Razzismo/Stereotipi

Mi è sembrato di vedere un nazista negro

Un articoletto leggero, fondamentalmente 4 teh lulz, giusto per mostrare qualche foto.
Questa è una foto scattata in Grecia, nel 1943:

No, non è un prigioniero.
Non avrebbe molto da ridere, se lo fosse. È un soldato volontario, un membro della Libera Legione Araba formata da stranieri intenzionati ad appoggiare l’esercito tedesco nella sua guerra in Africa e in Grecia. Quindi non la Legione Araba filo-britannica. Sembra strano vedere un negro nazista, probabilmente ben integrato tra i suoi camerati, che sorride. All’epoca a essere negro c’era da sorridere poco in qualsiasi posto!

Nulla di strano, a pensarci.
È che viene così naturale pensare ai negri quando si pensa alla minoranza classica da perseguitare che sembra ovvio che i nazisti li odiassero… ma perché avrebbero dovuto? E infatti il nazismo fu ambiguo coi negri. È vero, dal punto di vista tedesco e quindi ariano, il negro è inferiore. Però Hitler era già un po’ postmodernista di suo (e xenofobicamente democratico) per cui la regola di quale sia la razza superiore in realtà va applicata da ogni razza contro le altre. L’amore di Hitler per il darwinismo sociale lo portò anche a mantenere apposta la competizione tra i suoi generali, con effetti devastanti: essere un romantico idealista, come Hitler, non funziona molto.


Comunque, stringendo la deriva sul romantico idealismo hitleriano, gli Arabi non ebbero grossi problemi ad aderire al nazismo quando Hitler lo diffuse per incitarli alla rivolta contro i britannici (bastava cambiare ariano con arabo), tant’è che nonostante il poco fruttuoso colpo di stato del 1941 e la successiva sconfitta tedesca, proseguirono l’opera ideologica del nazismo dal 1947 con il partito Ba’th, con risultati straordinari in Siria (paese che accolse e protesse tanti membri delle SS ed è tuttora zeppo di vecchi Stg44), paese che rimase fondamentalmente laico grazie all’ideologia del nazismo a soppiantare quella dell’islamismo. Molti punti in comune tra le due, ma con la prima c’è un (bel) po’ di laicità che male non fa. In fondo dopo 60 anni abbiamo ben visto che i nazisti facevano schifo, ma i vincitori dopo non è che siano stati meglio nel forgiare il mondo a loro immagine e somiglianza (e spesso con ben meno dignità non avendo dei profondi ideali da seguire, seppure crudeli dal nostro punto di vista filo-americano).

Torniamo ai negri

Essere negro in Germania comportava il tipico livello di fastidio, di scarsa integrazione, presente negli altri paesi occidentali. Probabilmente meno che in Francia, paese colonialista abituato a disprezzare i negri (e a odiare gli ebrei… chissà quanto rode in cuor loro ai francesi di non aver causato loro l’Olocausto, eh? Lasciare l’onore a quegli antisemiti della seconda ora dei tedeschi). E forse anche meno che in Italia, visto che a noi degli ebrei fregava relativamente poco mentre i negri eravamo abituati a disprezzarli da decenni (grazie alle colonie).

Però non erano perseguitati appositamente. O non era la norma: erano solo cittadini di serie B. I matrimoni misti ovviamente erano visti malissimo (e divennero illegali) e chi era già figlio di una coppia mista quando arrivò il nazismo non ebbe una vita facilissima. Una cosa è fare il negro purosangue, un’altra è mischiarsi. D’altronde Hitler aveva scritto nel Mein Kampf che “gli ebrei hanno portato i negri nella Renania con il chiaro intento di rovinare l’odiata razza ariana con la risultante bastardizzazione”. Pare che ci furono anche casi di sterilizzazioni forzate di negri. Insomma, meglio essere bianco che negro però non c’era proprio paragone tra essere negro ed essere ebreo (o gay o zingaro).

We are Hitler is not amused.

E come detto questo è ovvio.
Non si odia ciò che non si conosce. La solita idiozia del “la conoscenza porta la tolleranza” è ovviamente un’idiozia. È proprio l’incontrarsi, il convivere, anche solo a livello delle narrazioni montate dai pubblicisti (il negro come macchietta, come icona di inciviltà), che porta il disprezzo bonario o perfino l’odio.
Non si odiano gli zingari se non li hai mai visti né sentiti, inizi a odiarli quando a Cosenza ti rubano l’auto e scopri dai vigili che funziona così: devi andare dal capo degli zingari e chiedere aiuto, loro per una cifra modesta (qualche centinaio di euro) ti aiutano a ritrovare in che strada l’hai parcheggiata per sbaglio e poi te la sei dimenticata. A quel punto magari passi da fare la fiaccolate in difesa dei rom a quelle con i neonazisti per incendiargli i campi.

Non odi i negri se sai a malapena che esistono: li odi quando masse di disoccupati e banditelli, che potevano benissimo essere bianchi e invece sono negri, si spostano nel tuo quartiere e in pochi anni casa tua perde 4/5 del valore, tutti i vicini con i soldi scappano e le strade diventano una fogna (il background del film American History X).

Per questo disprezzo molto di più gli italiani bianchi rispetto ai negri di qualsiasi nazionalità. Gli unici negri che ho conosciuto erano/sono miei amici. Brave persone. Di bianchi coglioni ne trovo a pacchi (senza doverli nemmeno cercare). Ovviamente un po’ di disprezzo lo riservo a tutti perché non mi piace discriminare troppo. Il Duca è severo, ma ingiusto.

Ascaro tedesco, 1919. Con “goggles” per un tocco Steampunk.
I soldati negri, rispettati e ben guidati dagli ufficiali tedeschi, si comportarono in modo eccellente soprattutto in Africa Orientale.

In Germania c’erano poche migliaia di negri.
Le colonie erano durate poco e comunque erano state perse dal 1919 (in realtà completamente isolati dal 1914, come se non ci fossero). Perché mai il nazismo doveva preoccuparsi dei negri? Diverso il caso coi negri non tedeschi: i soldati negri francesi delle truppe coloniali era molto più facile che venissero massacrati, invece che presi come prigionieri, rispetto ai bianchi/arabi. D’altronde in Francia bisogna fare come i francesi no? Seguendo le idee di Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, “quando si è a Roma, si fa come i romani”. Sarebbe stata estrema maleducazione non considerare i negri come subumani da disprezzare!

Sant’Agostino, dalla Lettera 54

Credo d’averlo raccontato già una volta : però voglio ricordarlo ancora adesso. Mia madre, la quale m’aveva seguito a Milano, trovò che quella Chiesa il sabato non digiunava; aveva quindi cominciato a turbarsi ed era in ansia non sapendo che cosa avrebbe dovuto fare: allora io non mi curavo di tali cose, ma, per far piacere a lei, consultai su ciò l’incomparabile Ambrogio di santa memoria ed egli mi rispose che non poteva insegnarmi nient’altro che quant’egli stesso faceva, poiché se avesse conosciuto una norma migliore, l’avrebbe osservata di preferenza. Io pensavo che senza darmene la ragione egli mi avesse voluto esortare con la sua sola autorità a non digiunare il sabato, ma egli aggiunse dicendomi: “Quando vado a Roma, digiuno il sabato; ma quando sono qui, non digiuno. Così tu pure, osserva l’uso della Chiesa ove ti capiterà d’andare, se non vuoi essere di scandalo ad alcuno né riceverlo da altri”. Avendo io riferito ciò a mia madre, essa abbracciò quella regola. Quanto poi a me, pensando spesso a quel parere, l’ho sempre ritenuto come se l’avessi ricevuto da un oracolo celeste. Ho sentito spesso con dolore e pena che si generano nei deboli molti turbamenti per la cocciutaggine nel litigare o per la superstiziosa timidezza di qualcuno dei nostri fratelli: litigano per questioni di tal genere che non possono arrivare a nessuna determinata soluzione né basandosi sull’autorità della Sacra Scrittura né sulla Tradizione della Chiesa universale né sull’utilità di rendere più santa la vita. Alla base delle loro opinioni c’è solo un’argomentazione qualunque soggettiva o l’usanza che si osserva nella propria patria o perché uno ha visto l’usanza in qualunque altro luogo e si crede d’esser diventato tanto più istruito quanto più s’è allontanato dai suoi col viaggiare; così sollevano questioni dibattute con tanto attaccamento alle proprie opinioni, che non ritengono giusto se non quel che fanno essi.

E così vari negri tedeschi finirono per servire, arruolati di leva o come volontari, sia nell’esercito che nelle SS. Pure nella Gioventù Hitleriana (al fianco di Ratzinger?). Nazisti negri. Perché se uno è volontario nelle SS non venitemi a dire che è lì perché lo costringono e che no, lui è un bravo liberale democratico abbraccia-alberi-amico-degli-ebrei! Giusto per ricordare che la realtà è più sfaccettata, complicata e fantasiosa della fantasia e magari qualche fesso, vedendo un nazista negro in un romanzo, potrebbe pensare che l’autore sia un cretino: di sicuro un cretino c’è, ma non l’autore.

Tranne Sven Hassel: lui è cretino anche se Albert Mumbuto era negro. Perché sì.
E dal 21 settembre 2012 è pure morto. Un po’ mi dispiace perché ci sono sono autori molto peggiori in giro, a camionate, e così la tacchetta della media qualitativa degli autori in vita è scesa di una frazione. I suoi libri li avevo letti volentieri quando facevo il primo e il secondo anno del liceo.

Ovviamente lo scopo del post era dare del cretino a Sven Hassel.
E ricordare a DagoRed che è morto. Tié: terun va a mangià il sapun!

 


 

Gustav Sabac el Cher

Aggiunta del 19-11-2012, ore 14:00

Mi stavo dimenticando di un dettaglio e di un’altra bella foto. Avete visto il quadro con il soldato negro che abbraccia la ragazza biondo-rossiccia? È opera di Emil Doerstling (1859-1940) e si intitola Preußisches Liebesglück (Felice amore prussiano, credo, del 1890). Pensate che sia una licenza artistica, un’invenzione, magari a scopo xenofobo contro i matrimoni misti?

Non proprio. I due personaggi non sono inventati: secondo lo storico dell’arte Gorch Pieken il soldato è Gustav Sabac el Cher e la ragazza è la sua fidanzata (e poi moglie) Gertrud Perlig. Quando ancora negli USA, che si credono tanto civili, i matrimoni misti erano un’oscenità e i negri cittadini di second’ordine, nella Germania Imperiale dominata dall’ideologia del Suum Cuique, l’identità era prima di tutto culturale e nazionale, legata alle “presunte” peculiarità tedesche nella vita domestica (si veda il bel Sweeping the German Nation – Domesticity and National Identity in Germany, 1870–1945). Solo secondariamente era etnica.

Un negro tedesco poteva essere un buon tedesco, come il più bianco dei bavaresi. E fare carriera anche nell’esercito. Non dico che essere negro fosse come essere bianco, ma il razzismo violento che dominava la cultura francese e statunitense non era presente nella Germania Imperiale. Ricordiamo che la Germania Imperiale era anche stata in grado di integrare perfettamente gli ebrei, molto più numerosi dei negri, al punto da farne sentire tanti prima di tutto tedeschi e solo dopo ebrei (come è giusto che sia per chiunque nella propria nazione).

August Albrecht Sabac el Cher, in abiti “orientali”.

Gustav Sabac el Cher (1868-1934) era figlio di August Sabac el Cher (1836-1885). August venne regalato all’età di sette anni dal Vicerè Ottomano d’Egitto al principe Alberto di Prussia (1809-1872), in visita al Cairo. Ricevette il cognome di Sabac el Cher perché sapeva dire solo quello in arabo: “buongiorno”.

Il principe se ne prese cura (all’epoca regalare agli europei bambini negri non era strano, per gli Ottomani) e lo fece diventare un valletto della sua corte. Fu assistente di Alberto nel quartier generale durante la guerra del 1864 e fu in prima linea, in fanteria, durante la battaglia di Sadowa del 1866. Partecipò a tutte le guerre di unificazione tedesca. Quando il padrone morì, venne mantenuto in servizio nella casa del figlio, principe Alberto pure lui (reggente del Ducato di Brunswick dal 1885 al 1906). Nel 1876 August aveva ormai un reddito annuo di 600 Marchi d’oro, più molti altri bonus, ed era responsabile di argenterie, porcellane ecc… ruoli tipici, appunto, di un maggiordomo. Si ritirò dal servizio nel 1882, per motivi di salute. Era naturalizzato tedesco, un cittadino con pieni diritti come se fosse nato prussiano, e nel 1867 aveva sposato Anna Maria Jung.

Gustav Sabac el Cher nel 1908.

La carriera del figlio Gustav, seppure molto meno ricca di avvenimenti di quella del padre, fu comunque un’onesta carriera. Suonava il violino da quando aveva otto anni e a diciassette divenne musicista nell’esercito tedesco. Nel 1893 venne inviato all’Accademia Reale di Musica e nel 1895 già dirigeva la banda del Primo Reggimento Granatieri a Königsberg. Mica poco. Divenne una celebrità, spesso citato nel giornali, e arrangiò varie ouverture di Mozart per farne marce militari. Nel 1909 lasciò l’esercito e iniziò a lavorare come direttore di banda presso varie città. Secondo questo articolo fu anche un nazionalista di destra e appoggiò il nazismo. Quando morì nel 1934, la moglie ricevette un telegramma di condoglianze dall’Imperatore Guglielmo II, in esilio in Olanda.

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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