. si preferisce denigrare, criminalizzare, estromettere lo sfidante dalla gara.
Grazie al Duca ho constatato questo atteggiamento vittimistico/aggressivo nel mondo editoriale e facendone tesoro ho poi notato similitudini con altri ambienti.
Agli italiani infastidisce il successo altrui, soprattutto se meritato, perchè si ritiene che se quella persona/azienda abbia avuto successo, sicuramente ci sia sotto qualcosa. Perchè non è possibile che lei si ed io no, sicuro ha barato.
Guardate per esempio il blog di Gamberetta com’è stato vessato nel tempo, si è sostenuto più volte che il fatto di aver così tanto seguito dipende solo da due fattori: “Le recensioni sono solo conati di odio e il pubblico che la legge sono ragazzini rancorosi verso il successo altrui”. Cose entrambe false come più volte dimostrato, ma il blog è stato comunque denigrato/criminalizzato/cercato di estromettere. Il vittimismo è una forma di aggressività indiretta, attraverso cui si esercita potere sugli altri.
Questo potere è esercitato indirettamente perchè una condanna esterna e/o interna impedisce di farlo direttamente.
Un altro esempio viene per esempio dal mio settore. La struttura sanitaria di cui sono socio e percui lavoro ha ricevuto più di una volta visite della ASL su “segnalazione anonima”. Ogni volta vengono, controllano tutto, non trovano alcunchè di errato e se ne vanno, quasi dispiaciuti di non averci potuto fare nemmeno una multa. Nel frattempo però c’è chi cerca di aprire un’attività paritaria nella zona e poco tempo dopo fallisce. Coincidenzialmente le cose avvengono contemporaneamente. Per quanto la concorrenza sia convinta che noi dobbiamo avere chissà quale segreto per riuscire a lavorare, semplicemente offriamo un servizio completo e personale competente. Tutto qui. Tanto che tra la pirateria (tenere il proprio parente a casa gratis) e il nostro servizio a pagamento (pagare una retta nemmeno bassa per lasciarlo da noi) il cliente sceglie la seconda opzione. Di certo non per questo denigriamo/criminalizziamo/cerchiamo di estromettere l’assistenza domicliare integrata. Anzi, si cerca sempre di migliorare per evitare la concorrenza.
Ci sono una miriade di esempi e li potete vedere in ogni settore, ho parlato del mio perchè lo tocco con mano, non voglio far deragliare la discussione. Fine del pensiero.
Sono naturalmente d’accordo praticamente su tutto, il che è ovvio visto che mi sono sempre battuto contro i DRM (pur essendo talvolta costretto, come editore, ad applicarli, perché imposti da agenti o proprietari dei diritti troppo grossi per poterci discutere).
Credo comunque che oltre alla campagna contro chi mette il DRM, sia da fare anche una campagna contro chi pirata. Perché al di là del caso della Rowling che vende milioni di copie o della Tor che fa faville, il resto del mondo è fatto di autori che vendono molto di meno e di editori che campano a malapena (in questo periodo poi molti non campano affatto).
Ritengo che sia una sorta di gioco di equilibrio. Se il lettore copia un libro al suo amico perché glielo vuole condividere ok. Il piratello che pompa ogni giorno decine di ebook sul locker e pubblica i link sul blog, magari senza neppure rendersi conto che sta facendo una cosa dannosa e illegale, è molto meno ok. Io quando li trovo compilo pazientemente tutti i DMCA per bloccarli, ma ovviamente è come svuotare il mare col cucchiaio.
Il punto è che non deve mai sembrare che sia normale, lecito e alla portata di tutti piratare i libri. Anche perché se diventa troppo facile trovare i libri piratati, allora diventa sempre più difficile riuscire a dare quel qualcosa in più che dovrebbe essere l’arma vincente contro la pirateria.
S*