Oggi un breve video sul lettore ideale che gli editori attuali, ovvero gruppi di economisti che pubblicano in base alle indicazioni del marketing, vorrebbero. Indicazioni del marketing che comunque sono sbagliate a priori (poco o molto, dipende) perché sono basate sul passato, che non è il presente e non è il futuro, e perché è un passato saturo di bias collegato alla scelta limitata che influenza i lettori nelle loro decisioni… o che li porta a smettere di leggere.
Se i lettori non leggono qualcosa perché quel qualcosa non viene venduto nelle librerie, per chi fa i conti bovinamente nelle Case Editrici (o in modo simile nel mondo dei grandi produttori di videogiochi) quelli sono zero lettori possibili, anche quando potrebbero essere tanto uno quanto centomila. E infatti l’hobby preferito degli editori è far rischiare gli altri e poi copiare se le cose vanno bene. Aspettare che qualcuno “rischi” con Twilight (o Harry Potter) e poi lanciarsi a imitarlo se i dati di vendita dicono che sta andando bene.
Quando gli editori USA smetteranno di avere un minimo di idee originali (per quanto becere e commerciali in senso negativo), i nostri non sapranno più da chi copiare. Da noi ci fu pure il fenomeno del Fantatrash, con il suo apice nel 2008-2010, quando gli editori si accorsero del successo consolidato di Licia Troisi e iniziarono con notevole ritardo a inseguirla, pubblicando spazzatura random. Ricordate il Baby Boom, autori minorenni come se piovesse e la corsa a chi avesse l’autore più giovane? Patetici.
Questo mix a partire dal video in cui Matteo Montesi faceva merenda (con la confenzioncina di nutella) mi è sembrato perfetto per rappresentare il pubblico ideale. Gli editori vi vogliono così di fronte alla nuova moda/personaggio editoriale con cui intenderanno riempire programmi televisivi, giornali e piazzare pile di volumi sul pavimento delle librerie:
Fonte: http://www.youtube.com/watch?v=vRQ6Ao8cvIk
Ora qualche parola in più.
Questo articolo è una rielaborazione di un commento lasciato su sudareinchiostro.it quasi tre mesi fa. Ho deciso di ripubblicarlo qui perché penso che possa interessare i miei lettori tipici e perché non ho tempo per rielaborare quei concetti in articoli diversi.
Ora un po’ di background su quel commento.
Riguardo le prospettive dell’editing per gli autopubblicati avevo scritto:
Nel 2013-2014 forse il mercato sarà cambiato abbastanza da rendere necessario agli autori l’editing per sistemare romanzi di qualità inadeguata ed evitare così danni di immagine (l’autore mette a rischio il proprio “marchio” proprio come un editore che pubblica schifezze).
Nel 2015 spero che il settore sia a regime e che la qualità venga premiata abbastanza da far avvicinare all’editing anche quegli autori che ragionano in termini di investimento sul singolo libro, come fanno ora gli editori (sbagliando), invece che di miglioramento professionale (addestramento) da reinvestire nei decenni successivi spalmandolo su molte opere.
In risposta Mattia, l’admin del sito, mi aveva chiesto:
Speriamo davvero che bastino 3-4 anni perché la qualità venga premiata (e lo schifo punito, in termini economici). Mi viene da chiedermi: questo processo positivo riguarderà solo il digitale o si diffonderà al cartaceo (in tempi ragionevoli)? Le case editrici si adegueranno al modello virtuoso o continueranno a investire sulla pubblicità anziché sulla cura del testo?
Ecco la mia risposta, rielaborata e arricchita.
Secondo me le grandi case editrici, quelle che possono quindi puntare in un modo o nell’altro a “spingere” prodotti (modello push classico), non miglioreranno.
Il primo motivo è che non vogliono farlo. E non gli interessa farlo.
Come già faceva notare mezzo secolo fa l’autore di fantascienza e critico Damon Knight, gli editori non vogliono un pubblico educato ed istruito, capace di discernere i prodotti di qualità da quelli schifosi.
Ribadisco, questo libro non sarebbe così male se si togliesse la space-opera; ma Signet [l’editore] sembra pensare che invece proprio la space-opera renda il volume degno di essere comprato: titolo, copertina e blurb supportano questa convinzione.
Quello che temo è che Signet abbia ragione. Questo genere di idiozia senza senso potrebbe essere ben adatta per il livello mentale di un lettore per il quale “spazio”, “pianeti”, o “galassie” sono parole senza un significato preciso, che semplicemente comunicano un vago senso di “là fuori”. Se è così – se esiste un vasto pubblico di lettori di fantascienza poco sofisticati (e poco educati in materia) pronto a essere imboccato – allora possiamo aspettarci un fiorire di autori come Vernon… in mezzo ai quali, tra un vent’anni, potrebbe emergere una piccola schiera di scrittori di fantascienza decenti, che si domanderanno perché le loro opere non vendono.
Che incubo! Grazie al cielo non ci ho creduto neanche per un momento!(Traduzione presa da Gamberi Fantasy, dove si può leggere il brano originale)
Gli editori non vogliono un pubblico di forti lettori informati perché è un pubblico esigente. Vogliono un pubblico più affidabile, più prevedibile, il tipo di pubblico che legge POCO e lo fa in base alla moda del momento e che non è in grado, perché ha pochissime letture alle spalle, di distinguere “attivamente” un testo bruttino da uno bello.
Al massimo questo tipo di pubblico distinguerà i testi oscenamente brutti da quelli decenti, ma pure qui gli editori stanno tirando sempre più la corda per vedere quanto può essere orrendo un testo prima che il pubblico se ne lamenti… Unika, Amon, Il Re Nero… un’editoria che lavora ragionando sul minimo termine, non sulla qualità.
Vomitevole.
Emergenza Rifiuti: dalle Strade alle Librerie.
Un ringraziamento a tutti gli scrittori che lo hanno reso possibile!
Un pubblico privo di capacità critica e di gusti individuali sviluppati tramite moltissime letture (che appunto non ha fatto) è un pubblico ideale per l’editore-bandito perché il suo comportamento è “prevedibile” da esperti di marketing che non sanno NULLA di narrativa. Prevedibile nei limiti del possibile: come già detto all’inizio dell’articolo, il bias è talmente grande da distruggere le previsioni che siano più raffinate di “un paranormal romance coi vampiri potrebbe vendere bene”.
Né la qualità della scrittura né l’originalità delle opere sono rilevanti per valutare la vendibilità di un prodotto alla moda che va solo spinto in bocca ai lettori (strategia push) con articoli sui giornali, forme di pubblicità di scambio “gratuita” o pile di libri nei negozi. Gli addetti al marketing possono fare il loro lavoro senza problemi (se dovessero servire competenze da Editor per farlo, non potrebbero lavorare!).
Gli editori non vogliono un pubblico esigente, perché un pubblico esigente li costringerebbe a dover lavorare molto di più e con molte meno certezze di successo. In cambio ci sarebbe una crescita della lettura in generale e dei forti lettori in particolare, quindi un mercato più ricco e ampio sul medio e lungo periodo con però costi maggiori sul breve periodo. Tutta la fatica subito senza nessun vantaggio immediato: e il vantaggio immediato è alla base del capitalismo predatorio degli ultimi anni, ossessionato dalle quotazioni in Borsa e dai guadagni mese per mese.
Un pubblico esigente li giudicherebbe. Sarebbe come andare a fare l’idraulico malfattore in casa di un altro idraulico che lo smaschera e poi lo sputtana in pubblico. Meglio fare l’idraulico che si inventa i guasti per incassare 500 euro in casa di uno sprovveduto, no?
“Il capolavoro della regina del fantasy italiano.”
“Il mondo conoscerà un nuovo livello di crudeltà.”
“Potente come un romanzo di Gaiman e inquietante come il Barker più efferato.”
“Ma prima di ‘sto ragazzo chi s’era inventato il trasloco dentro carne e ossa del dirimpettaio?”
“Un mondo fantasy che si distaccava tantissimo da tutto il fantasy che avevo letto finora.”
I ciarlatani del XIX secolo erano dei gran signori rispetto ai loro colleghi attuali dell’editoria.
Dopo 50 anni possiamo notare che le cose sono andate sempre di più in quella direzione schifosa che Damon Knight aveva denunciato. Nessuna novità in quest’ambito.
Finché vi saranno negozi, fisici o digitali, in cui il grande editore potrà comprare un posto in “vetrina” e quel posto sarà fondamentale per vendere bene, questo meccanismo perverso continuerà a funzionare.
L’intera esperienza di acquisto online va ripensata per essere interamente basata sulla ricerca tramite keywords da parte dei lettori, per educarli e abituarli a cercare in base all’argomento di interesse (e nel caso anche ai generi e sottogeneri) senza farsi imboccare con le ultime uscite e i libri dei personaggi famosi. Imparare a leggere in base agli argomenti che interessano DAVVERO, non in base alle novità editoriali. Imparare a scegliere secondo i propri gusti (e scoprire quali sono i propri gusti!), non a subire solo le scelte del marketing
Esempio: Steampunk + Marte + “Fantascienza Militare”
La prima e la terza key rimandano sia ai tag dell’eBook che a categorie di genere/sottogenere, mentre la seconda riguarda solo i tag caratteristici legati al contenuto.
Il modello push del cartaceo, in cui si crea un sottoinsieme di prodotti e si costringe il lettore a comprare solo tra quelli o a non comprare nulla, va affiancato a un modello pull digitale in cui tutti i prodotti possibili sono presenti (i libri non spariscono dopo pochi mesi se vendono poco) e il lettore è invogliato a CERCARE ATTIVAMENTE ciò che desidera invece di limitarsi a COMPRARE PASSIVAMENTE ciò che gli editori i quel momento vogliono che compri.
I lettori deboli continueranno a basarsi sul push (pubblicità, classifiche, moda), anche perché non hanno idea di cosa leggere, mentre i lettori meno sprovveduti potranno usufruire del pull.
L’ideale sarebbe evocare in ordine casuale i risultati delle ricerche, dando poi l’opzione al cliente di riordinarli per data di pubblicazione (dalla più vecchia oppure dalla più giovane), utile per scoprire le novità. Perché prima i risultati dovrebbero essere random? Perché se di base si mostrassero i più recenti, allora certi furbetti continuerebbero ogni mese a togliere e rimettere le loro opere, giustificando la cosa con una nuova versione corretta (prova che non lo è, ah!), per risalire in cima alla selezione.
E se servisse un nuovo ISBN per farlo, beh, pensate che quei 2-3 euro di costo fermerebbero qualcuno convinto di poter vendere di più così, moltiplicando gli eBook (pressoché identici) e gli ISBN?
Le classifiche di vendita fanno più male che bene: sono semplicemente le vecchie vetrine e i vecchi scaffali fisici, in quanto i posti sono limitati, trasposti nel digitale. Una nuova economia digitale che ricostruisca i vecchi problemi fisici di rigidità e predominanza della strategia “push” sarebbe l’apice del fallimento concettuale della rivoluzione dell’eBook che sta, principalmente, nel cambiare la mentalità del cliente da PASSIVO (push) ad ATTIVO (pull), ovvero capire che ha diritto di “desiderare” qualcosa di diverso e che può cercarlo, se sa cosa cercare.
Qui Gamberetta esprime la mia stessa posizione, comune a chiunque sappia usare internet (tipo, uh, cercando spesso su Google per trovare informazioni curiose invece di usare solo Facebook, Youtube e la posta), e che è la base della rivoluzione digitale degli eBook che altrimenti si ridurrebbe a un semplice cambio di supporto e non sarebbe una vera rivoluzione:
Prima di tutto un lettore deve meditare sui propri gusti. Spesso la gente dice: “Ah, a me non interessa il genere di un romanzo o chi lo ha scritto, mi interessa solo se è bello!” Questo è un problema, perché “un libro bello” non è il tipo di dato che puoi cercare con Google, con Amazon o con emule. Però la mia esperienza personale è che quando si approfondisce non è vero che sul serio la persona legge di tutto basta che sia bello. La persona ha delle preferenze di argomento, di (sotto)generi, di periodo storico.
C’è chi adora le storie di invasione aliena e chi adora gli scrittori ungheresi del settecento. E questi dati SONO ricercabili.
[…]
Spesso questa ricerca è sufficiente: se l’argomento interessa, se un libro è dedicato proprio al feticcio che ci eccita, lo leggeremo volentieri, anche se lo stile non sarà granché.
Se si vuole ulteriormente scremare, bisogna un po’ imparare le tecniche narrative, in modo da riconoscere al volo chi sa scrivere e chi no.
Il criterio delle tre pagine (e tantissime volte bastano tre paragrafi) è un criterio valido. Sono rarissimi i casi in cui uno scrittore comincia scrivendo come un mongoloide fuggito dalle fogne e poi d’improvviso a metà romanzo diventa un novello Dante. Perciò sapendo cosa guardare ci vuole un attimo a selezionare la pila dei PDF e tenere da parte solo quelli che si avvicinano ai nostri gusti e sono scritti in modo decente.(Intervista pubblicata su Lega Nerd)
Il problema non è che siano di legno o di plastica, il problema degli scaffali e del mondo dei libri in alberi morti è che lo spazio espositivo è molto limitato e di conseguenza la scelta è limitata e la vita delle opere, se non vendono bene, molto breve.
Tornando al discorso iniziale.
C’è un secondo motivo per cui gli editori attuali non cambieranno: è perché non potrebbero, neanche se lo volessero.
Se gli editori ormai sono economisti a cui dei libri non frega nulla e i loro editor sono una manica di inetti, CHI dovrebbe avere le competenze per selezionare altri editor?
Se non si è in grado di fare l’editor allora non si può nemmeno valutare il lavoro di un altro editor perché non si sa cosa aspettarsi e come giudicarlo. Basta vedere quanto spesso gli editor professionisti sbattono gli occhiucci per lo stupore di fronte a concetti come Show, Don’t Tell (metà ‘800) e che lodano come scrittura sperimentale l’utilizzo del filtro con penetrazione profonda sul personaggio (noto già a fine ‘800 e divenuto una normale realtà studiata dagli esperti, ad esempio da Wayne Booth, negli anni ’50).
L’editore e i suoi editor incompetenti non sanno come preparare un esame di valutazione, dando un testo di un certo tipo (ovvero con errori tecnici oggettivi, ma possibilmente del tipo che favorisca più soluzioni diverse da suggerire per vedere quanto si spreme il cervello l’editor, non semplici pezzi da cancellare con un segno rosso) e dando indicazioni specifiche su come lo si vuole analizzato (ovvero: Narrativa Immersiva oppure Literary Fiction oppure Comico ecc…).
È un problema simile a quello che rende quasi impossibile per loro valutare i manoscritti per cui, presi dallo sconforto (e dalla mole di testi arrivati), nemmeno ci provano più e pubblicano l’amico del fratello del giornalista che dopo ti deve una recensione sul giornale o altri scambi di amicizie.
O, facendo nomi, la fidanzata e l’amico di gioventù di Pierdomenico Baccalario: Elena P. Melodia e Marco Menozzi, che hanno pubblicato porcate indegne offensive per la loro dignità (se ne hanno) e per quella di Baccalario (che ne ha, ma sembra che non gliene freghi nulla).
Gli editor sono ignoranti, non hanno idea di come lavorare e (giustamente) non vogliono perdere decine di ore per leggere spazzatura che tanto non saprebbero valutare (perché se sapessero farlo saprebbero anche buttarne il 90% e più alla prima pagina, senza dover perdere tempo a leggerne capitoli e capitoli, e invece di venti ore ne impiegherebbero una sola a scremare la pila degli ultimi arrivi), per cui “merda per merda” fanno un favore a un amico.
“Dottore, un nuovo manoscritto appena arrivato!”
“Me lo dii, me lo dii, me lo facci leggere: potrebbe essere il nuovo Harry Potter!”
[Un’ora dopo]
“Com’era, dottò?”
“Quel tuo cugino cieco scrive ancora fantasy?”
Un tempo (e ancora oggi) noi italiani ci rivolgevamo al mercato americano, perché da loro una certa tradizione di editing c’era e, considerando anche la massa maggiore di autori, i titoli belli o almeno decenti si trovavano. Beh, ci sono pessime notizie: quella tradizione sta morendo.
Come mai? Semplice. Il mestiere di editor, che non ha lauree o qualifiche col “pezzo di carta” ma solo l’abilità dimostrata e dimostrabile, era tradizionalmente considerato nel mondo anglosassone un mestiere da gentiluomini fatto più per l’Onore che l’editore doveva difendere che non per motivi di utilità al fine delle vendite. Come già detto, il pubblico di massa raramente può distinguere un testo bruttino da uno molto bello: se l’argomento è interessante se li godrà entrambi e probabilmente li consiglierà entrambi. L’editing è quindi una questione di prestigio che, in un’ottica di capitalismo predatorio senza alcun concetto d’Onore, non ha motivo di esistere: quasi sicuramente i 1000-2000 euro di editing non porteranno 1000-2000+ euro di guadagni ulteriori (soprattutto non nella breve vita -prima di sparire dalle librerie- dei normali romanzi cartacei).
Che la spazzatura vendesse benissimo lo hanno sempre saputo, solo che un tempo gli editori erano persone rispettabili e avevano di conseguenza Senso dell’Onore, mentre ora sono consigli amministrativi che se potessero vendere eroina invece di libri lo farebbero ben volentieri. D’altronde, pensateci, i grandi editori non si vergognano di tenere magazzini zeppi di libri da macerare senza dare il permesso di farli macerare, inclusi libri scolastici obsoleti da tempo (ho un amico che si occupa proprio di scolastica e ne è zeppo), per avere grossi stock che tengano alto il loro valore in borsa… soliti ragionamenti da economisti truffatori: libri senza valore, da macero, tenuti immobili e spacciati per merce che valga qualcosa.
D’altronde stanno ormai risparmiando perfino sulla correzione delle bozze: i testi sono zeppi di refusi che fino a pochi decenni fa avrebbero riempito di vergogna gli editori!
Quando si toglie la “faccia” del singolo Editore che si sente uomo di cultura e si mette al suo posto un anonimo gruppo di economisti riuniti attorno a un tavolo, e pronti a cambiare settore o azienda in qualsiasi momento se arrivasse una buona offerta, scompare in fretta qualsiasi parvenza di senso dell’onore, come è ovvio. Non c’è lungo periodo, non c’è una missione di miglioramento e di contributo alla società: c’è solo il guadagno ora e sperare che il crollo arrivi quando si otterrà un incarico ancora più prestigioso e il danno dovrà subirlo il proprio successore.
Nonostante tutto le cose andarono bene fino agli anni ’70-’80. Notate che proprio negli anni ’80 comincia ad emergere sempre più il modello attuale, grazie alla spinta intellettuale di premi Nobel dell’economia come Friedman e dei loro seguaci, secondo cui le aziende devono pensare solo al proprio profitto, fregandosene del bene pubblico, mentre prima le aziende (secondo la tradizione ottocentesca) si ritenevano parte della nazione (che non vuol dire “campare di aiuti di stato”, ma significa “non pugnalare alle spalle i tuoi concittadini”) e pensavano di dover agire nell’interesse sia proprio che del bene pubblico, bilanciando le due cose.
Il concetto del ruolo sociale dell’azienda col tempo (la Krupp già nell’800) si estese anche al benessere del singolo lavoratore, visto come uomo da rispettare in quanto uomo e non solo come fornitore disumanizzato di forza lavoro (e ora pensate al precariato attuale…).
Pensate all’Olivetti che, quando era all’apice della sua forza, spendeva soldi per migliorare la condizione dei propri lavoratori:
[…] di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno. La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo, perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza.
(Adriano Olivetti, inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli, 1955)
Torniamo all’editing.
A partire dagli anni ’90, ma le avvisaglie c’erano già state negli anni ’80 con le prime lamentele degli esperti sul degrado qualitativo delle pubblicazioni, gli editori iniziarono a esternalizzare il lavoro di editing.
Ah-ah. In pratica i loro vecchi editor, competenti e qualificati, vennero cacciati o se ne andarono da soli, perché talvolta più conveniente, e si misero in proprio. Per un po’ di anni il problema non fu grave, in fondo loro erano sempre lì a lavorare. Anche se dovevano lavorare sempre peggio per colpa dell’editoria più frenetica e demenziale: un testo “brutto” commissionato a un autore noto per seguire una certa moda difficilmente diventerà più che “bruttino” nonostante tutto l’impegno dell’editor nel poco tempo concesso dall’editore.
Ora però pesa sempre di più il problema del cambio generazionale: un tempo gli editor esperti educavano i loro successori e i futuri colleghi dentro la casa editrice… e ora che sono esterni non educano più nessuno.
E questa grandiosa scelta di abbandonare la qualità e limitarsi a usare il proprio peso per invadere le librerie, venne presa poco prima che arrivassero gli eBook! Bisogna essere fessi a ridurre il proprio ruolo di Editore a mero stampatore e imbottitore di librerie proprio quando la carta e le librerie fisiche stanno per diventare non più essenziali.
Ma lo hanno fatto.
E ora frignano.
Cavoli loro.
Cavoli. E sono tutti per gli editori! Yum-yum!
La formazione del personale, che trasforma un giovane apprendista ingenuo in un editor esperto (non dico molto bravo, ma quantomeno decente), non avviene più a meno che un novello editor non la faccia da solo, in anni e anni di studio (ma quanti sono disposti a farlo?). E poi se nella casa editrice non hai un editor esperto, come fai a capire a chi affidarti? Solo chi ha competenze può giudicare le competenze. Appunto.
Magari ci sono tanti editor qualificati fuori dalle case editrici, senza un lavoro, e finiranno per cambiare settore e dire addio all’editoria. Questo è il mondo che è stato creato APPOSTA dagli editori, visto che avendo agito conoscendo le conseguenze allora hanno SCELTO le conseguenze.
E non dite che non le hanno scelte, perché è da bambini ragionare così. È il bambino che agisce pensando “ora faccio questo” e poi si stupisce della conseguenza. L’adulto è tale, se vuole essere davvero un adulto e non un bambino invecchiato, in virtù del prendere decisioni NON in base al ragionamento “faccio questo”, ma in base a “desidero questa conseguenza e quindi scelgo l’azione che la genera”.
Non si fa qualcosa per farla, la si fa per la conseguenza desiderata.
Poi ci si può sbagliare, ma è il ragionamento alla base che conta. Nell’Ottocento, ma in realtà fino a pochi decenni fa, l’uomo era tale in quanto dotato di manliness e questa mascolinità era principalmente la capacità di agire domandandosi che effetto l’azione avrebbe avuto sugli altri. L’uomo come individuo responsabile in una società di individui responsabili. Vedere anche il famoso The Art of Manliness.
Per esempio, il cellulare è acceso al cinema e arriva una chiamata: l’adulto vero pensa “Voglio rispondere, ma la mia azione disturberà gli altri che hanno diritto a godersi il film in pace. Devo rinunciare a rispondere o uscire dalla sala per farlo”; l’adulto bambino invece pensa “oh, una chiamata! Rispondiamo!” e poi passa 30 minuti chiacchierando ad alta voce nel cellulare, come se fosse in strada o a casa propria, senza domandarsi che impatto avrà sugli altri spettatori (che hanno pagato il diritto di godersi il film in pace) la sua azione egoista. Non è semplice maleducazione: è la completa incapacità di concepire che il proprio agire abbia un effetto sugli altri, per cui non si riflette mai prima di agire.
Nel caso dell’editoria, tutto questo era prevedibile facilmente. Non c’è la scusante dell’errore in buona fede.
Se non le volevano, non dovevano scegliere queste conseguenze. Ma se uno agisce contro la propria volontà, cambiamo argomento dall’editoria alla psichiatria.
Tra pochi anni (10, 20?) potrebbe non esserci più una cultura dell’editing.
Se non cambierà qualcosa, se il mercato degli eBook non diventerà qualcosa di diverso dalla becera trasposizione nel digitale dell’editoria cartacea e dei suoi meccanismi demenziali fatti di pubblicità, cricche e amichetti, tutti intenti a tosare un pubblico concepito da loro come un gregge di pecoroni, ci troveremo con editori bene intenzionati che non sapranno come trovare il personale qualificato che vogliono. Se l’eBook non porterà grandi modifiche al modo in cui il pubblico sceglie cosa leggere (o perlomeno la nicchia dei forti lettori), rischiamo che il “romanzo”, prodotto culturale piuttosto recente, attraversi un’epoca buia di degrado, un vero medioevo in senso negativo, o si estingua.
Il processo, come detto, è in corso.
Ricordate la profezia di Damon Knight di 50 anni fa, a cui lui stesso non voleva credere:
una piccola schiera di scrittori di fantascienza decenti, che si domanderanno perché le loro opere non vendono.
Sostituite “fantascienza” con qualsiasi altro tipo di narrativa, Literary Fiction inclusa.
Questo hanno creato gli editori con le loro pratiche truffaldine basate su standard sempre più bassi e sul becero inseguimento delle mode, fregandosene della qualità delle opere. Una mentalità da piccoli banditi, tutta puntata al breve termine e al guadagno immediato (spesso nemmeno presente, visto l’eccesso di schifo prodotto), prima che la moda sparisca, che sul lungo termine sta assassinando la narrativa.
Noi stiamo vivendo nel lungo termine di pratiche iniziate mezzo secolo fa e copiate senza rimorso anche dai nostri editori. Bello schifo, eh?
Bisogna fermare il meccanismo di distruzione della Narrativa avviato decenni fa, prima che sia troppo tardi.
Un ritorno col botto, Duca! ^_^ Complimenti per l’articolo (me lo rileggo un paio di volte, m’è proprio piaciuto!) che certo non fa presagire tempi migliori… se continua così arriveremo a rimpiangere i gloriosi anni del fantatrash. Di sicuro la scintilla dell’innovazione non si trova all’interno delle grandi case editrici…
Oggi un importante editor può andarsene in giro a dire che Wxyz è stato il mio fallimento professionale senza essere preso a calci dal proprio editore, questo perché siamo in un campo dove una percentuale di fallimenti totali molto superiore al 75% viene considerata normale (75% è la quota dei titoli che vendono meno di tre copie). Quando il nostro eroe si interroga sulle cause di quel fallimento, arriva alla conclusione di non essersi impegnato abbastanza a spingerlo ^____^
Non ne fanno neppure mistero, non c’è pudore perché non sospettano l’esistenza di altri modi di lavorare: libri si vendono nello stesso modo in cui si va di corpo, spingendo. Oppure si può sempre dare la colpa al pubblico che non era ancora pronto [a farsi ficcare in gola una schifezza del genere].
Ottima analisi. Mi trovo d’accordo con tutto – e la cosa che mi inquieta di più è che comincio a pensare che l’editoria digitale rischia di diventare il male minore…
Salve!
Mi scuso se chiederò cose già discusse su questo blog ma sono uscito da poco dalla fase lurker.
Come è possibile riconoscere un “buon” libro da uno “cattivo”?
Mi spiego: partendo da certe capacità di base indispensabili (saper leggere, possedere un minimo di conoscenze -cultura-, ecc.) ognuno sviluppa i suoi gusti: quello che piace ad uno può non piacere ad un’altro. Parliamo di letteratura quindi NON di scienza (dove il metodo scientifico “decide”). Quindi? Come è possibile…..?
Che non si possa decidere a priori quello che è bello o brutto lo dimostra il fatto che ci sono persone che facevano gli attori, i cantanti, gli scienzati o che hanno la terza media e poi, quasi di colpo, sono diventati scrittori con ottimi risultati editoriali e, a volte, anche di critica (per quello che vale, alla luce di quanto detto sopra).
E, per favore, spiegatemi come mai TUTTI (o quasi) gli editori sono tonti, gli editor sciocchi (o peggio), gli agenti allocchi o sanguisughe, ecc. Ma davvero TUTTO il mondo è fatto di stupidotti e solo noi abbiamo “la verità”?
Come si può pensare di avere in tasca la verità rivelata in un campo come questo?
Rispondo alle mie domande (me la canto e me la suono…….).
E’ il mercato, bellezza! Decide “la massa” dei lettori. Certo, guidati dall’editoria, dai mass-media, dal complotto giudo-masso-plutocratico…. Ma ne siamo proprio certi?
Abbiamo una società che con tutti i suoi difetti propone una scuola pubblica dove ci sono TUTTE le rappresentanze politiche, pubblicazioni cartacee, televisive, teatrali, radiofoniche, Internettiane (…), ecc. di TUTTI i tipi. La possibilità di scegliere e “decidere” è molto molto ampia.
Quindi…. il mercato (la maggioranza….) rules!
Grazie per la pazienza.
Carlo
Questo tuo articolo è molto interessante e, sotto un certo punto di vista, “deludente”. Non tu, non quanto hai scritto è deludente. Ma la constatazione di una realtà che sta continuando a colare a picco. Secondo me, se le proposte letterarie fosse più interessanti, diversificate, curate e qualitativamente migliori anche i lettori aumenterebbero o, comunque, cambierebbe anche il rapporto fra potenziale lettore e libro. NOn credo che le “schifezze” siano sempre e solo l’unica strada per il successo e i guadagni. A dire la verità, nella mia piccola esperienza personale mi sto allontanando dalle librerie (di tutte le forme) perché non riesco a capire dove si trova la fregatura, quando un testo è spazzatura e quando non lo è. Le micro recensioni pubblicate in copertina sono ingannevoli, così come quelle pubblicate sui quotidiani di riferimento non garantiscono onestà intellettuale e obbiettiva valutazione.
Ho avuto a che fare con vari tipi di editori e in nessuno ho riscontrato un benché minimo, seppur blando, interesse per la cura del testo o l’aiuto all’autore in tal senso (dovrebbe essere il loro lavoro, infondo). Che dire? Speriamo che questa tendenza cambi.
Io AMO il film Riki-Oh. Questo fa di Riki-Oh una pellicola dello stesso valore di Kagemusha? Se per te la risposta è “sì”, allora puoi non leggere il resto del commento, tanto non c’è discussione possibile.
Se conveniamo sul fatto che il primo è una boiata divertente e il secondo è un’opera eccezionale per trama, regia, sceneggiatura, costumi ecc., allora dovremmo arrivare anche alla stessa conclusione: i gusti sono una cosa, la qualità oggettiva è un’altra.
Se prendo un romanzo storico e trovo un danese del 1200 che combatte contro la cristianizzazione, quel romanzo è PATTUME. Può avere altri aspetti positivi, può piacermi lo stesso (io ho un debole per l’orrido, ad esempio), ma resta un romanzo di pessima qualità.
Se leggo un romanzo storico-fantastico in cui uno studioso e un guerriero seicenteschi hanno paura di farsi mangiare dai pipistrelli (ogni riferimento è puramente voluto), quel romanzo è PATTUME.
Un alro criterio OGGETTIVO è, ad esempio, la coerenza interna della storia.
Perché l’ideologia dominante ora (in TUTTI i settori) non è “facciamo bene il nostro lavoro” ma “cerchiamo di tirare il massimo facendo il meno (e il peggio) possibile”.
Al giorno d’oggi un romanzo come Magdeburg-L’Eretico viene presentato come dotato di solide basi storiche. Nessuna persona che sappia ciò che dice e non sia in malafede può dire che questo sia onesto. E’ falsa pubblicità. Ma dato che il lettore medio è ignorante e non ha un atteggiamento critico, se la berrà.
Solo nella teoria. Nella verità la gente è mediamente ignorante ed educata a NON avere un atteggiamento critico. Il saper argomentare le proprie opinioni è una capacità rara, per non parlare dei gusti.
Quando dico ai miei compaesani che tale libro lo si può trovare a prezzo ridicolo sul mercato anglosassone (in inglese ovviamente), mi fissano come se gli avessi consigliato di leggersi lo Shui-hu-zhuan in manoscritto originale. La maggior parte della gente ha a disposizione la scelta, ma non sa sfruttarla, preferisce farsi imboccare.
Io penso che gli editori non perderebbero niente a produrre libri di qualità, ma ciò è contrario alla fede dominante. Impegnarsi per far bene il proprio lavoro è da stupidi. Vendere roba tarocca con il minimo sforzo è da furbi, ergo la cosa giusta da fare. Well, per quanto mi riguarda, non ho parole per esprimere il disgusto e il disprezzo che provo per gli esponenti di questo pensiero ^_^ Poi vabé, c’è chi è contento così. A ognuno le proprie perversioni.
Vorrei subito in chiaro una cosa: nessuno può essere esperto in ogni campo, ci saranno sempre delle zone d’ombra in cui sguazzeremo nell’ignoranza. Un esperto di narrativa può essere una capra quando si parla di politica o ignorante in campo musicale nonostante la musica che ascolti gli piaccia e ne ascolti tanta.
Come fatto brillantemente notare nell’articolo il problema è la perdita del senso dell’onore, visto che nessuno può essere un esperto in ogni campo con cui viene a contatto sarebbe bene che a controllare la qualità ci sia qualcuno a monte. Qualcuno che sia più di un semplice “interessato”, qualcuno che non solo abbia letto tanto ma che abbia anche studiato il campo in cui vuole andare ad operare. La tanto citata “famiglia polli” non è il problema, perchè il suo equivalente esisterà in ogni campo e penso che la stessa Gamberetta se ne sia resa conto.
Potrei fare tanti esempi, ho giocato tanti videogiochi ma non ho letto manuali come Dr.Jack e non conosco nessun linguaggio di programmazione, così come ho ascoltato tanta musica senza saper suonare nessuno strumento. Ovviamente quando si ha la fortuna di entrare a contatto con qualcuno che è esperto in materia anche in senso tecnico la cosa migliore che si possa fare è quella di stare in silenzio ad ascoltare ciò che ha da dire (è per questo che sono qui).
Ho letto solo ora il commento di Clio, aggiungo un altro pezzo al mio post precedente dato che mi permette di fare un esempio di quanto ho scritto, non prendetelo come un patetico tentativo di trolling ma come spunto di riflessione.
Vorrei solo far notare che chiunque in questo blog si macchia della stessa ignoranza rinfacciata al “lettore medio” andando a scavare in campi diversi da quello della narrativa.
Sempre citando Gamberetta:
Probabilmente un musicista leggendo questo le darebbe diversi consigli a riguardo.
Io sono sempre molto cauto nel dare dell’ignorante a qualcuno, non per rispetto ma per il rischio di perdere una persona che potrebbe migliorarsi. Per come la vedo ci muoviamo su quattro livelli:
-L’esterno: colui che non è minimamente interessato all’argomento
-Il superficiale: conoscenze minime dell’argomento trattato senza interesse ad approfondirlo
-Il navigato: ha una conoscenza vasta dell’argomento trattato ed occasionalmente anche delle nozioni tecniche a riguardo
-L’esperto: ha una conoscenza vasta dell’argomento trattato e l’ha anche studiato approfonditamente
In un mondo ideale dove a curare gli interessi di ogni argomento ci fossero solo esperti la massa di superficiali (il grosso delle persone) sarebbe la prima a beneficiare delle migliorie.
Quoto Clio.
Domanda, c@zzo c’entra la politica con la narrativa e perché diavolo la scuola deve includere rappresentanze politiche invece di fornire agli studenti gli strumenti per cercarle e valutarle in modo autonomo?
[OT]Quanto mi sento fortunato ad essere uscito da una scuola in cui un professore ti dice “Mussolini ha fatto le bonifiche, ecc. e gli italiani non si sono ribellati prima perciò il ventennio non era poi così male”, un altro “gli anni di piombo sono la naturale e giusta risposta al gladio e altri ostacoli al comunismo” e lasciamo perdere i comizi quando si parlava di attualità.[/OT]
La possibilità di scelta è sì molto molto ampia, l’articolo NON afferma che sia ristretta anzi parla di invasione delle librerie, ma come viene fatto notare nella maggioranza casi si tratta di varietà diverse di letame. Liquido, duro, liscio, a palline, chiaro, scuro, che galleggia o affonda, sempre di letame si tratta.
Il punto non è “bello” o “brutto”, che sono gusti; il punto è “scritto bene” o “scritto male”, e nel momento in cui esiste uno scopo (immergere il lettore nella storia) e una tecnica narrativa per raggiungerlo è una cosa che si può valutare.
Se è dimostrato che mostrare dettagli attiva le aree relative del cervello (le aree motorie se il personaggio si muove, ecc.), e che raccontare non le attiva, è dimostrato quale dei due modi immerge di più il lettore e quindi quale ottiene meglio lo scopo.
Poi, una cosa scritta male può piacere, e una scritta bene può non piacere; sono cose slegate.
Sull’incapacità degli editor: L’Ultima Profezia, della De Mari, ha una media di un refuso ogni due pagine (contato su una decina di pagine), e questo considerando solo quelli linguistici, non quelli narrativi.
Le recensioni di Zwei su Unika e simili fanno vedere l’andazzo.
Se non è incapacità, è malafede, per me non è che cambi nulla. Il risultato – la qualità del testo che arriva in libreria – resta.
Sulla stupidità degli editori: fanno uscire gli eBook dopo i cartacei; li fanno blindatissimi, con DRM e simili; gli danno prezzi assurdi, a volte superiori al cartaceo; e poi si lamentano che la gente scarica invece di comprare.
Se non è stupidità (vedi anche definizione di Cipolla), qualcuno mi spieghi cos’è.
Concordo perfettamente con Mauro.
Ho parlato di questo argomento sul mio blog citando questo articolo. Concordo col Duca, solo preciso due cose:
1. Vengono pubblicati anche romanzi di qualità e anche senza nepotismo e/o raccomandazioni.
La corruzione nell’editoria è tanta, inutile negarlo, ma il problema si pone ovunque in Italia, anche in settori completamente diversi.
E inoltre la pubblicazione di ottimo romanzi come “Numero Sconosciuto” di Giulia Besa fa ben sperare. E attenzione: il suddetto romanzo è stato pubblicato con Einaudi, mica fuffa! E si tratta pure di un romanzo originale, non legato alle mode del momento e pure piuttosto crudo e violento, oltre che scritto davvero bene.
2. Il sistema può essere benissimo distrutto dall’interno. Come? Supponiamo che ci sia un romanzo X originale e interessante, scritto bene e corretto da un editor a pagamento bravo. E supponiamo pure che X abbia qualcosa di estremamente vendibile e commerciale, qualcosa che faccia discutere (ad esempio le tematiche trattate). Ecco, in virtù di quest’ultima cosa, le grandi case editrici potrebbero fiutare l’affare e pubblicare X.
Vendendo molto, però, X educherebbe i lettori alla buona scrittura e diventerebbe un metro di paragone. Inoltre, i fan più accaniti dell’autore di X, seguendo i suoi consigli, inizierebbero a leggere anche altri libri scritti bene. Ed ecco che il sistema cadrebbe a pezzi.
Insomma, un libro scritto bene può tranquillamente avere qualcosa, per esempio nelle tematiche, in grado di attirare i lettore e vendere. E dato che qualche buon romanzo viene pubblicato persino in Italia (non solo quello di Giulia Besa), la cosa è fattibile. Serve solo il giusto Cavallo di Troia: un romanzo originale e scritto bene, ma anche vendibile e con qualcosa in grado di far parlare di sé. Magari scritto da un autore capace di dare consigli su altri libri. E magari il suddetto romanzo potrebbe essere il primo di una serie, in modo da dare più pietre di paragone.
Io ammetto fin da subito di essere un pessimo lettore.Leggo poco e spessissimo compro libri per poi lasciarli come si suol dire”ad ammuffire”o iniziarli e poi non finirli.E scommetto che di tutti quelli che ho a casa il Duca non ne troverebbe uno di salvabile.O magari qualcuno sì,chissà…forse mi sottovaluto un filino troppo… ;-) comunque una qualità”positiva”ritengo di averla:mi baso sui miei gusti e non sulle mode.Posso anche avvicinarmi a un prodotto perché ne ho sentito parlare ma se non mi piace non mi piace,non è che lo apprezzo soltanto perché lo fanno gli altri!E’anche vero che può scattarmi il meccanismo opposto ovvero a furia di sentir parlare di un prodotto finisco per odiarlo senza nemmeno conoscerlo.Un’altra mia caratteristica che sicuramente farà inorridire tutti o parte dei lettori di quest’articolo è che mi è capitato spesso di”decidere”se un libro mi piaceva basandomi sul successivo film.
Alle medie tutti(e dico TUTTI,compagni e professori)mi”spingevano”a leggere la saga di”Harry Potter”perché erano SICURI che mi sarebbe piaciuta.A me è scattato il principio del Bastian Contrario e ho finito per odiarlo.Quando poi però è uscito il primo film,siccome a me piace molto di più(e,diciamocelo,è più”facile”e più”comodo”)guardare un film piuttosto che leggere un libro,ho provato ad andare al cinema con questo obiettivo in testa:”Vediamo se è veramente odioso come pensavo…!”
Risultato:solo al cinema l’ho visto 6 volte e in seguito ho comprato il libro.Col secondo film ho fatto lo stesso:prima cinema a ripetizione e poi libro.Il terzo ha rotto la tradizione perché ormai la saga mi aveva talmente preso che non ce la facevo ad aspettare l’uscita del nuovo film che stava andando per le lunghe(ho finito per farmi un viaggio a Londra SOLO per poterlo vedere con 4 giorni d’anticipo rispetto all’uscita italiana,pensate un po’a com’ero messo!).I libri successivi mi spiace dirlo ma li ho letti o a pezzi o non li ho ancora comprati.I film invece li ho visti tutti.Prima o poi mi sono ripromesso di rimettermi in pari ma vista la mia pigrizia non so quando accadrà.
Altri libri invece li compro non perché seguo una”moda del momento”ma perché seguo una MIA”moda”personale:per esempio ho comprato un sacco di libri solo perché raccontavano di storie in cui c’era una coppia di gemelli.Moltissimi non li ho nemmeno iniziati oppure li ho iniziati a malapena,ma in compenso c’è un libretto di circa 200 pagine,”La Sorella Fantasma”,che dire che mi ha CONQUISTATO è dire poco:l’ho letto non tutto d’un fiato,ma praticamente è come se l’avessi fatto…ogni volta che avevo un minuto libero mi ci FIONDAVO e non vedevo l’ora di tornare a casa da qualsiasi posto fossi per poter andare avanti e l’ho riletto più di una volta e ho addirittura provato a trasformarlo in sceneggiatura!!!!Ora io non so come il Duca giudicherebbe questo libricino dall’alto della sua esperienza…magari lo riterrebbe una schifezza scontata e scritta male…ma per me quel libro è stato un COLPO DI FULMINE e lo difenderei a spada tratta da chiunque,anche dal critico più esperto e competente del pianeta perché anche questo può significare essere lettori:INNAMORARSI PERDUTAMENTE dei libri che si leggono…e quando uno s’innamora poco gli importa che al resto del mondo il suo amato faccia schifo…lo difenderà a spada tratta PER PRINCIPIO!!!!!!
Un’altra serie di cui mi sono innamorato è stata la prima trilogia delle Guerre del Mondo Emerso…ma questa mi ha fatto l’effetto opposto:sto rimandando da ANNI la sua conclusione perché NON-VOGLIO-CHE-FINISCA!!!!!!Nonostante abbia già comprato sulla fiducia la trilogia successiva e anche qualche altro libro di Licia Troisi.
Non so se tutto questo mio delirio lo troverete interessante,tenero,noioso,sensato,vomitevole,romantico,pieno di onore o di merda ecc.ecc. ma poco m’importa:quando comincio a parlare o a scrivere di qualcosa che mi appassiona la mia mente scioglie le briglie e quasi non mi rendo conto di quello che sto dicendo o scrivendo…so solo che in quel momento muoio dalla voglia di dirlo o di scriverlo e spero sempre che dall’altra parte qualcuno si immedesimi nel mio punto di vista.
Posso essere un pessimo lettore,ma questo non mi rende necessariamente un pessimo pensatore.Di questo,almeno,sono sicuro!
@Enrico
Guarda che “ignorante” non è un insulto, è al massimo un fatto. Se qualcuno mi dice che sono ignorante in Storia dell’Arte, non posso che dargli ragione, e ciò non significa che non starò a sentire una conferenza sui Macchiaioli se ne avrò l’occasione ?_?
Sinceramente, il tuo commento non l’ho capito. Se si riduce a “voi date degli ignoranti ai lettori che non conoscono la narrativa, ma anche voi siete di certo ignoranti su un sacco di cose”… hem, so what?
@Charblaze
Guarda che la citazione NON è mia, io non ho parlato di politica. Tanto più che, come ho detto nel mio commento, non sono d’accordo con l’affermazione.
Duca, secondo te la goloseria potrebbe risolvere questa situazione?
Bellessimo articolo duca, concordo al 100%. E fiducioso ripongo le mie speranze in Darwin.
Nicamon, cortesemente, un po’ di punti e accapo e sintassi in più non guasterebbe. Mi hai fatto sanguinare gli occhi :P
Charblaze, Enrico, si dice “La Dolce” Clio v.v
Purtroppo il termine ha acquisito lo status di insulto col rischio di far apparire chi lo usa come un elitista da quattro soldi, per questo lo ritengo inadeguato.
Prima che qualcuno voglia farmelo notare, non c’entra nulla con il politicamente corretto, provate a discutere con una persona dal vivo esordendo con “sei un ignorante”, salvo casi eccezionali perderete subito il vostro interlocutore, lo farete rinchiudere sulla difensiva ed avrete il triplo delle difficoltà a far permeare le vostre idee.
È diventato un vero e proprio marchio d’infamia, come se tutti fossimo tenuti a conoscere ogni singolo particolare del mondo che ci circonda.
Era più che altro un modo per introdurre la distinzione fra i vari livelli di conoscenza ed i benefici che chi è negli strati più bassi otterrebbe se il lavoro venisse svolto da gente competente (esperti veri ^^;).
Infatti dopo il quoto Clio c’è un punto e a capo non un due punti, concordo con il tuo post e mi riferivo a Carlo.
Cosa possiamo fare noi lettori? Oltre a promuovere gli eBook ai conoscenti e non comprare le schifezze, sembra ci sia solo da aspettare. seduti sulla riva del proverbiale fiume. il cadavere degli editori o della narrativa.
1) Ignorante è un insulto, e chi lo usa rischia di apparire un elitista da quattro soldi.
2) Tutte le opinioni hanno uguale dignità.
3) Prostratevi dinnanzi a Sua Squamosità Hisssss!
Wups, my bad ^_^
Non ho la vocazione della maestra, non sono pagata per insegnare alla gente, ergo direi “tant pis” ^_^ Se la persona si sente offesa e non mi sta più a sentire, per me va benone. Di solito una persona con senso critico e disposta ad ascoltare SA cosa ignora e cosa no.
Pertanto, perderei un interlocutore ignorante (così ignorante da non rendersi nemmeno conto di esserlo) e permaloso. Un perdita apocalittica ^_^
Besides, per molti errori e idiozie presenti in libri pubblicati da autorevoli case editrici non è necessario essere esperti, basterebbe provarci.
Bischerate come coerenza interna e refusi dovrebbero essere visibili anche al più gonzo degli editor.
-gli editori non ci provano nemmeno a fare il loro lavoro;
-il lettore legge col cervello spento.
Quanto ero marmocchia e mi capitava di leggere cose stupide, restavo perplessa: avevo appena letto una cosa scema, oggettivamente scema, che pure si trovava in un libro pubblicato! Il primo riflesso della seienne ingenua dell’epoca era pensare che ci fosse una specie i tacito patto tra lettori e scrittori: i lettori accettavano (evidentemente) che gli scrittori infarcissero i libri di cose che, altrimenti, sarebbero state stupide. Un po’ come quando i bambini accettavano nei cartoni animati che Willy il Coyote fosse schiacciato dai massi senza morire. Solo che quelli non erano cartoni, erano romanzi. “E’ ok se scrivi una cosa così scema?”. Well, no, non lo è.
Io penso che il lettore medio, inconsciamente, si dica che è ok essere trattato da cretino, perché è quello che fa la maggior parte dei romanzi contemporanei. Non si rende nemmeno conto di essere preso per il culo.
Mai detto questo.
Sarcasmo? Non colgo la citazione.
Yep, sarcasmo. Cerca “rettiliani” sul blog dei Gamberi -_^
(E su Youtube, più “CristianIce” e “così parlò il profeta”! Non c’entra, ma sono 7 minuti di puro spasso!)
Questo è vero, almeno di solito, il resto della tua reazione era proprio come l’aspettavo, ma hey “il saggio (o era il sapiente?) non perde un uomo e non spreca parole” quindi finiamola qui.
Preciso nel caso la cosa fosse sfuggita: la mia non vuole essere una difesa degli editor, semmai il contrario.
Chissà quanta musica di merda ascolti senza rendertene neanche conto, evidentemente non ti accorgi di venir presa in giro dalle case discografiche. Forse in questo preciso momento in un blog di aspiranti musicisti qualcuno si sta dando fuoco per via di ciò che tu consideri buona musica, situazioni del genere ci sono in ogni campo, non solo nella narrativa.
Non è questo il punto, per colpa di un mio quote di merda stiamo perdendo di vista il problema principale.
Il guaio è che se ne approfittano, se offrissero roba di qualità alla fine anche chi è stato istruito solo alla nobile arte della coprofagia riuscirà a beneficiare di qualcosa di meglio, il problema resta a monte.
Lo conoscevo ma non ero riuscito a fare subito il collegamento, come citazione avrei preferito “l’ignoranza è forza” ma dovrò accontentarmi. ;_;
Un’ultima cosa. C’è una differenza tra me che sono ignorante e ascolto musica di merda e qualcuno che legge gente come Altieri convinto che abbia solide basi storiche: io sono coscente di ascoltare a caso (e magari il più delle volte puttanate), mentre MOLTA gente là fuori è convinta che qualcuno come Altieri sia uno Scrittore ^_^
Per il resto, è ovvio che il degrado e l’idea “spillare più soldi possibili con la minor qualità immaginabile” riguarda molti campi (tutti?) e ovunque fa grossi danni.
Per concludere sull'”ignorante”, è anche una questione di rispetto. Io giudico che il mio interlocutore conosca l’italiano e abbia lo spirito sufficientemente aperto da giudicare un discorso per il suo contenuto. Non do per scontato che sia un permaloso tizio pronto a sbattere la porta se mai il mio linguaggi lo mette a disagio. Chiamami antipatica o sociopatica, avrai ragione ^_^
Bonne nuit.
Se dare dell’ignorante è disdicevole, mostrare quanto un altro sia ignorante lo è ancora di più. Ecco allora il punto 2), logica conseguenza del punto 1): le discussioni si trasformano in un’orgia di secondo me [la Terra gira intorno al Sole, ma questo è il mio personalissimo punto di vista, per carità, e mai e poi mai ti linkerei la pagina di Wikipewdia sul Sistema Solare, mica voglio sembrare un elitista da quattro soldi] come sull’abominato FantasyMagazine.
Appunto, magari il più delle volte, nelle restanti come fai a dire che non sono puttanate se non hai basi tecniche? Come fa il lettore medio a dire che Altieri scrive cazzate se non conosce la storia? Il discorso rimane quello, serve sempre qualcuno che abbia studiato, ma visto che in ogni campo gli esperti sono sempre una minoranza sarebbe bene che autori/editori/eccetera non se ne approfittino.
Ma poi Altieri è lo stesso che ha tradotto il preludio a Dune?
Guarda, attualmente ho visto più cretini vantarsi di disturbi del genere per darsi un tono che antisociali veri, vedi un po’ tu dove vuoi collocarti. ^^;
Torniamo a parlare dei tag di ricerca: Steampunk + Marte + Fantascienza Militare o Busty + Milf + Anal?
Herrr… che è… più o meno l’idea condividsa da tutti coloro che hanno commentato salvo forse Carlo? ò_O”
La cattiva qualità media dei libri è visibile a chiunque sappia leggere (plotholes, incoerenze, refusi, difetti comunissimi), e NON serve essere esperti per accorgersene (se si è anche esperti dell’argomento di cui parla il libro, se ne assapora meglio la bruttezza). Per questo dico che leggono col cervello spento. Tra l’altro essere ignoranti e credere bovinamente a chi ti vende l’oggetto sono due cose diverse, IMHO.
Non so. Di certo è il cialtrone assassino che ha tradotto A song of ice and fire di Martin.
Lol, come sempre mostrare è sempre superiore al raccontare, però il punto due è falso, dipende da come esponi il tutto, almeno per quanto riguarda la mia esperienza diretta, certo se poi becchi il testardo lì è finita.
Preferisco un approccio più leggero anche solo per avere una possibilità in più di informare qualcuno, solo questo, pis and luv!
Inizio a pensare di averti punto sul vivo, neanche stessi ancora a rinfacciarti la scopiazzatura degli Skaven in Masternheim (che pure sto leggendo adesso, sento Alessio Cavatore squittire ad ogni loro pagina).
Ammetto di non capire come mai nessuno ti abbia rotto le palle per Gya e Madkeen, gente bassa con capelli rasati tinti d’arancio e tatuaggi blu oppure per il temibile Rattorso ma hei! Sei fortunato che la maggior parte dei tuoi lettori sia ignorante, altrimenti molti avrebbero trovato queste piccole similitudini parecchio fastidiose. ^^;
Verssimo, però mi riferivo a “qualcuno che legge gente come Altieri convinto che abbia solide basi storiche”, se permetti c’è differenza fra chi non nota refusi e chi non conosce la storia perchè magari esterna al suo percorso di studi o altro. Dubito che chiunque impari a suonare tutti gli strumenti usati in una canzone al solo fine di comprenderla meglio.
Vorrei esporvi un ragionamento, magari non ve ne frega niente, ma è in qualche modo collegato al discorso.
Io sono ignorante di musica: sono il corrispettivo musicale di un lettore debole.
Non compro musica. Sono anni che non la compro. Perché dovrei? Per me la musica sono solo suoni che coprono il vicino di treno che parla al cellulare.
Le poche canzoni che attirano la mia attenzione le scarico senza problemi.
“Eh, ma se tutti facessero così, nessuno produrrebbe più musica.”
Beh, pace, non vedo perché la musica nuova dovrebbe essere meglio di quella che esiste già. Questa canzone è carina, ma non mi importa davvero se l’autore non ne farà nessun’altra. Se anche ne componesse altre, non mi interesserebbe abbastanza da andarmele ad ascoltare.
Ora, sostituiamo ‘musica’ con ‘letteratura’ e ‘canzoni’ con ‘libri’. Cosa viene fuori? Che il pubblico di lettori deboli su cui le case editrici contano tanto sarà quello che scaricherà i libri invece di comprarli, perché tanto ‘se anche lo scrittore scrivesse altri libri, non mi interesserebbe abbastanza da andarmeli a leggere’, o ‘non vedo perché la letteratura nuova dovrebbe essere meglio di quella che esiste già’.
Dibattito molto interessante.
Due contributi:
1. chi decide se una storia è scritta bene? Lasciando stare i refusi, ovviamente. Ciò che piace a molti può non piacere (e non piace) a molti altri. Acculturati e ignoranti, intelligenti e sciocchi, vecchi e giovani. Personalmente sono un discreto lettore (nel senso che leggo 10-30 libri l’anno) ma non sono mai riuscito a finire “L’educazione sentimentale” di Flaubert, per dire. Questo non vuol dire che sia una boiata o un capolavoro assoluto. Semplicemente a me non piace. Punto.
2. Sulla “coerenza” storica e di altro genere (tipo le armi e le battaglie), poi, non sono d’accordo. Sono convintissimo che nei libri che ho letto e mi sono piaciuti c’erano chissà quante assurdità che non ho colto perché non conoscevo a fondo l’argomento. Tra l’altro una delle differenze tra sf e fantasy è proprio questa: la fantasy NON necessita di grande coerenza e di spiegazioni realistiche.
Grazie.
Se questa è la tua posizione, temo che non ci sia nessun terreno di discussione possibile XD
Dico solo che un cavaliere armato di picca (per fare un esempio) è una stronzata, in qualsiasi universo quantico esistente.
Saludos
Errore. Nel fantasy la coerenza è fondamentale. Altrimenti tutto il castello di carte su cui si fonda la narrazione crolla, e la lettura diventa un’agonia.
Chiunque abbia i neuroni attivi e non atrofizzati. Come già detto da Mauro, ci sono dei criteri oggettivi, oltre alla semplice sintassi. Ad esempio, una storia raccontata è meno efficace di una mostrata, ed è un dato di fatto: ci sono parti del cervello che si attivano e rendono l’esperienza più coinvolgente. Quindi un libro fatto solo di raccontato e senza mostrato sarà tendenzialmente meno efficace nel coinvolgere il lettore. Non è un male, se l’intento non è proprio quello: ci sono fior di leggende non hanno praticamente nulla di mostrato, ma non avevano la funzione di emozionare la platea quanto di tramandare la memoria del passato, quindi va bene così. Un romanzo, di regola, ha una funzione diversa, punta al singolo lettore, cerca di attrarlo nella finzione: se lo scrittore usa un metodo che si è dimostrato difettoso evidentemente sta lavorando male, come un artigiano che usa materiale scadente o attrezzi sciupati. Scriva un saggio, se non ci tiene a coinvolgere nessuno. Poi c’è il ritmo narrativo, la coerenza del punto di vista, il tipo di linguaggio, la coerenza interna, la semplicità di lettura: tutti dati oggettivi che non hanno nulla a che fare con i gusti dei lettori. Se non ci sono, il romanzo può anche piacere, di pancia, ma resta scritto male. A me piace la minestra poco salata: questo non significa che sia un piatto da ristorante a 5 stelle.
Come dice Clio in realtà non è proprio così, il discorso “tanto è fantasy” è stato affrontato innumerevoli volte su Gamberi ed anche qui, con una semplice ricerca potrai trovare tutto ciò che ti serve. ^^;
Enrico:
Meno di quanto possa sembrare: per trovare seriamente refusi, bisogna conoscere la lingua (e non a livello scolastico, con i banali “Prima di una E non si mette la virgola!”) ed essere abituati. Non è strano che un lettore medio magari non ne noti, mentre uno abituato ne trovi molti.
Anche buchi di trama e simili, non è detto che basti saper leggere per trovarli; esempio a caso: magari si è talmente presi nella storia che un buco di trama sfugge; è possibile. In Double ce n’è uno talmente grosso che di fatto rende assurdo l’intero film, eppure mentre lo vedevo non ci avevo fatto caso.
Quelle che Gerrold chiamava “le domande della porta del frigo” :D
Peraltro, tornando agli errori di storia o di tecnica militare o che altro, spesso sono riconoscibili anche da persone che hanno semplicemente trattato l’argomento al liceo (o nemmeno quello): basta farci attenzione.
@Enrico:
LOL ^____^
Senti che bella idea: se proprio non sai cosa fare nella vita (immagino che sia proprio così) potresti andare a rinfacciare scopiazzature a tutti quelli che hanno scritto di elfi, vampiri (compreso Cavatore), nani, zombie, alieni, androidi e compagnia bella. No, a parte gli scherzi, il fatto che Marstenheim sia nato nella prima stesura come fanfiction di Warhammer non è mai stato un mistero per nessuno (tranne quelli con la testa ficcata nel culo 24/7). Poi se hai capito che Gya e Madkeen sono fatte così: gente bassa con capelli rasati tinti d’arancio e tatuaggi blu smetti pure di leggere: il mio è un libro che va bene per lettori che vanno da un livello semi-ritardato in su. No dai, probabilmente sei solo un troll, uno di quelli che partono in sordina e poi vanno avanti a rilanciare con cazzate sempre più grosse.
Come era ovvio ormai a tutti, il nuovo commentatore Enrico era un poorly disguised Troll che aspettava solo di iniziare la sua opera demenziale. Dopo che è stato denunciato (Tell), ha MOSTRATO di essere un troll con un commento da fiera del mongolino d’oro che è finito nel luogo designato all’immondizia dei troll, ovvero è stato cestinato senza approvazione.
Se non rispetti le regole per l’approvazione dei commenti, non aspettarti che i commenti vengano approvati.
Gli assegno il Nobel al “non aver capito nulla di Show e Tell”, visto che pensava che confermando tutto con il proprio Show allora stesse constrastando il Tell di Angra.
Ci vuole più tempo per costruire il “troll camuffato”, non ci si brucia così, dai… altri in altri siti sono stati molto più pazienti di te. Ritenta ancora, sarai più fortunato.
Clio:
Mi manca.
E’ in “Worlds of wonder”, mi pare.
Vedi un film, ti piace, esci contento dal cinema, vai a cena. Dopo un pochino vai a dormire, ma ti svegli nella notte: hai sete. Così scendi in cucina, apri il frigo per prendere il latte e…
Wait a sec! Se il personaggio poteva fare quello che ha fatto alla fine, perché non lo ha fatto da subito?!
Le domande della porta del frigo ^_^
C’è anche un articolo che ne parla su tvtropes.
Gioisci Duca, tutto sta per cambiare
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/07/dallamore-alla-politica-federico-moccia-candidato-sindaco-rosello/203028/
Finalmente la kultura al potere ^_^
Ri-gioisci Duca. Sta per uscire un nuovo incredibile romanzo dei Wu-Minkia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/10/ming-nuovo-libro-robespierre-1789-urgente-parlare-rivoluzione/203306/
Rieccomi in carreggiata dopo aver chiuso i conti con Telecom ed averli aperti con Tiscali.
Prendo spunto da qui e cito:
Tratto da: Lupo Alberto “Ma è vita questa?” I classici del fumetto di Repubblica, serie oro.
Déjà vu? Il neretto l’ho aggiunto io.
Mi piacerebbe anche replicare al discorso su quanto sia politicamente scorretto dare dell’ignorante a qualcuno, ma sono son di fretta in quanto stasera ho appuntamento con il mio gruppo di preghiera. Son dei ragazzi simpatici, indossano dei cappucci bianchi e hanno il logo special KKK. ^_^ Pertanto vi lascio un video retard e sparisco.
PS: Ottimo articolo!
Sembrerà strano, ma mi incuriosisce.
Mi piacciono i romanzi storici; mi piace la rivoluzione francese; mi piace Robespierre; NON mi piacciono loro e NON mi piacciono le loro opinioni (come ogni buon komunista, mi vengono le piaghe ogni volta che sento qualcuno parlare di riformismo in chiave positiva), ma non ho mai letto i loro libri, quindi posso anche pensare che questo potrebbe essere bello^^’
Mi introduco a discussione già iniziata. Chiedo perdono.
Le regole in narrativa permettono di capire cosa non va nel libro. Un libro può essere molto coinvolgente anche se è scritto tutto in raccontato, o con un POV ballerino.
La bravura dell’autore determina il risultato: la tecnica però gli evita di passare anni ed anni di pratica per poi riscoprire quello che autori migliori di lui hanno già scoperto.
Quindi per un autore la tecnica è fondamentale, soprattutto se le regole le vuole infrangere (ne parla anche Gamberetta nei suoi Manuali).
Il lettore leggero non nota consciamente gli errori, ma se il libro ha una tecnica scarsa è difficile che gli piaccia. Se il libro cacaro invece gli piace tantissimo, non è per la tecnica o l’attenzione filologica.
Qui si entra nel campo del gusto: c’è a chi piacciono gli elfi, chi gli alieni, chi gli zombie, chi adora personaggi insipidi e scialbi. Sono i dettagli spesso ad attrarre il lettore, magari dettagli che l’autore non ricorda nemmeno.
Ma il pubblico andrebbe educato. Se lo standard delle opere che finiscono ai lettori deboli migliora, è più facile che aumenti il loro interesse e che crescano i lettori medi e forti. Una volta cresciuto lo standard, libri nettamente inferiori verrebbero cassati brutalmente.
Trattare il consumatore con rispetto e cercare di educarlo costa più fatica e rende meno, quindi non conviene al grande produttore. Neanche a lungo termine.
Conviene al piccolo produttore che lavora in proprio, se lavora in un mercato frammentario, dove la qualità è essenziale per prevalere perché non ha grandi mezzi di promozione.
Che è poi quello che speriamo succeda nell’editoria: quando anche i lettori deboli passeranno agli eBook il livello calerà brutalmente, ma è un campo che secondo me migliorerà molto di più rispetto per esempio alla musica (che infatti è stata colonizzata dalla Apple…).
PS: per chi si lamenta di plotholes, incoerenza generale della storia, mancanza di ricostruzione storica ecc.ecc., si tratta di un modo di fare che nasce dalle teorie del cinema americano dalla New Hollywood in poi.
Per loro la storia deve avere un ritmo forte e una grande carica emotiva istante per istante: questi fattori dovrebbero far scattare la sospensione d’incredulità, così lo spettatore/lettore si fa trascinare dalla valanga di eventi.
Un prodotto del genere scorre perfettamente e ha un forte impatto sul pubblico (che in America è molto più ignorante che da noi), ma non ha senso vederlo più di una volta. D’altro canto i film guadagnano molto più in sala che al botteghino.
Questa teoria della coerenza emotiva (e non narrativa) è arrivata anche alla scrittura… una delle influenze più dannose.
Quindi spesso non si tratta di sciatteria degli autori: è che sono cresciuti pensando che fosse una parte dell’opera da curare diversamente.
Caro Duca baionettaro,
condivido più o meno tutto di quanto hai scritto ma…
hai dimenticato una variabile: gli autori sono disposti a migliorare e a farsi stroncare nel caso?
Secondo me NO, vedendo discussioni varie su Anobii con autori nostrani.
Con la tua agenzia dovresti avere il polso della situazione più di me.
Duca, ho scovato una perla che voglio consigliarti di leggere:
http://www.fuorilemura.com/2011/12/05/il-libro-dei-libri/
So che un consiglio letterario da Alberello è pari al consiglio che può dare Hitler sulla pittura, ma mi sto spanciando dalle risate nel leggerlo.
Secondo me il migliore della raccolta resta questo. Impagabile.
Direi che sono stato troppo ottimista ipotizzando, nel 2012:
Cambiamo le prime due date, visto il proliferare di opere atroci che non crollano mai, unito però a un crescente fastidio verso i pessimi autopubblicati (spesso presente negli autopubblicati stessi) a 2017-2018 e la terza data a 2019 per lo “spero”, e a “MAI” se passiamo a una maggiore concretezza.