Quando compro un libro con delle informazioni utili, mi piace condividerle. L’ho fatto con il malloppo da oltre duecento euro di The Knight and the Blast Furnace, creando la serie di articoli sulle armature nel 2008, e lo farò ora con le poche informazioni interessanti tratte dal Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2012, un centinaio di paginette pagate 11,99 euro in ePub. Unico pregio: non ha i DRM Adobe e ha solo quelli “sociali”, il cui aspetto subito visibile è l’apparizione dei dati d’acquisto sulla copertina. In realtà parte dei dati si trovavano già online, ma alcune cosette interessanti no.
Il “libro” è uscito in eBook il quattro di dicembre (in cartaceo un paio di mesi prima) e tratta il 2012 solo vagamente, citando qualche informazione sui primi mesi. I confronti principali sono tra il 2011 e il 2010 e alcuni dati sono già apparsi nel corso del 2012, anche sul mio sito, ma mi piace l’idea di riproporli per aggiungere qualche cosetta extra pubblicata nell’eBook. Aggiungerò qualche informazione riguardo i primi nove mesi del 2012 sfruttando degli articoli apparsi sul web. Con un po’ di fortuna non ci vorrà molto prima che appaiano i dati sul periodo natalizio con cui fare un addendum.
Giusto per capire se si confermerà lo stato catastrofico del cartaceo o se diverrà catastrofico in modo eccezziunale veramente, da pronunciare imitando Diego Abatantuono, mentre l’eBook nel suo piccolo cresce con viuuleeenza.
Gli editori tempestano il call center del Cervello,
strumento prima delocalizzato e poi abbandonato (su consiglio del marketing),
per sapere cosa fare ora che tutto va a rotoli contro ogni previsione (del marketing)!
Piccola premessa: la crisi da sola non è sufficiente a giustificare eventuali crolli dell’editoria. Non ci vuole un genio a capirlo, basta una piccola infarinatura sulla storia dell’editoria e collegare gli elementi disponibili. Cosa è stato tipico dell’editoria negli ultimi quarant’anni? Che era anticiclica, ovvero che quando tutto andava a rotoli l’editoria rimaneva stabile o cresceva. Questo perché i “forti” lettori non erano disposti e smettere di leggere (e di comprare) e dato che loro, come vedremo, rappresentano circa la metà del mercato, quando avvenivano crisi per cui non era più possibile investire 10X o 100X soldi per hobby più costosi (TV nuova, vacanze, cene, cinema, stadio ecc…), si consolavano spendendo 1X extra per un libro o due in più (o prendendo più libri in prestito, se i soldi proprio mancano). Le altre attività sono piacevoli, però se diventano troppo costose rimane sempre la lettura di libri nuovi, vecchi da rileggere o prestati. Grossomodo funzionava così.
Questi due anni di crisi sono stati diversi e anche l’editoria è stata colpita. Se avete capito questo paragrafo, non vi stupirete di ciò che nel Rapporto AIE è stato ipotizzato date le premesse.
[…] occorre tener presente l’influsso che alcuni cambiamenti di lungo periodo stanno esercitando sulle abitudini di spesa. Si tratta soprattutto delle nuove modalità con cui i consumatori sono in grado di informarsi, raccogliere informazioni scambiarsele attraverso la rete.
Quello che appare evidente è che per la prima volta negli ultimi 3-4 decenni il mercato del libro, che aveva mostrato storicamente un andamento anticiclico (andava meglio nei momenti peggiori del quadro economico e sociale, e viceversa), si allinea al contesto generale dei consumi.
Va bene, la gente spende meno in libri. Strano, bizzarro, anomalo, quello che vi pare.
Però continuano a leggere come prima, no? Sì e no… qui le cose si fanno confuse…
Le cattive notizie non arrivano mai da sole. Se il mercato 2011 – quello relativo ai canali trade (-3,5% Fonte Nielsen) e quello complessivo (–4,5% Fonte Aie) è entrato in una zona d’ombra, la lettura non se la passa meglio.
I dati relativi al 2011 fanno segnare, per la prima volta dal 2007, una flessione nel numero di italiani con più di sei anni di età che dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti. Nel 2010 erano il 46,8% di questa popolazione, nel 2011 sono scesi al 45,3% (Tab.1).
Un punto e mezzo in meno in termini di penetrazione, -2,7% in percentuale anno su anno.
Se volessimo guardare ai valori assoluti sono scomparsi tra 2010 e 2011, 723 mila lettori. A conferma di un fatto di cui spesso si sottovaluta: la lettura di libri in Italia è diventata nei decenni scorsi un fenomeno di consumo. Non è il risultato di un andamento lineare come si immaginava che fosse.
La Tabella 1 sopra citata.
Leggermente modificata per renderla più stretta.
E notate anche questo, subito dopo:
Chi oggi legge (un libro) o entra in una libreria non è detto che domani continui a leggere o andare in libreria. Molto dipende dall’offerta: titoli, prezzi, distribuzione, promozioni, nuovi autori. Il lettore, il cliente deve essere (ri)conquistato ogni volta da chi i libri li fa, e da chi i libri li vende. Fattori ancora più decisivi del contesto economico e della disponibilità di spesa.
Che poi alla fine è ciò che io e Gamberetta e altri diciamo fin dal 2008.
I lettori non saranno sempre lì, pronti a bersi acriticamente tutto. La voglia di leggere è tanta, il ricambio c’è, in qualche modo il sistema reggeva… ma se i lettori stanchi, sfiduciati, offesi dagli editori incapaci e truffaldini avessero l’occasione di leggere GRATIS, con un’offerta superiore a quella “ufficiale” grazie a migliaia di opere fuori catalogo?
Dove la Biblioteca non riusciva ad arrivare per far risparmiare soldi, i dispositivi digitali (tutti quelli con cui si può leggere con una certa comodità, smartphone inclusi) permettono non solo di non spendere alla cieca, ma anche di non doversi limitare a leggere solo i libri di cui esistono ancora copie di carta. E quando si parla di Urania il digitale è diventato da tempo fondamentale per salvarli e diffonderli!
Gli editori pensavano che la mucca da mungere avrebbe prodotto lo stesso latte in eterno, senza tenere conto che l’evoluzione tecnologica comporta conseguenze sociali. Eppure la radio, l’automobile, la televisione, internet… non mi pare che gli esempi storici siano mancati di tecnologie che influiscono sulle abitudini di vita.
E invece una fetta dei forti e medi lettori, quelli che ragionevolmente potrebbero essere passati al digitale, magari i medi come effetto collaterale di avere un tablet e i forti come scelta apposita di un eReader dedicato, hanno fatto “PUFF!” e sono spariti nell’aria sottile dalle statistiche di lettura di “libri” Istat.
Ohibò, gli editori si stupiscono!
Figurarsi se in quattro anni di “Era Kindle” e di cambiamento annunciato da tutti ovunque (anche prima di quattro anni, considerando Doctorow), gli editori potevano adeguarsi. No, troppo poco. In quattro anni ci fai una Guerra Mondiale, che è una sciocchezzuola, mica qualcosa di così colossale e drastico come far adattare un’azienda al proprio mercato. Nessuno ha chiesto alla Mondadori o alla Einaudi di fare sonde spaziali o mitragliatrici: solo di fare libri, ma correttamente e seguendo i veri interessi dei lettori e i loro veri bisogni, non seguendo le supposizioni supposte dal marketing e che in quanto supposte gli sono finite dritte nel culo (parafrasando Caparezza). Chi si dovrebbe occupare dell’evoluzione del mercato librario, se non gli editori, la FIAT?
“Licenziato! Licenziato! Collana chiusa! Licenziato! Licenziato!”
Ok, forse Marchionne avrebbe la cura per la nostra editoria degli incompetenti. ^_^
Ricapitoliamo e cerchiamo di dare un senso alle cifre.
Abbiamo i lettori deboli stabili, i medi in calo e i forti in calo maggiore. Mi vengono in mente due possibili interpretazioni che nominerò riciclando le classiche denominazioni FIFO (First In First Out) e LIFO (Last In First Out).
Concettualmente è possibile espandere il significato al nostro ambito, visto che i lettori forti sono in un certo senso i primi a fiondarsi a legger libri e i lettori deboli gli ultimi a farlo. Chi è uscito per primo, i deboli o i forti? LIFO o FIFO? È bello usare concetti di altre scienze a caso, mi fa sentire come Jacques Lacan che sproloquia di topologia!
Giustamente si può far notare che i deboli sono rimasti stabili quindi LIFO è falsa.
Vero numericamente, ma non ci dice se c’è stato un ricambio e quindi non è detto che sia vero anche interpretativamente. Immaginiamo che il crollo di interesse per la lettura sia generalizzato: leggere fa schifo, molto meglio giocare ai MMORPG e guardare i video di Giuseppe Simone e Matteo Montesi su YouTube. In tal caso avremmo avuto uno slittamento, per cui parte dei deboli lettori è diventato non-lettori, parte dei medi è diventato debole e parte dei forti è diventato medio. Con i dati disponibili lo slittamento sembra possibile.
Il Rapporto AIE non è d’accordo: è FIFO, ma dal cartaceo verso l’eBook. I primi a fiondarsi a leggere i cartacei nel 2010 ora sono i primi a mollarli e buttarsi a leggere eBook.
I lettori deboli hanno retto, secondo il modello consolidato per cui in piena crisi la gente legge lo stesso (anche se comunque parte dei deboli potrebbero essere dei medi “ridotti”, eh!), mentre i medi e i forti non sono “andati persi” per davvero, ma sono scivolati fuori per un errore di rilevamento Istat che non tiene conto degli eBook:
i forti lettori sono (in Italia come in tutto il mondo) la parte di popolazione in cui si concentra la diffusione iniziale di tablet ed e-reader e del fenomeno più generale degli e-book. L’effetto in un mercato della lettura fragile come quello italiano potrebbe anche essere questo. Tanto più che presa alla lettera, alla domanda di Istat «Ha letto almeno un libro non scolastico nei 12 mesi precedenti?», si potrebbe rispondere tranquillamente: «No». «No, Perché ho letto degli e-book».
Come mai così convinti che siano finiti a leggere eBook? Perché, guarda caso ci sono dei dati piuttosto espliciti a riguardo forniti da Assinform o da Nielsen, che invece hanno domandato quanti hanno un tablet, quanti un eReader vero e proprio e quanti leggono eBook:
Nell’ultimo trimestre del 2010 si stimava che tra la popolazione con più di 14 anni di età i lettori di libri in formato e-book (anche gratuiti) fossero l’1,3% della popolazione. Circa 691.000 individui. Di questi 365.000 dichiaravano di averne acquistato almeno uno. Nel 2011 entrambi i valori crescono. I lettori diventano (in proiezione) 1,1 milioni cioè il 2,3% della popolazione italiana (>14 anni). Gli acquirenti dallo 0,7% salgono all’1,1%: 567.000.
Si perdono 723.000 tra medi e forti lettori mentre, chiedendo con più precisione e attenzione al significato delle domande, si materializzano dall’aria sottile 500.000 soggetti in più che affermano di stare leggendo eBook! Per un totale di 1,1 milioni di persone. Se includi un incremento di consumo anche in chi prima leggeva misto carta ed eBook, passaggio da misto a prevalenza digitale perfettamente ragionevole (data anche la pessima offerta editoriale e l’accesso a opere fuori commercio o in lingua straniera), ecco che pure gli altri 200.000 posso fare capolino tra gli early adopter del 2010.
Tutto torna e di buon margine!
Da notare anche la differenza in numero tra chi legge eBook e chi compra eBook, segnale chiarissimo che molti trovano l’offerta editoriale poco attraente in digitale: un po’ il prezzo, un po’ i DRM, un po’ la mancanza di opere interessanti (chi vuole leggere buona fantascienza deve lanciarsi su estero e piratato di decenni fa, perché quasi non ne viene tradotta!). D’altronde gli eBook in commercio aumentano, ma solo perché i grandi editori ormai tendono a fornire in eBook le novità cartacee… novità che schifo facevano di carta e schifo uguale fanno in eBook, per cui non stimolano gli acquisti di chi ha buon gusto!
Se gli editori (e i servizi annessi alle librerie online) non fanno nulla per stimolare le vendite, i lettori leggono altro GRATIS. E non intendo solo roba piratata fuori mercato: sono inclusi gli autopubblicati gratuiti che un tempo nessuno avrebbe mai potuto leggere così agevolmente. Se poi la lettura di tanti autopubblicati alla sbaraglio causerà la fatidica decisione di smettere proprio di leggere, è un altro discorso… ^_^””
Le soddisfazioni dell’autopubblicato allo sbaraglio.
Prima ho parlato di tablet ed eReader. Sappiamo, grossomodo, quante persone leggevano in digitale, ma quanto erano diffusi gli strumenti di ambo i tipi tra la popolazione? Secondo Assinform c’erano nel 2010 ben 428.000 tablet e 323.000 eReader, saliti rispettivamente a 858.000 e 533.000 nel 2011. Ovviamente ci sono sovrapposizioni, c’è chi il tablet non lo userà mai per leggere ecc… ma tra una cosa e l’altra con 1,4 milioni di dispositivi, e considerando in più i 25-30 milioni di smartphone (su quelli recenti si legge bene, io ho passato l’agosto scorso leggendo col mio Motorola perché il Cybook Odyssey era rotto!), più qualcuno che legge perfino al PC, non sembra impossibile arrivare agli 1,1 milioni di persone che leggono eBook (quindi se c’è un errore statistico dovuto al “caso”, non è un grosso errore al ribasso).
Non è difficile immaginare che gli eReader siano finiti in prevalenza tra i forti lettori in cerca di strumenti dedicati mentre i medi lettori abbiano “riciclato” di norma il loro tablet come strumento di lettura. E magari pure qualche debole lettore avrà letto col tablet, no?
Alla luce di queste informazioni pare difficile immaginare che il crollo della lettura sia stato generalizzato, causando così perdite tra i forti e compensazioni sui deboli (pseudo-LIFO con smottamento). Pare anche strano che così, senza ragione apparente, siano spariti 723.000 lettori, stile rivelazione sulla via di Damasco con decine di migliaia di persone che frenano di colpo, accostano a bordo strada e con voce da Lino Banfi esclamano “Ma perché chezzo ho letto trenta libri l’anno, manneggia la Madonna? Da domeni non apro più un libro! Mmmmhhhh quanto mi fanno incazzere!”
“Trenta libri all’anno leggevo? Da domani nemmeno uno, tiè!”
Credibilissimo, Istat, credibilissimo…
E simultaneamente sbucano dal terreno 500.000 persone che non avevano mai letto un libro in vita loro e ora leggono eBook. Escono dalla pareti, escono dalle fottute pareti! Così, perché sì perché è fantasy.
Credibilissimo, vero? L’alternativa che parecchi forti lettori siano transitati al digitale esattamente come sappiamo essere avvenuto negli USA e in UK, mi pare l’unica proposta alternativa accettabile per chi abbia un QI a tre cifre.
D’altronde risulta pure (Produzione e lettura di libri in Italia, anni 2010-2011) che nelle fasce di lettura più elevate del pubblico tra i 16 e i 24 anni (pubblico di particolare interesse per chi vuole imbottire di fantatrash fantasy i lettori) sia anche più comune l’acquisto online di libri cartacei, giornali, riviste ed eBook (chi legge almeno 12 libri lo fa il doppio di chi ne legge 7-11 e quattro volte di chi ne legge 4-6):
E risulta anche un legame tra quanti libri vi siano in casa e quanto si utilizzi il web per ottenere informazioni, leggere articoli e consultare Wikipedia. I forti lettori e in generale chi possiede adeguate librerie in casa (più di 200 volumi, il che fa un po’ ridere visto che i forti lettori “veri” ne hanno migliaia in casa) è anche il pubblico più tecnologicamente predisposto a scoprire gli eBook e a passare al loro utilizzo. A quanto pare l’ipotesi di Peresson di AIE sembra sensata. I forti lettori non sono topi di biblioteca disadattati che non sanno usare un mouse, come gli editori pare sperassero, ma sono i primi ad avere i mezzi e le conoscenze per ribellarsi se il Sistema Editoriale li fa incazzare (e a guidare la rivoluzione, in attesa che gli altri si uniscano).
E per capire quanto valgano i forti e medi lettori, basta guardare l’immagine qui sotto:
Il 7% formato da forti lettori fornisce il 5% dei forti acquirenti, che da soli generano il 44% dei volumi venduti! Mettendo assieme i lettori da più di dodici libri all’anno e la fascia subito sotto (tra nove e undici), e fatte di nuovo il necessario arrotondamento, abbiamo circa un 13% di acquirenti (21% di lettori) che da soli determinano il 55% delle vendite.
Ah-ah, la balla del “il mercato grosso è nel cliente da un libro l’anno” suona sempre più una balla. Una comoda balla. No: il mercato delle TRUFFE, dei clienti scemotti da manovrare con le mode, è quello da 1-2 libri l’anno. Il mercato VERO, quello difficile in cui si muovono i soldi, è quello dei medi e forti lettori che però pretendono un briciolo di rispetto e con l’avvento degli eReader sono sempre più disposti a mandare gli editori a quel paese e leggere gratis ciò che davvero desiderano leggere, senza ripiegare sull’immondizia del momento solo perché “la libreria offre solo quella”.
Cosa succederebbe – visto che la piramide non siamo in grado di allargarla ed editori e librerie devono accontentarsi di «gestire» la cima! – se i forti acquirenti (> 12 libri) dal 5% scendessero al 4%? Cioè da 2,5 milioni si perdessero 500 mila acquirenti (con una media di volumi comprati che per semplicità manteniamo immutata: 20 a testa). I 50 milioni di volumi scenderebbero a 40 milioni: sono 10 milioni di copie in meno comprate. Sui 114 milioni di copie in carta rappresenterebbero una contrazione dell’8,8%. Sempre che tutto il resto del mercato non modifichi anch’esso (e in negativo) i suoi comportamenti d’acquisto. Tanto più che qui tra i forti lettori può essere maggiore la tentazione di fare il salto sull’e-reader o sul tablet!
E non solo le librerie (-4,2% nel 2011, erano +2,6% nel 2010), il crollo colpisce anche la Grande Distribuzione spesso accusata di erodere coi suoi sconti e la sua selezione di soli best seller i margini delle librerie: -17,9% nel 2011 (era +3,0% nel 2010). I lettori hanno speso meno e hanno speso ancora meno negli acquisti impulsivi della GDO. Chissà come sarà andata nel 2012, l’anno della vera crisi, viste simili premesse che infrangono l’andamento anticiclico (a valore) tradizionale!
Che i 723.000 lettori fossero passati al digitale veniva suggerito già a inizio 2012, quando uscirono i dati Istat. Gli esperti in giro, a partire dall’autore del Rapporto AIE, paiono convinti che la domanda fatta riguardasse solo i libri cartacei e/o invogliasse a rispondere così. E d’altronde, come detto, la crisi nel 2011 non giustifica una perdita di 723.000 medi e forti lettori.
Spendere meno ci posso credere, smettere di leggere no. E la teoria del calo “reale” mal si sposa con il netto incremento di lettori che affermano di leggere eBook quando viene loro chiesto esplicitamente questo.
«Oggi è diventato più difficile identificare il lettore», dice Peresson. «E l’Istat, pur disponendo di una macchina di rilevazione statistica straordinaria, non ha aggiornato le sue categorie concettuali […] ancora manca la domanda sull’e-book». Aggiornando l’Istat, c’è la possibilità di recuperare i settecentomila lettori perduti?
Considerate anche che se è vero che adesso la trasformazione linguistica è bene in atto, ed è normale precisare “libro cartaceo” (e stupirsi quando di un libro in vendita “C’è solo il cartaceo??? o_O”), nel 2011 il libro era ancora solo il “cartaceo” e veniva normale invece citare l’eBook come se fosse qualcos’altro da indicare bene, una sorta di parente povero ammerigano e magari pure un po’ negro (e di cui stupirsi se un editore aveva il buon gusto di venderlo, permettendo la scelta).
Antonio Tombolini lo ricordava bene in questo articolo di settembre 2012:
I cambiamenti più importanti sono sempre segnalati (e a volte perfino provocati!) da cambiamenti del linguaggio. Ebbene, la parola “libro” (e “book“) sta passando a designare sempre di più la versione elettronica dello stesso. Tanto che si potrà presto fare a meno, per questa, del prefisso “e” (che da tempo ha perso il trattino, per passare da “e-book” a “ebook“). Sarà invece il libro di carta, ogni volta che se ne parla, a dover denunciare esplicitamente il suo supporto, come “libro-di-carta“, o “cartaceo“, o “p-book“, o (scandalo!) “dead-tree book“. [Bonus Hint: chi sottovaluta i sottili cambiamenti linguistici non sarà mai in grado di pre-vedere i fatti che verranno]
Bibbia Maciejowski, “Gli israeliti sono respinti da Ai”, circa 1250.
Nel medioevo si tendevano a vedere il passato e il futuro uguali al presente.
Per molti editori la situazione è ancora questa.
Difficile farla. Il periodo Natalizio vale parecchio, circa il 20% di tutto l’anno, e non sappiamo com’è andato… però Giovanni Peresson (autore del Rapporto) ha dato alcune indicazioni aggiornate a novembre su come sia andato l’anno scorso:
L’ultimo dato a disposizione è quello relativo alla fine di novembre, presentato nel corso di Più libri più liberi a Roma nei giorni scorsi. Il valore relativo alle vendite è pesantemente in negativo rispetto allo scorso anno (-7,5%), ma se analizziamo l’andamento mese per mese, notiamo una riduzione di quel valore a 2 cifre (-12%) che si era registrato nella prima parte dell’anno. Sicuramente quest’anno verrà chiuso in negativo, ma non con quei valori che si prospettavano a inizio 2012.
La vera novità è che il libro ha smesso di essere un prodotto anticiclico, che andava bene anche quando gli altri tipi di consumi perdevano colpi e le persone avevano meno da spendere.
Riguardo la presenza di tablet, eReader e smartphone, elementi necessari per capire quanta “possibilità” di lettura digitale gli editori più illuminati potranno sperare di sfruttare:
Gli 1,4 milioni di tablet [credo si riferisca al dato misto tablet più eReader visto prima, NdDuca] acquistati a fine 2011 a distanza di 12 mesi raddoppieranno, arrivando a quasi 2,8 milioni a dicembre 2012. Sempre per la lettura dei contenuti editoriali, l’altro dato interessante è quello relativo alla vendita degli smartphone, passati in 12 mesi da 25 a 30 milioni. I numeri dicono che è possibile stimare una consistente vendita di eReader per questo Natale, e ciò farà da traino per i primi mesi del 2013 all’acquisto e il download di ebook. Sempre in ambito digitale, un altro dato interessante è quello relativo agli ebook. Nel luglio 2011, su 100 titoli cartacei pubblicati in Italia, il 17% era disponibile anche in versione ebook. Nel settembre 2012, questa percentuale è salita al 37%. Un dato che fotografa bene la tendenza del settore di pubblicare sempre più titoli che escono in contemporanea sia versione in cartaceo che in digitale.
E nel Rapporto cosa veniva indicato?
Beh, al tempo la situazione descritta era ben peggiore, come indicato prima. Nel primo trimestre 2012 il trade era crollato di -10,8% a copie e -11,8% a valore e i più colpiti erano stati i best seller (top 10) ridotti a -7,6% a copie e -16,0% a valore. Questa grossa differenza tra best seller e “generale” riguardo alle velocità di crollo copie/valore è legata al fatto che il prezzo medio dei libri più venduti era sceso. Un po’ perché gli editori hanno ridotto o bloccato i prezzi, senza seguire l’inflazione, un po’ perché più libri di prezzo basso sono diventati best seller.
D’altronde se mancano i soldi e si vogliono comprare libri, magari ci si lancia sul libro famoso in paperback invece che sul libro famoso in hardcover al doppio del prezzo: nella top 10 del primo semestre 2012 c’erano libri come Amore, zucchero e cannella (9,90 euro), Dizionario delle cose perdute (10 euro), Fai bei sogni (14,90 euro) o Una lama di luce (14 euro), citando quattro dei primi cinque, mentre nella top 10 del 2011 solo un libro costava 9,90 euro e dei primi cinque due costavano 18,60 euro e due 19 euro.
Nei Top 30, da gennaio a maggio 2012, ben 26 titoli hanno un prezzo di copertina inferiore a 10 euro. Nuovi prezzi – che a loro volta si devono confrontare con quelli della versione e-Book – che portano a ripensare linee editoriali ma che faranno emergere le inefficienze che ancora caratterizzano la nostra distribuzione fisica [tra le inefficienze va ricordato il 40,1% delle rese citato sempre nel “Rapporto” e coerente con il 40% tipico indicato in altri articoli del passato, NdDuca]
La situazione disastrosa dei primi tre mesi si era già ridotta a metà anno, con il trade a -7,6% per le copie e -9,1% per il valore. A ottobre i dati resi pubblici alla Buchmesse erano di -8,7% a copie e di -7,3% a valore sui primi nove mesi del trade (dopo il boom estivo di Cinquanta Sfumature di martellate nell’inguine).
I titoli in eBook ovviamente sono in crescita numerica (dai 19.884 del 2011 ai 31.615 del giugno 2012) e, come si sa, più cresce l’offerta disponibile all’acquisto e più è facile che un lettore trovi il libro che vuole. Sottolineo l’ovvio: a patto che l’offerta sia variegata e consultabile in modo agevole!
Finché parliamo di 100 libri che diventano 200 o 200 che diventano 1000 è un conto, ma dopo certe soglie aggiungere migliaia e migliaia di libri non aumenta automaticamente e proporzionalmente le possibilità di vendere. Se il settore “Fantatrash” offre 10.000 titoli, probabilmente mi sarò stancato di frugare dopo i primi 500 e se diventeranno 20.000 o 30.000 non mi cambierà poi molto. Diverso il discorso se cercassi in ambiti più precisi, ma solo perché i numeri si riducono e posso controllare una proporzione maggiore dell’offerta: se cerco “romanzi di fantascienza militare coi mech” e trovo 100 titoli invece di 50, perché la fantascienza complessivamente è aumentata di dieci volte, è più facile che avendo il doppio dei titoli da vedere (vedere per davvero) trovi qualcosa.
Regoletta classica: i libri che non vedi è come se non esistessero e non importa il totale dei libri, importa che ci siano quelli che possono interessarti.
the current literary scene sometimes seems like cable TV, “a thousand channels and nothing on”
(Michael Swanwick)
Riguardo alle vendite è più difficile capire come va. La gente si tiene stretta i dati, come ormai fanno anche negli USA solo che lì le dichiarazioni della AAP sono diventate meno pubbliche solo dopo che il mercato eBook aveva passato il tetto del 20%, da noi già all’1% siamo ridotti a non avere idee chiare sulle dimensioni del mercato…
Mondadori ci viene incontro con la sua Relazione finanziaria semestrale al 30 giugno 2012, una lettura da spiaggia che mi rallegra e che consiglio vivamente per iniziare i bambini alla lettura, dichiarando un fatturato eBook per Einaudi di 187.000 euro (p.16) in un mercato librario in cui, per il cartaceo trade, contribuisce con il 5% al 26,1% del gruppo (p.13). Se fossi scemo direi: “187.000 per 20 e per 2 e ci aggiungi un +50% di crescita perché sì e fa oltre 11 milioni di euro (con margine extra di 1-3 milioni perché il mercato digitale dà più spazio ad altri agenti, riducendo il peso percentuale dei big), ecco la mia previsione per l’eBook nel 2012”, ma visto che non sono completamente scemo e non sono nemmeno il tacchino induttivista di Russell, preferisco evitare di sparare stronzate. ^_^””
Il Rapporto AIE dice anche che a Mondadori stavano avendo 2000 download al giorno di media e che a fine aprile 2012 avevano già superato il totale di vendite dell’anno precedente (mercato triplicato a fine anno?), ma nella foga di scandagliare l’entusiasmante testo per scoprire se l’assassino era il maggiordomo, temo di essermi perso i punti in cui venivano dette queste cose. Mi fido del Rapporto AIE. Magari i dati di cui parlano erano altrove? Il Rapporto cita una relazione al 31 giugno 2012 che non mi risulta esistere…
In compenso ricordo di quando sotto Natale 2011 ebbero punte di 4000 download al giorno.
Comunque, giusto per rinfrescarvi la memoria, vi ricordo che la AIE dichiarava a inizio dicembre 2011 già 3 milioni e Tombolini un mese e mezzo dopo, passato il Natale, rilanciava con circa 3,7 milioni (e 500.000 download). Nel frattempo il mercato è cresciuto di tre volte o forse più. Magari la cifra tacchinosa sparata prima di 11 milioni (più l’extra) non è lontana dal vero, ma il modo con cui l’ho calcolata è indegna di un cervello pensante… ergo ipotizzo che qualche esperto in giro abbia fatto davvero così! XD
“Non so quello che dico, ma ho una laurea alla Bocconi. E un Master.
Vuoi vederli? E vuoi vedere il mio diploma in Puffologia? Eh? Eh?”
Saltando di palo in frasca, o di ramo in ramo di banano (ah, no, non ha rami!) per non discriminare i miei lettori dell’Africa Sublaziale, vorrei segnalare qualche altra curiosità di quelle che fanno sempre piacere per rinvigorire la fiducia nel mercato editoriale. Per esempio che un buon modo per vendere 146.000 copie non è scrivere un capolavoro, ma chiamarsi Luciano Ligabue e fare leva sui fan (Il rumore dei baci a vuoto, vendite nel 2012).
Oppure scrivere immondizia finto-erotica demenziale e pregare che Iddio ve la mandi buona. I mega seller spesso nascono così e lo trovo un buon motivo per affermare che Dio esiste, ci ascolta e ha un senso dell’umorismo malato:
Mondadori ha pubblicato il primo volume, Cinquanta sfumature di grigio, l’8 giugno, il secondo, Cinquanta sfumature di nero, il 26 giugno ed in sole tre settimane i due volumi hanno superato le 200.000 copie vendute, posizionandosi subito nei primi posti della top ten dei libri più venduti, anche in Italia. Il volume che concluderà la trilogia è stato pubblicato il 13 luglio con un lancio di 350.000 copie.
Un altro buon modo per vendere, non importa cosa hai scritto, è farti nominare in televisione da Saviano in un programma piuttosto seguito. Combinazione perfetta: televisione più programma seguito più Saviano. Con una combinazione simile potresti vendere di tutto, perfino una raccolta di poesie. Non ci credete? Beh, non ci credeva nessuno di mentalmente sano (la poesia per definizione non vende), eppure…
Infine, il caso editoriale più inusuale della prima metà del 2012: la raccolta di poesie diventata un bestseller. Ci riferiamo alla polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel nel 1996, che ha spopolato in libreria dopo la sua scomparsa a febbraio (e dopo essere stata ricordata da Roberto Saviano alla trasmissione televisiva Che Tempo che fa).
Avete scritto un libro e siete disperati? Mettetevi d’accordo con Saviano per dividervi i guadagni. Venderete pure la carta con cui vi siete puliti il culo, altro che le poesie di un Nobel! Basta che Saviano si impegni a sufficienza!
Dopo questo incredibile risultato, e considerando quanto gli editori siano disperati, vedo all’orizzonte un futuro ancora più tetro di robaccia di ogni tipo spinta a colpi di apparizioni televisive. Più di ora.
In primo piano la diminuzione delle traduzioni. Nel 1997 il 24,9% dei titoli pubblicati erano traduzioni da una lingua straniera: in pratica un libro ogni quattro. Oggi sono il 19,7% (Tab.2). Nel 1997 il 40,3% delle copie stampate e distribuite erano di autori stranieri. Quattordici anni dopo questo valore è sceso al 35,8%. Anche se i titoli di autori stranieri pubblicati annualmente restano sostanzialmente invariati (tra i 9 e i 10 mila), sono quelli di autori italiani ad alimentare oggi la crescita dei cataloghi. Tanto che hanno dalla loro un +2% di crescita media.
Che gioia. Risparmiano sul costo della traduzione e ci forniscono, al posto della migliore selezione estera, quel che capita scritto a furia di starnuti da autori raffazzonati amiketti-di-amiketti. Pensate al Fantatrash attuale e confrontatelo coi tempi della storica Nord… ok, la Nord pubblicava un sacco di immondizia, ma rispetto ad adesso era un altro mondo!
Poi ci si lamenta che uno dopo aver letto Unika, i romanzi della Strazzulla e quelli di Swanwick poi diventa esterofilo… io mi preoccuperei se non lo diventasse: meglio esterofilo che coprofilo (e meglio un figlio ladro che un figlio autore di fantatrash).
A gennaio 2012 risultava che su 25 titoli best seller cartacei almeno 19 fossero stati già piratati. La cosa curiosa è la proporzione: 13 su 17 di quelli dotati di edizione digitale e 6 su 8 di quelli senza. Ovvero un 75% circa, tre ogni quattro, uguale.
Facile da capire se uno conosce un po’ i “pirati”, che in realtà in massima parte sono “bibliotecari digitali” che sopperiscono a un vuoto legislativo (vuoto a danno dei cittadini e basta) garantendo la salvezza di opere orfane, fuori mercato, e l’accesso alla lettura a chi non ha soldi per comprare né tempo da sprecare per andare a cercare una biblioteca con il libro di cui ha bisogno. Non importa se il libro è di carta o in eBook: importa se lo trovano interessante. Infatti gran parte delle opere piratate sono fuori mercato, chicche per appassionati che vengono salvate dall’oblio e dalla distruzione cartacea tramite la digitalizzazione “illegale”.
In più, considerando quanto siano pietose le edizioni digitali ufficiali, la norma è che anche se c’è l’eBook scelgano di creare l’edizione pirata a partire dal cartaceo, considerato più affidabile (ed è più facile partire con quello da zero che pulire un merdosissimo ePub di un grosso editore).
Fine dell’articolo.
Vi lascio con questa domanda:
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