Nell’articolo sul telefonino di primo Novecento si vedevano due ragazze effettuare una chiamata per chiedere di ascoltare della musica. Non collegandosi a un broadcast radiofonico, ma chiedendo uno specifico disco a una centralinista.
Musica in streaming. Ora è una cosa normale, ma all’epoca no: non c’era nemmeno il telefonino, figurarsi usarlo per ascoltare musica! Ma l’idea di ascoltare musica via telefono, trasmessa da una “radio via cavo” o scelta dal cliente, a quando risale?
Dedico quest’articolo a una carrellata di servizi e tecnologie del Lungo XIX Secolo per l’intrattenimento via cavo, ormai ricordati solo dagli appassionati, e alla fantascienza profetica di Albert Robida sul mondo delle telecomunicazioni.
L’opera di Robida da cui traggo le citazioni per questo articolo, tradotte da me in italiano, è Le Vingtième Siècle del 1883 che ho letto nella prima edizione in lingua inglese (The Twentieth Century, 2004). Per chi mastica il francese la prima edizione è disponibile su Wikisource (quella americana contiene il “best of” della grafica delle varie edizioni francesi, a detta dei curatori).
La primissima edizione di lusso venne pubblicata per il Natale del 1882 al doppio del prezzo dei volumi rilegati di Verne. Le vendite andarono benissimo. Solo dopo venne riproposta a fascicoli e raccolta in nuove edizioni più economiche, per cui spesso si indica il 1883 come data dell’opera, riferendosi all’uscita delle prime versioni economiche.
Il telefonografo
Vivavoce, citofono…
Fin dal primo capitolo Robida ci presenta una meraviglia delle comunicazioni del “futuro” Ventesimo Secolo, il telefonografo: un apparecchio multiuso per ascoltare e parlare senza bisogno di un cornetta. Vivavoce. Prima applicazione pratica presentata? Il citofono! Gran parte dell’ingegno di Robida non sta nelle invenzioni in sé, ma nel modo in cui intuisce che verranno sfruttate.
Robida non ha scritto un romanzo scientifico, non si è concentrato sulla tecnologia: ha fatto fantascienza, concentrandosi sugli effetti della tecnologia. Cosa farebbe la gente se possedesse una certa tecnologia? Come la sfrutterebbe? Queste sono le domande attorno a cui ruota l’opera di Robida.
Una nota prima della lettura:
I brani sul telefonografo vengono dal primo capitolo de Il Ventesimo Secolo. Le due figlie del signor Ponto, Barbe e Barnabette, assieme alla cugina adottata Hélène Colobry, tornano alla casa del padre dopo molti anni di collegio in un posto sperduto, lontano dal boom tecnologico del decennio passato. Hélène in particolare ha sempre avuto la testa tra le nuvole e non sa nulla del mondo fuori dal collegio, dove nemmeno si impegnava troppo negli studi. Sfortunatamente non diventa una scrittrice fantasy italiana, ma le premesse sono quelle giuste. Nel primo capitolo la voce del Narratore domina la scena, per spiegare le prime meraviglie del futuro che perfino quella tontolona di Hélène conosce, e si concentra sul suo Punto di Vista solo dal capitolo 3 dopo aver fatto capire al lettore nel capitolo 2 che è lei la protagonista dell’opera.
Brano:
[…] un bellissimo giardino proteggeva la villa dei Ponto con un denso muro verde di vegetazione.
Appena misero piede nel giardino, le due ragazze Ponto si stupirono che né il padre né la madre fossero lì a dar loro il benvenuto. Barbe si incamminò fino al telefonografo installato in uno dei pilastri del cancello e si annunciò come un ordinario visitatore.
“Hélène, Barbe e Barnabette!”[Il custode risponde e apre il cancello. Le tre ragazze attraversano il giardino, entrano in casa e scoprono che il signor Ponto non è ancora tornato, ma il custode ha telefonato alla Borsa Valori e bisogna aspettare che richiami. Il telefonografo all’ingresso sta squillando proprio in quel momento.]
In tutte le case dei quartieri più ricchi, un pannello di controllo posto all’ingresso contiene il telefonografo, un utile strumento che combina il telefono e il fonografo. Diversamente dal telefono, non c’è bisogno di reggere in mano il ricevitore o di parlare accostando la bocca al microfono; basta solo stare vicino all’apparato e parlare normalmente. Un’apertura metallica, che funziona da ricevitore e da microfono, trasmette la voce con precisione perfetta.
[Segue chiamata del signor Ponto che dice di esser stato trattenuto in Borsa perché il mercato azionario quel giorno è particolarmente burrascoso, con tutti i titoli al ribasso. La telefonata viene ricevuta sfruttando il vivavoce dell’apparecchio.]
Ora un breve excursus sui citofoni d’epoca.
Già nella prima metà dell’Ottocento esistevano citofoni acustici nei palazzi signorili, condotti di metallo o pietra dentro le pareti che trasportavano il suono come avviene con i tubi acustici installati nella navi, e dagli anni 1870 esisteva il telefono: “perché non unire le due cose?”, si domanda Robida. Applicazione pratica, utile e di conseguenza di successo come tante altre idee più o meno profetiche di Robida.
Casa Sola-Busca, palazzo in via Serbelloni a Milano. È chiamata “la cà de l’orèggia” per via dell’orecchio che spunta accanto all’ingresso. L’orecchio è opera di Adolfo Wildt, realizzato nel 1919 per decorare il citofono (acustico, secondo la wikipedia italiana) del palazzo.
I primi citofoni elettrici, a quanto ho capito frugando qua e là, risalgono agli anni 1890. Venivano sponsorizzati come mezzi per comunicare all’interno di un edificio, da un ufficio all’altro (linea telefonica interna, interfono), più che come citofoni da collocare all’ingresso. Il vantaggio principale era l’assenza di una centralinista: il collegamento lo si poteva fare da soli, premendo un tasto sull’apparecchio per scegliere la linea.
Il Metaphone della Electric Utilities nel 1905 veniva pubblicizzato così:
Ti piacerebbe allungare semplicemente la mano, alzare un piccolo dispositivo ed essere in comunicazione istantanea [con qualcuno della tua azienda]? Il Metaphone ti permette di farlo. È un trasmettitore e un ricevitore montati agli estremi opposti di una piccola maniglia di metallo. Richiede solo la corrente necessaria per suonare un campanello elettrico.
Gli apparecchi potevano essere collegati in un network, in modo che qualsiasi coppia potesse comunicare senza affidarsi a un centralino telefonico unico, oppure radialmente, in tal caso solo la postazione centrale poteva comunicare con le altre.
Andavano a sostituire sistemi di telefonia acustica a tubi molto più ingombranti, come quello che si vede in questa foto di un ufficio del 1903 tratta da Office Museum. Notate i quattro tubi di gomma appesi alla scrivania a sinistra (che poi diventano tubi rigidi dentro le pareti, immagino), la doppia illuminazione elettrica e a kerosene e la pressa copialettere.
Alcuni sistemi, come il Dictograph della General Acoustic del 1907, erano sviluppati già con l’idea che la postazione centrale (Master) comunicasse in modo privilegiato con le postazioni secondarie (Sub-Station): nel caso del Dictograph si comunicava con la stenografa (o con un altro sottoposto, bastava selezionarlo con la levetta corrispondente), dettando dalla propria scrivania ed evitando la scomodità di doverla convocare in ufficio. Immagine d’epoca del dispositivo in funzione.
Veniva sponsorizzato e venduto ancora negli anni 1940. Potete immaginare il direttore che sta coi pantaloni calati a trastullarsi, magari con una stagista minorenne, mentre detta la lettera alla segretaria nella stanza accanto (“Signor Direttore, devo cancellare lo ‘sbo-ooo-orro’ di venti secondi fa?” — “Grazie, meglio di sì. Signorina Colobry, può andare. La sputacchiera è accanto alla porta. Ecco, brava… Bene, riprendiamo la lettera.”).
Interfono Kellogg (1894) – Interfono DeVeau (1899-1905) – Metaphone della Electric Utilities (1905) – Interfono Lennox della Electric Goods (1910) – Schema del Dictograph (1907) – Postazione Master del Dictograph (1940).
Si dice che quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. In realtà anche il saggio è uno sciocco se guarda con il solo ausilio dei propri occhi. Se il saggio indica la luna, Robida tira fuori il cannocchiale per guardarla meglio di lui. Questa è la mentalità che traspare dall’opera di Robida: la tecnologia non è lì perché sì, a far bella mostra di sé come “stranezza da ricchi”, ma esiste allo scopo di diffondersi in massa per rendere più comoda (o semplicemente diversa) la vita di tutti. E da un cambiamento tecnologico può venire una catena di cambiamenti sociali, come vedremo col telefonoscopio.
Così Robida immagina il citofono telefonico quando ancora non esisteva in questa versione. In più vi ricordo che quando Robida ha scritto questo romanzo, nel 1882, il telefono aveva iniziato a diffondersi solo da quattro o cinque anni al massimo (1877-1878).
Ma anticipare il futuro di pochi anni è troppo poco per Robida, infatti intuisce che il citofono da installare all’ingresso dei palazzi per avere successo deve essere privo dello scomodo ricevitore da portare all’orecchio. Due più due ed ecco che Robida immagina il telefono col vivavoce.
Ma figurarsi se gli poteva bastare così poco: il telefonografo è telefono col vivavoce, citofono…
… e segreteria telefonica!
Ma il telefonografo non si limita alle telefonate: è anche capace anche di registrare messaggi come una segreteria telefonica.
[Poco dopo la scena riportata prima. Il signor Ponto è appena tornato a casa e le figlie chiedono dove si trovi la signora Ponto.]
Il banchiere suonò un campanello; un servitore apparve nella stanza.
“Il fono della signora Ponto!” ordinò il banchiere.
Il servitore fece un inchino e tornò poco dopo con l’apparato richiesto.
“Quando la signora Ponto va fuori,” disse il banchiere, “non si scorda mai di lasciare fono-istruzioni su dove andrà. Molto comodo!”
Raphaël Ponto toccò il quadrante del telefonografo.
“Ricordati di sostituire i fiori nel salotto,” disse il telefonografo.
“Questa è la voce della mamma,” esclamò Barnabette, “è sempre la stessa…”
“Vai ai grandi magazzini Trocadéro per i campioni di raso Régence e per le tagliatelle da Colmar… Cambia l’acqua nell’acquario… Tornerò per le undici.”
“Ah!” esclamarono Barbe e Barnabette.
“Pranzerò al Caffè Inglese con alcune amiche politiche.”
Il telefonografo si interruppe.
Una piccola nota: nella versione inglese precisano “telefonografo”, mentre nella versione francese che ho controllato in questo pezzo lasciano sempre “fonografo” (phonographe al posto di téléphonographe). Il tipo di apparecchio dovrebbe essere lo stesso, anche se in questo caso in un modello personale di dimensioni ridotte al posto del grosso modello centrale del vestibolo che fa da centralina per gli apparecchi sparsi in casa.
I curatori hanno preferito usare il nome esteso, probabilmente basandosi su altre edizioni dell’opera o su note d’epoca, per far capire che la capacità di registrare i messaggi l’ha anche il primo telefonografo. Robida credo che suggerisca, dividendo il nome e permettendo un rapido trasporto da una camera all’altra, che la componente di fonografo sia separabile dal resto del telefonografo, per funzionare come messaggeria (e forse anche come registratore?) senza bisogno di rimanere vincolata ai cavi telefonici.
Robida mostra un’applicazione in cui il messaggio registrato è stato lasciato dalla signora Ponto prima di uscire di casa, ma visto che il telefonografo può ricevere chiamate non è da escludere l’ovvia applicazione ulteriore: registrare una chiamata fatta da un altro telefono/telefonografo. Mancano ancora le videochiamate? Per quelle c’è il telefonoscopio.
Il Telefonoscopio
Il telefonoscopio è uno degli elementi caratteristici del futuro (ormai passato/presente) mondo dei media immaginato da Robida. Riporto il brano che lo presenta, tratto dal capitolo cinque della prima parte del romanzo.
Da notare che Robida fa uso del Narratore per spiegare le cose solo quando si tratta di tecnologie nuove e meravigliose, fantascientifiche, e non lo usa come regola di scrittura generale. Trattandosi di un’opera che non basa la propria forza sulla storia, ma usa le vicende di Hélène solo come scusa per presentare al pubblico del 1883 le meraviglie degli anni 1950, la cosa ha perfettamente senso: il protagonista è l’ambientazione, non la ragazza. Hélène fornisce il punto di vista per evitare, ogni qual volta sia possibile, di usare il Narratore e per rendere più immediato e godibile il resoconto.
Molte meraviglie e molti cambiamenti della società sono presentati tramite scene “qui e ora” con protagonista Hélène, non come infodump del Narratore. E sono spesso scene divertenti, come quella in cui Hélène visita il carcere di minima sicurezza (parte prima, capitolo dodici) in cui il direttore è convinto che i criminali vadano educati con la gentilezza, non puniti. Mentre il direttore loda gli enormi successi della nuova visione moderna delle carceri, i galeotti prima rubano a Hélène il portamonete e poi, con la scusa di chiederle i fiammiferi, le fregano pure l’orologio.
In generale Robida nel Ventesimo Secolo scrive molto meglio di Verne e non si sogna di fare orrende liste della spesa come le fa Verne quando presenta tutti gli osservatori astronomici nell’incipit di Robur il Conquistatore (candidato per il più brutto incipit della storia?).
Torniamo al telefonoscopio. Di Robida e delle sue intuizioni profetiche in molti campi diversi da quello dei media (politica, costumi, economia) parlerò in futuro.
Tra le molte invenzioni sublimi di cui il ventesimo secolo può vantarsi, tra le mille-e-una meraviglie di un’era così fertile di straordinarie scoperte, il telefonoscopio spicca come la più impressionante, l’apice della gloria dei nostri scienziati.
Il vecchio telegrafo elettrico — quella primitiva applicazione dell’elettricità — è stato rimpiazzato dal telefono e poi il telefono è stato rimpiazzato dal suo più alto perfezionamento, il telefonoscopio. Il vecchio telegrafo permetteva di comunicare a distanza con un interlocutore. Il telefono permise di sentirlo. Il telefonoscopio superò entrambi rendendo possibile anche vederlo. Che si può volere di più?
Quando il telefono venne universalmente adottato, anche per comunicazioni su lunghe distanze, tutti si abbonarono per un prezzo simbolico. Ogni casa era dotata di cavi che si snodavano verso gli uffici locali e regionali. Così, a basso prezzo, si poteva comunicare in qualsiasi ora del giorno, a qualsiasi distanza, stando comodamente in poltrona e senza bisogno di correre in un ufficio. La compagnia telefonica locale stabiliva la connessione ed era fatto: uno poteva chiacchierare a piacimento. Ben diverso dal vecchio telegrafo con la spesa legata al numero delle parole.
Così il pubblico accolse con entusiasmo l’invenzione del telefonoscopio. Gli abbonati che ordinavano il nuovo servizio potevano avere l’apparato installato sui loro telefoni per un canone mensile extra.[Salto la parte sui teatri. Ci torno dopo.]
L’apparecchio consiste di un semplice schermo di cristallo, posto contro il muro o appeso sopra il caminetto come uno specchio.
Nota sul “basso prezzo” e sul poter comunicare “a piacimento”: il telefono stava iniziando ad apparire in Europa (il primo abbonato italiano fu nel 1881) e per questo il paragone di Robida è con il telegrafo, molto più costoso e con il prezzo legato al numero di parole usate che costringeva chi non aveva molto denaro a ridurre al minimo la lunghezza dei messaggi. In più andavano inviati recandosi in appositi uffici, non da casa, con lentezze e fastidi che lo rendevano incredibilmente inferiore al telefono come capacità di cambiare le abitudini di comunicazione delle persone.
Robida loda i molti pregi del telefono e il modo in cui prevedeva che avrebbe cambiato il mondo, prima di introdurre la sua futuristica evoluzione.
Notate anche quando parla degli “abbonamenti mensili”!
Robida aveva già capito che l’abbonamento flat è preferibile rispetto a quello a tempo. Ed è la direzione che a fatica si sta prendendo, prima con internet e poi con il fatto che Skype è un brutto palo nel culo per le compagnie telefoniche abituate ai “minuti” ora che ci sono gli smartphone (e infatti talvolta lo castrano). Idem la televisione non si paga al minuto, ma col canone (schifo) e con abbonamenti flat in base all’offerta scelta per i canali a pagamento (come nel caso del telefonoscopio). E i canali a pagamento sfruttano, con l’aggiunta del decoder, l’apparato di antenne e cavi già presente.
Idem la connessione internet via ADSL aggiunge solo un filtro e un modem all’impianto telefonico pre-esistente. Allo stesso modo il telefonoscopio, con l’aggiunta dello schermo apposito, sfrutta i cavi del telefono. D’altronde, questa è l’intuizione di Robida, non si devono tirare migliaia di chilometri di cavi nuovi ogni volta che appare una tecnologia diversa, se si può evitare!
Tutto questo Robida lo aveva già capito nel 1882.
E non era una cosa banale, perché il suo mondo ragionava coi pagamenti al minuto (lo vedremo dopo con l’ispirazione storica del telefonoscopio). Pure Dick al tempo di Ubik, oltre 80 anni dopo, ancora immaginava un mondo di servizi a tempo da pagare con le monetine, come se tutto il mondo fosse diventato una camera di motel di certi film americani. Ma d’altronde Robida è Robida mentre Dick è soltanto Dick, ovvero meno di uno sputo del più grande profeta della fantascienza mai apparso.
Robida tra le molte cose, per fare un esempio, ha previsto il collasso finanziario dell’economia USA e il fatto che la Cina avrebbe detenuto una notevole fetta del suo debito pubblico. Comunque la previsione della Cina che si compra fette del mondo va mischiata con altri eventi reali avvenuti: la bancarotta Argentina di pochi anni fa, la penetrazione cinese nei porti e nelle aziende statunitensi e perfino in Africa ecc…
Molto meglio di Dick o di Verne. Non c’è nemmeno da fare il paragone.
Il telefonoscopio come televisione!
Ma a parte telefonare che altro si fa col telefonoscopio?
Se può trasmettere immagini evidentemente potrà trasmettere anche spettacoli.
Il teatro beneficiò immensamente dell’arrivo del telefonoscopio. Le trasmissioni teatrali via telefono, già prima in voga, in poco tempo imperversarono perché gli ascoltatori potevano vedere gli spettacoli oltre che sentirli.
In aggiunta ai guadagni portati dai frequentatori dei teatri, gli incassi crebbero in modo spettacolare con l’arrivo degli spettatori casalinghi, collegati al teatro tramite i cavi del telefonoscopio. Niente più tetti ai guadagni, nessun limite al numero di posti da vendere. Uno spettacolo di successo, oltre ai tre o quattromila spettatori seduti a teatro, poteva contare fino a cinquantamila abbonati che lo guardavano seduti a casa propria. E non solo da Parigi, abbonati da tutto il mondo.
Robida non sta solo parlando di un sistema simile alla televisione (permette anche di regolare l’audio a piacimento con una manopola, lo dice il signor Ponto), sta parlando di qualcos’altro. Notate il “da tutto il mondo”.
Fondata nel 1945, la Compagnia Universale del Telefonoscopio Teatrale ora può contare seicentomila abbonati in tutte le parti del mondo. Questa corporazione ha centralizzato la rete via cavo e paga sovvenzioni ai teatri affiliati.
Una sola azienda che vende contenuti di intrattenimento in tutto il mondo. Non è ciò che proprio nei giorni scorsi si diceva che Amazon potrebbe voler ottenere in futuro, iniziando con il primo passo del Kindle Fire, un oggetto fin da subito definito come piattaforma per l’intrattenimento e mai come tablet?
In una ipotesi molto fosca del futuro, tutti i libri (e i film, morta Netflix ecc.) saranno venduti da Amazon e andranno letti coi formati proprietari che vorrà lei. Nel futuro immaginato da Robida tutti gli spettacoli teatrali sono trasmessi dalla compagnia del telefonoscopio: il teatro che vuole trasmettere deve rivolgersi a loro (immaginate pure che ci sia l’esclusiva sulle trasmissioni) e chi vuole vedere spettacoli a casa deve abbonarsi con loro.
Robida più passa il tempo e più diventa attuale. D’altronde Robida conosceva il capitalismo, si occupava di satira politica, e sapeva che il passaggio da molte aziende medie a poche grandi aziende che le assimilano è normale a livello nazionale. Ma cosa succede quando tutto il mondo diventa accessibile grazie alla rapidità dei trasporti e delle comunicazioni, proprio come se fosse un singolo stato globale? Da poche grandi aziende nazionali si passa a poche grandi aziende multinazionali, sul lungo periodo.
Qualcuno può dire che Robida abbia sbagliato la sua previsione del 1882, andando a vedere come tutti i grandi marchi si accentrino in pochi possessori nel 2011? Senza contare le sue previsioni sul potere della finanza nel futuro, tanto grande da superare quello della politica che tiene al guinzaglio. Immagino che negli ultimi cinque anni pochi possano dare torto a Robida.
Molte sue previsioni si sono avverate proprio in questi ultimi anni, dal 2001 a oggi. Altre attendono di potersi avverare, alcune forse molto in là nel futuro: la creazione di una nuova isola-continente, trasformata in una nazione indipendente governata dalla più grande banca del pianeta (o l’altro esempio più comico sull’Italia trasformata in un parco turistico, sotto il controllo della banca del signor Ponto). Il potere della finanza al suo apice, la Corporazione che diviene Nazione. Come in Mutant Chronicles o nelle visioni pessimistiche del Cyberpunk.
Notare poi che Robida parla di un abbonamento mensile, ma per i gestori dei teatri è importante che gli spettacoli abbiano più spettatori possibili per guadagnare. Non ricorda quei sistemi con abbonamento per gli eBook di cui si parlava poco tempo fa (l’estensione di Amazon Prime agli eBook e la sua concorrenza a Netflix?), e di cui aveva parlato Cavallero di Mondadori a EbookLab Italia lanciando l’idea dell’editore/negozio che diventa un bibliotecario di contenuti? Non si paga la “copia” dell’opera, ma l’accesso alle opere. Poi in qualche modo gli autori verranno ricompensati, si immagina anche in base a quanto le loro opere vengano scelte dagli abbonati.
Sul modello della biblioteca del futuro in cui non si paga l’eBook all’editore per avere la possibilità di fare TOT prestiti, ridicolo (è ciò che volevano imporre negli USA all’inizio del 2011, forzare i limiti di uso del delicato paperback, che dopo un po’ di prestiti si rovina e va buttato, all’ebook), ma si paga invece una certa cifra (bassa) all’editore per ogni prestito effettuato.
Leggi l’opinione di Antonio Tombolini, tratta da ebooktrendweekley n.5:
Il vero problema è un altro: che senso ha che le biblioteche debbano continuare, per quanto riguarda gli ebook, a comprarli per tenerli sul loro scaffale virtuale in attesa di richieste? Non sarebbe più corretto far pagare alle biblioteche – da parte degli editori – una cifra fissa ad ogni atto di prestito, una sorta di pay-per-read? Ogni biblioteca infatti potrebbe comunque esporre tutti gli ebook esistenti e resi disponibili dagli editori, con tutti i loro metadati, senza necessità di comprarli, evitando così gli inevitabili sprechi derivanti dall’acquisto di titoli che nessuno chiederà mai. Inoltre la biblioteca potrà sempre evadere qualsiasi richiesta: se l’utente richiede un ebook già dato in prestito ad un altro utente, non dovrà che attivare una seconda licenza (pay-per-read) sullo stesso titolo, rendendolo disponibile anche per il secondo utente. Insomma, un catalogo completo, tutti gli ebook sempre disponibile per tutti e niente soldi sprecati nell’acquisto di titoli che nessuno chiederà mai: non sarebbe questo il modello più efficiente, quello che consentirebbe di cogliere davvero i vantaggi del digitale rispetto al mondo dei libri di carta?
La pubblicità nel Ventesimo Secolo
Ulteriore forma di guadagno per gli spettacoli è la pubblicità, ovviamente. Gli spettacoli vengono modificati, adattati, “stuprati” e ridotti a porcate pur di ottenere più spettatori e vendere spazi pubblicitari. In più nel futuro visto da Robida c’è sempre una scusa per infilare dentro della pubblicità “occulta” che è fin troppo visibile. Senza contare la pubblicità tradizionale: oltre a cartelloni che volano nel cielo, sulle fiancate delle aeronavi (stile dirigibile pubblicitario, solo che le aeronavi sono il principale mezzo di trasporto per cui il bombardamento pubblicitario è massiccio), ci sono pure enormi pubblicità sui lati dei palazzi.
E perfino maxi-schermi, alla Blade Runner. Il Ventesimo Secolo di Robida è un mondo dominato dal denaro e dalla pubblicità, dove gli ideali si sono ridotti a riti svuotati di senso: perfino le elezioni si fanno con una rivolta farsa, a metà tra la guerriglia urbana e la festa, organizzata con l’aiuto del governo uscente ogni dieci anni. E pure i libri, come vedremo nell’ultima sezione dell’articolo.
Videochiamate, acquisti online e università…
Il principale impiego del telefonoscopio rimane quello delle videochiamate. La videochiamata non ha preso piede da noi, nonostante le massicce campagne per lanciarla anni fa, perché spesso non si vuole o non si può farsi vedere dall’altro interlocutore. Anche Robida intuisce che la videochiamata, per quanto importante per chi conduce una relazione a distanza, non avrebbe sostituito di colpo il vecchio telefono (telefonografo, anzi) come invece gli esperti di marketing di 120 anni dopo pensavano (ma perché si paga gente il cui principale pregio è l’ignoranza?).
La rassicurante certezza di poter chiamare la propria moglie mentre l’ufficio è invaso da prostitute cinesi per allietare un importante cliente e dire “Sono al lavoro, c’è riunione fino a tardi!”, non ha prezzo. Essendo Robida un genio delle intuizioni pratiche, aveva già inventato la gag della webcam rimasta accesa con oltre un secolo d’anticipo:
Se migliaia di persone possono collegarsi allo stesso telefonoscopio ricevente, quello che trasmette lo spettacolo nel teatro, allora possono collegarsi anche a un’aula per seguire le lezioni. Robida avrà pensato alla possibilità di corsi online? Ovviamente sì e dedica un’illustrazione all’argomento in La Vie Electrique del 1890, terzo volume della trilogia di Robida sul Ventesimo Secolo.
E se si possono seguire le lezioni, parlare con gli amici ecc… magari ci si può anche collegare ai negozi che vendono per posta. Ovviamente sì, anche se Robida non lo considera il principale tipo di commercio, avendo intuito l’importanza sociale e psicologica del poter vagare in un centro commerciale dal vivo, guardando la merce, toccandola, provandola.
Il più grande centro commerciale francese immaginato da Robida, il Trocadéro, ha 800 gallerie divise su 15 piani, di cui 4 sotterranei, serviti da ascensori, con 15.000 dipendenti e un servizio completo che affianca ai negozi anche un hotel e ristoranti sia di cucina europea che etnici.
Comunque, come detto, si può comprare online. Le merci viaggiano per tutta Parigi in una rete sotterranea di tubi atmosferici, per ridurre il traffico su strada altrimenti ingestibile. Quella della rete di tubi impiegata al di fuori dell’ambito del trasporto di piccoli oggetti non è semplice fantasia: tuttora esistono aziende che cercano di portare avanti progetti simili (e qui il mio articolo sulla posta pneumatica).
Robida più che anticipare Amazon, il grande aggregatore di prodotti, comprese l’importanza delle vendite a distanza che proprio in quegli anni stavano iniziando a prendere piede negli USA. Sears, Roebuck and Company pubblicò il suo primo catalogo per la vendita via posta nel 1888 e in pochi anni ebbe un successo straordinario: nel 1895 il catalogo era di 532 pagine e le vendite ammontarono a 750.000 dollari. Vendeva di tutto, dal mobilio alle armi da fuoco.
Gli unici precedenti di rilievo furono Montgomery Ward, che vendeva merci con forti sconti fin dal 1872 (avendo tolto l’intermediazione del negozio al dettaglio), e Hammacher Schlemmer che vendeva solo ferramenta e componenti meccaniche e stampò il primo catalogo nel 1881. Montgomery Ward esiste ancora: nel 2001 è andato in bancarotta, sconfitto dalla concorrenza di altre catene, ma nel 2004 è riapparso e fa solo vendite via internet. Anche Hammacher Schlemmer esiste ancora e pure Sears (oltre 22 miliardi di dollari di fatturato nel 2010).
Il ventesimo secolo in gran parte è vissuto a sbafo sulla grandezza e sulle idee del Lungo XIX Secolo, relatività di Einstein inclusa, con pochissimo di davvero innovativo (forse solo la meccanica quantistica, dal 1925, anche se Max Planck si occupava già della Teoria dei Quanti nel 1901 e ricevette il Nobel nel 1918). Nemmeno internet è davvero innovativo: le sue radici vengono dal mondo connesso da telegrafi precedente. Una evoluzione, non un cambio di paradigma come passare da un mondo isolato, “medioevale”, a un mondo in cui le notizie corrono da un continente all’altro in poche ore (talvolta con effetti disastrosi, come le grandi carestie degli anni 1870-1900). Lunga vita all’Ottocento, il secolo che ha creato il mondo a immagine e somiglianza della perfida Albione, una nazione di bottegai.
E perfino i telegiornali!
Infine il telefonoscopio e il telefonografo possono ricevere notizie sotto forma di fonogiornali e telegiornali. Il fonogiornale può essere ricevuto su specifici telefoni/telefonografi, richiedendo di ricevere degli squilli di avviso per gli argomenti di maggiore interesse o per le notizie più importanti.
Hélène durante la prima notte a casa del signor Ponto per ore viene perseguitata dagli squilli dell’apparecchio e da notizie di ogni sorta: dalle recensioni di spettacoli teatrali fino alle ultime notizie sulle rivoluzioni (una serie di esplosioni che dilaniano la capitale dello stato africano di Senegambia e uccidono il Re, mentre in Giappone è in corso un colpo di stato militare), con un bell’attentato contro il Tubo Asiatico Transcontinentale attraverso cui viaggiano i treni pneumatici come ciliegina sulla torta delle catastrofi mondiali.
Hélène è sconvolta dagli eventi sanguinosi che sente al fonogiornale. Tenta di spegnere l’apparecchio per poter dormire in santa pace, ma pasticciando con il pannello di controllo della camera attiva l’allarme antifurto. Il signor Ponto accorre e le spiega il modo per interrompere la ricezione delle notizie, cosa che in teoria avrebbe dovuto fare la domestica quando ha preparato la camera. E aggiunge:
Il mio telefono privato ha un filtro che fa passare solo le notizie di estrema importanza.
(Parte prima, capitolo tre)
Fin qui tutto normale. Come vedremo dopo questo servizio di fonogiornale verrà poi inventato davvero, pochi anni dopo. Robida ha in più un’altra intuizione, quella delle edizioni del fonogiornale all’ora dei pasti, per far compagnia a chi mangia approfittando di un momento di pausa dal lavoro che può essere dedicato all’informazione. Come poi è successo davvero, in particolare con l’avvento dei telegiornali.
Il signor Ponto era un abbonato di L’Époque. Il telefonografo del giornale era al centro della tavola, circondato dai piatti della cena.
[Alla fine arriva la notizia che aspettano, il primo servizio registrato da Hélène]
Il signor Ponto abbassò la forchetta per dedicare tutta la sua attenzione a questa leccornia giornalistica.
(Parte seconda, capitolo sei)
E per concludere l’applicazione ultima del telefonoscopio: maxischermi pubblici da 25 metri di diametro, accesi giorno e notte, presso la sede de L’Époque. A sinistra una pubblicità e a destra il telegiornale (che gli abbonati possono seguire dai loro schermi) con riprese dal vivo degli inviati di guerra. Quando Hélène si reca alla sede nel secondo giorno di lavoro, uno dei maxischermi sta mostrando il corrispondente di guerra nel Sahara, sdraiato nel letto da campo con attorno ufficiali e medici. Poche righe in sovraimpressione annunciano che il proiettile che lo ha colpito era avvelenato e alle tre del pomeriggio gli verrà amputato il braccio destro.
Speculare su ogni cosa. Capitalismo e giornalismo al massimo della loro gloria.
Il Teatrofono
Cosa c’è all’origine dell’idea di Robida di usare il telefonoscopio per trasmettere spettacoli teatrali? Su questo Robida si può considerare più vicino al romanzo scientifico che alla fantascienza visto che l’idea di cui parla risale proprio a quegli anni.
Nel 1881 Clément Ader presentò il théâtrophone all’Esposizione Internazionale dell’Elettricità di Parigi. Il macchinario comprendeva tre chilometri di cavi che correvano nelle fogne di Parigi per collegare i microfoni installati nell’Opéra con i telefoni predisposti all’Esposizione. L’invenzione piacque molto, ma ci volle qualche anno prima che prendesse piede a Parigi diventando un servizio accessibile al pubblico. Ecco la testimonianza di Victor Hugo (ringrazio Clio per l’aiuto con la traduzione):
Siamo andati con Alice e i due bambini all’albergo del Ministro delle Poste. Sulla soglia abbiamo incontrato Berthelot che arrivava. Siamo entrati. È molto curioso. Mettiamo dei paraorecchi che stanno agganciati al muro e sentiamo le rappresentazioni dell’Opèra, cambiamo i paraorecchi e sentiamo il Théâtre-Français, Coquelin, ecc. Cambiamo ancora e sentiamo l’Opéra-Comique.
I bambini ne erano ammaliati, e anche io. Eravamo soli con Berthelot, il ministro, suo figlio e sua figlia, che è molto graziosa.(Victor Hugo, 11 novembre 1881)
Una serie di microfoni piazzati presso il palco permetteva di ottenere un sorta di stereo binaurale (40 all’Opéra Garnier, 10 alla Comédie-Française). Il teatrofono richiedeva ben tre linee telefoniche per funzionare: una per il trasmettitore destro, una per il sinistro (immagino divise con i microfoni corrispondenti alle due porzioni del palco) e una per comunicare all’operatore a quale teatro collegarsi, visto che all’epoca c’erano ancora le centraliniste in carne e ossa.
La centralina automatica, sebbene inventata nella prima versione elettro-meccanica nel 1888 da Almon Strowger, impiegò decenni ad affermarsi: c’erano ancora centraliniste e centralinisti negli anni 1960 negli avanzatissimi USA. All’inizio il teatrofono era pensato per impiegare solo monete, per un uso in luogo pubblico, e Robida capì che così non poteva funzionare.
Nel 1890, sette anni dopo il romanzo di Robida, venne fondata la Compagnie du Théâtrophone. Permetteva di abbonarsi, installando una macchina con le linee dedicate (o più di una macchina) in casa. Forse avevano copiato Robida, visto che il romanzo aveva avuto un grande successo, o forse no. Di sicuro Robida aveva capito l’importanza dell’abbonamento flat subito: una macchina a monetine, o con pagamento al minuto in generale, non era adatta alle case dei (ricchi) privati.
La versione per uso pubblico funzionava invece con le monete. Con un franco si ottenevano 10 minuti di ascolto, con mezzo franco cinque minuti. Per dare un’idea migliore del prezzo: 1500 franchi era lo stipendio annuale medio di un abile lavoratore. In questo caso la terza linea gestiva il tempo di connessione e allo scadere cambiava automaticamente teatro: se si voleva rimanere collegati allo spettacolo richiesto, bisognava inserire altre monete prima della scadenza. Quando nessuna opera teatrale era disponibile, l’apparecchio trasmetteva musica registrata.
I teatrofoni pubblici erano installati negli hotel, nelle caffetterie, nei club e altri luoghi. Oltre a usare le monete era possibile acquistare tessere scontate. Il teatrofono includeva un servizio di fonogiornale che trasmetteva a intervalli regolari notiziari della durata di cinque minuti.
Le trasmissioni della Compagnie du Théâtrophone finirono nel 1932, quando il teatrofono cedette il posto alla radio.
Chiedo continuamente Pelléas al teatrofono […] e poi non c’è nemmeno una parola di cui mi ricordi. Le parti che amo di più sono quelle di musica senza parole […] la scena ripresa dal Fidelio in cui Pélleas esce dal sotterraneo […] ci sono alcune righe veramente impregnate della freschezza del mare e dell’odore delle rose portato dalla brezza.
(Marcel Proust, lettera a Reynaldo Hahn, 4 marzo 1911)
Cliccare per ingrandire.
Prima che in Francia il teatrofono si diffuse in altri paesi.
Nel 1884 Re Luigi I del Portogallo lo fece installare per ascoltare l’opera anche quando non poteva recarsi di persona. Nello stesso anno il teatrofono arrivò in Belgio e poi a Lisbona l’anno dopo. Nel maggio 1887 vi fa la prima trasmissione in Svezia, a Stoccolma. Il teatrofono in breve entrò anche in letteratura, tanto che Maria Louise Ramé nel romanzo The Massarenes del 1897 così descrive un personaggio femminile:
Che animale spaventosamente dispendioso era una moderna donna di mondo! Costosa come una corazzata e complicata come un teatrofono. Il più delizioso prodotto di una condizione interamente artificiosa, ma anche il più dannoso e il più esasperante per coloro che ha ridotto in rovina.
A Londra il teatrofono arrivò nel 1895, con il nome di electrophone. La compagnia operò fino al 1926, trasmettendo spettacoli teatrali, l’opera, musica varia e perfino la Messa di domenica. Non so se trasmettessero fonogiornali o letture di racconti/romanzi. Anche se non fu mai un oggetto in grado di diffondersi tra le masse, l’elettrofono rimase a lungo nella mente degli inglesi come termine di paragone: per molti anni chiamarono infatti la radio “wireless”, in contrapposizione al vecchio servizio via cavo. In questo articolo del 1923 ad esempio non si usa mai la parola radio, ma wireless appare ben cinque volte. Secondo l’articolo nel 1923, all’apice della sua diffusione, l’elettrofono serviva solo duemila abbonati circa. Numeri che l’economica radio avrebbe presto reso ridicoli.
Il servizio di teatrofono più interessante fu, a mio parere, l’ungherese Telefon Hírmondó di Budapest. La tecnologia impiegata era originale, brevettata nel 1892 da Tivadar Puskás, un ingegnere che aveva lavorato per Edison, appartenente a una famiglia aristocratica della Transilvania. Pare però che non fosse un vampiro.
Telefon Hírmondó (l’Araldo Telefonico, tradotto) non iniziò come teatrofono e poi aggiunse il fonogiornale: iniziò da subito strutturando la propria programmazione per essere un quotidiano via telefono, poi aggiunse l’opera e le canzoni. Una tipica programmazione giornaliera è disponibile su Wikipedia: l’ora esatta, notizie dalla Borsa Valori, notizie dal Parlamento, ultime notizie, notizie dall’estero, musica, lezioni di lingue straniere (italiano, francese e inglese), letture di poesie e romanzi, esibizioni dalla sala concerti dell’emittente e l’opera.
La compagnia cominciò con poche decine di abbonati e 69 km di cavo nel febbraio del 1893, trasmettendo il fonogiornale senza il permesso delle autorità. Dopo un paio di settimane si misero in regola. Tra i suoi clienti ebbe molti politici e perfino l’Imperatore d’Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, che evidentemente quando soggiornava nella capitale ungherese gradiva ascoltare i programmi. Gli abbonati salirono a 7629 nel 1899. Nel 1907 Telefon Hírmondó aveva 1800 chilometri di cavi e 15.000 abbonati (la popolazione complessiva di Budapest nel 1910 era di 880.000 persone). Negli anni 1920 ottenne il permesso di trasmettere via radio, raddoppiando il servizio. Nel 1930 aveva 91.079 abbonati.
Con Telefon Hírmondó era possibile scegliere di ricevere “segnali di richiamo”, una serie di squilli sempre più forti che terminavano 30 secondi prima della trasmissione delle notizie più importanti o delle notizie dell’ambito di interesse (finanza, esteri, politica ecc…) per cui si era deciso di attivare l’allarme. Proprio come col fonogiornale immaginato da Robida!
Il successo di Telefon Hírmondó dipendeva anche dalla politica di prezzi bassi adottata. Il prezzo era di 18 corone per anno, pari a 10 kg di zucchero o 20 kg di caffè (un terzo dell’abbonamento telefonico). La macchina per ricevere le trasmissioni veniva installata gratuitamente e il cliente doveva solo garantire un anno minimo di abbonamento e pagare subito i primi quattro mesi (anche il rinnovo andava pagato ogni quattro mesi).
I costi di gestione di Telefon Hírmondó (circa 17.000 corone al mese nel 1901) non venivano coperti solo dagli abbonati, ma grazie alla pubblicità: tra le notizie di maggiore rilievo venivano infilate pubblicità al prezzo di 1 corona per 12 secondi. Con appena 3,6 minuti di pubblicità incassavano come ad avere un abbonato in più per un anno.
Robida aveva già immaginato tutto, parecchi anni prima: fonogiornali, lezioni a distanza, spazi pubblicitari mischiati alle notizie e molto altro. c’è ancora da meravigliarsi se lo considero il più grande e profetico genio della fantascienza?
Il successo di Telefon Hírmondó fu così grande che la tecnologia venne copiata anche all’estero. In Italia vi fu l’Araldo Telefonico, a Roma, che iniziò le trasmissioni nel 1910. Nel 1914 aveva superato i 1300 abbonati. Come l’originale ungherese aveva allarmi per le notizie più importanti, lezioni di lingua (solo francese), teatro ecc… e consigli di igiene per bambini e signore.
Il servizio si interruppe con la Grande Guerra e riprese nel 1922, col nuovo nome di Fonogiornale. Nel 1923 divenne Radioaraldo, la prima stazione radiofonica di Roma. Online si trovano le foto di una brochure, stampata prima della ripresa delle trasmissioni nel 1922, che spiega il palinsesto.
Tre paginette della brochure dell’Araldo Telefonico.
Adoro quando dice: “Le famiglie possono vivere tranquille, poiché mai vengono trasmesse notizie o parole che non possano essere ascoltate da qualunque fanciulla.”
Invece su Baionette Librarie troppo spesso le innocenti gote delle mie lettrici avvampano di imbarazzo, sigh.
Notate anche il riferimento al Ventesimo Secolo di Robida a pagina tre. All’epoca la consapevolezza di stare vivendo le meraviglie immaginate dalla fantascienza era concreta e Robida, caduto poi nel dimenticatoio, era uno dei grandi autori. Sfortunatamente la sua fama fuori dalla Francia sparì con la sua morte e rimase solo Verne nella memoria collettiva.
Robida: streaming, autoproduzioni e altro ancora
Qualcuno dirà “Certo: bello il telefonoscopio, belli i fonogiornali e i telegiornali e la videochiamata, ma ormai è tutta roba vecchia”. Vero. Bisogna scusare Robida, ma una grossa fetta del suo interesse fantascientifico ha riguardato cose che si sono già avverate da tempo.
Ma non tutte. Alcune si stanno avverando adesso o fanno parte degli ultimi anni, con l’arrivo di internet e i cambiamenti nell’editoria a partire dal 1990.
Cominciamo con la musica
Oltre a vedere e ascoltare spettacoli dal vivo, è possibile ascoltare anche musica registrata. Gli abbonati possono usare il telefonografo (o il telefonoscopio, solo audio) per ascoltare musica del passato, registrata dalla fine del XIX secolo in poi. Vengono organizzati anche spettacoli di retrospettive musicali in cui i migliori brani del passato e le migliori opere vengono trasmesse dall’archivio che le custodisce.
Si intuisce che abbinato a un operatore telefonico (come è nel caso degli apparecchi casalinghi che mostra Robida) o a un sistema automatico tipo juke box, il sistema può diventare un vero servizio di musica on demand.
Nell’episodio di Hélène perseguitata dalle notizie del fonogiornale si scopre che i sistemi di telecomunicazioni futuri immaginati da Robida dispongono di un buffer di memoria. Si può ascoltare in streaming tutto o riceverlo sull’apparecchio e ascoltarlo dopo (e a quel punto si scarica dal buffer, liberando lo spazio). Robida non entra nel dettaglio a immaginare sistemi di memoria, come cilindri o dischi, ma usa un generico “tubo” quando il signor Ponto spiega il funzionamento dell’apparecchio a Hélène:
Tutte le stanze da letto sono equipaggiate con un telefono, ma quando non si vuole essere svegliati lo si spegne e le notizie rimangono nel tubo. Al mattino lo si può accenderle e riceverle tutte.
(Parte prima, capitolo tre)
Con tubo non intende i cavi telefonici, ma si riferisce al robusto tubo di gomma flessibile che collega il trasmettitore alla base dell’apparecchio. Lì dentro c’è il buffer di memoria, a quanto pare, quindi niente battute su “internet è una serie di tubi” (^_^).
Robida non entra mai nei dettagli tecnici delle cose, si occupa solo delle conseguenze della loro esistenza: e, onestamente, anche se lo schermo piatto di cristallo del Telefonoscopio poteva sembrare una stupidata da bambini “senza spiegazione” 50 anni fa, al giorno d’oggi gli LCD hanno da tempo invaso il mercato e soppiantato i tubi catodici, per cui c’è poco da lamentarsi della mancanza di dettagli tecnici.
Qualcosa di più moderno della versione ottocentesca di iTunes: i musicisti autoprodotti.
Robida ha capito subito che quel che conta è avere pubblico e se uno è famoso e ha una base di pubblico su cui fare leva, può rinunciare agli intermediari più esosi (teatri, case discografiche, editori). Semplice. Volendo anche gli sconosciuti autoprodotti possono farlo. Robida ci parla di un “futuro” in cui una miriade di professionisti tenterà la strada dell’autoproduzione, dove possibile (con l’intermediazione solo di un aggregatore di artisti autoprodotti, il servizio di “teatro da camera” paragonabile a iTunes per la musica o ad Amazon per gli eBook):
“Collegatemi al teatro da camera. […] Il telefono ha generato una moltitudine di attori: artisti che recitano a casa propria, senza un teatro. […] È una forma economica di teatro e sfortunatamente la produzione è limitata a commedie e farse.”
[Segue parte di una recita in cui un solo attore, neppure granché bravo secondo il signor Ponto, interpreta tutti i personaggi.]
“I teatri da camera possono avere anche attori eccellenti,” proseguì il signor Ponto. “A discapito dei normali teatri, comunque, perché quando un certo attore ha talento, nel momento in cui si è costruito una base di pubblico, lascia i teatri e si costruisce un proprio teatro da camera con la propria troupe. Oppure senza altri interpreti, e recita tutte le parti da solo incluse quelle femminili.”
(Parte prima, capitolo sei)
L’editoria nel Ventesimo Secolo
Anche se queste previsioni riguardano in un certo senso anche la nostra editoria attuale, passiamo ora a cosa Robida dice dell’editoria del ventesimo secolo. Il diffondersi dei romanzi recitati via cavo ha reso la produzione e il consumo delle opere più veloce, con quattro conseguenze principali:
- la prima è che esistono scrittori senza editore tradizionale, o per cui la stampa su carta è secondaria, perché basano il proprio successo sul pubblico “online” (e questo si sta avverando);
- la seconda è che anche le opere muteranno, favorendo romanzi prodotti più in fretta e a episodi, adatti per continuare a bombardare di nuovo materiale il pubblico di fedelissimi (e questo sta avvenendo, grossomodo, anche se più con nuove opere immesse a ritmo continuo -es: Konrath- che non con opere a puntate);
- la terza è che anche nei contenuti le opere cambieranno, favorendo aberrazioni pubblicitarie (su questo si discuteva negli ultimi due anni) o robaccia che cavalca la moda/notizia del momento (questo è già avvenuto con la carta e coi programmi televisivi negli ultimi 20 anni);
- la quarta è QUATTRO ed è ovviamente la più importante.
“Ora ascolta questo,” continuò il nuovo collega di Hélène, conducendola ad alcune cabine più in basso. “Questo è il famoso scrittore di narrativa popolare Alexis Barigoul, una delle stelle del nostro secolo, il maestro del romanzo moderno! Per ottenere i suoi servigi L’Époque lo ha dovuto pagare profumatamente. Il suo romanzo gli fa guadagnare 1000 franchi all’ora e l’episodio di oggi è numero 792. Ha già guadagnato 792.000 franchi con quel romanzo! È davvero un successo di pubblico!”
(Parte seconda, capitolo sei)
Ricordo che 1000 franchi era quanto guadagnava un abile lavoratore in otto mesi e Barigoul li fa in un’ora. Ricorda i 20mila e passa dollari al mese di Konrath o le vagonate di soldi molto maggiori dei veri big dell’editoria digitale. Anche il fatto che l’editore debba pagare a caro prezzo per averlo nella propria scuderia ricorda i casi di Amanda Hocking e di John Locke, arrivati al successo con gli eBook autoprodotti e poi comprati a caro prezzo (nel secondo caso solo per il cartaceo) da grossi editori.
E ora l’aberrazione pubblicitaria in tutto il suo splendore:
“Cos’è questo?” chiese Hélène. “Un altro romanzo?”
“Sì,” rispose il giornalista. “Questo è un romanzo pubblicitario. Avrai compreso che il giornale telefonico non può trasmettere lo stesso tipo di pubblicità che fanno i giornali cartacei. Gli abbonati non le ascolterebbero. Bisogna trovare un altro modo per infilare le pubblicità e così sono nati i romanzi pubblicitari. Ascolta…”
“Distesa sul divano (dal Baazar del Mobilio, Boulevard du Châtillon), con indosso una vestaglia di chiffon dal taglio squisito del grande stilista Philibert, la sfortunata Valentina stava soffrendo per un acuto reumatismo. Dottor Baldy, il celebre medico preferito da tutte le donne di buon gusto (945 Rue Atala), le aveva prescritto un impiastro di eccellente senape Godot assieme a un assortimento delle migliori medicine: compresse Flageois, che proteggono contro…”(Parte seconda, capitolo sei)
Giusto per ricordare che quando di discute come se fosse una cosa futuristica/innovativa dei romanzi in eBook per pubblicizzare al meglio negozi e marchi reali tramite i futuri eReader/Tablet sempre connessi, si sta al solito parlando di qualcosa che è solo una variante di idee di 130 anni fa.
Idem il fatto che solo da pochi anni si stia cominciando a capire che la pubblicità tradizionale è fastidiosa e sempre meno gente ne viene influenzata e che quindi bisogna inventarsi modi diversi per invogliare all’acquisto. Robida fornisce una soluzione piuttosto comica, ma ha tutti i germi di ciò che davvero si sta pensando di fare con gli eBook (o si è fatto nei film, con i marchi dei prodotti in bella vista fino a pochi decenni fa).
Si potrebbe per una volta avere idee originali?
Qualcosa che non venga dall’Ottocento? ^_^””
E infine ci sono anche le porcate assemblate in tutta fretta per cavalcare l’onda del momento. Robida fa l’esempio con uno spettacolo teatrale, ma potrebbe applicarsi anche alla narrativa o all’interesse verso un dato argomento dei fonogiornali e telegiornali:
[Premessa — un inviato di guerra de L’Époque è rimasto ferito mentre seguiva nel Sahara la Guardia Nazionale di Biskra, alleati dei francesi, mentre danno la caccia ai Tuareg di Abd-el-Razibus che razziano l’area e minacciano il Tubo di Timbuctu, una linea di condotti di fondamentale importanza per i treni pneumatici. L’amputazione del braccio del giornalista diventa una super-notizia su cui speculare per L’Époque, che subito dà massima importanza alla cosa trasformandolo nella celebrità del momento.]
Il coraggioso inviato di L’Époque è riuscito a scritturare le mogli di Abd-el-Razibus per l’Odéon. Durante la convalescenza per l’amputazione del braccio destro, il dinamico giornalista trovò perfino la forza di scrivere un’opera teatrale di lunghezza epica sulle proprie avventure in appena dodici giorni!
Inutile dirlo, questo spettacolo di guerra fu un successo fenomenale a Parigi. La moda si tramutò in un delirio quando, al suo ritorno in patria, il giornalista accettò di interpretare il ruolo dell’inviato ferito.(Parte seconda, capitolo sette)
Gli Instant Book scritti da ignoranti con materiale non verificato e i programmi assemblati con pseudo-esperti all’accatto in poche ore/giorni non vengono in mente a nessuno? Io immagino, horribile visu, Vespa col plastico della casa del delitto di Cogne. ^_^
Passi per il giornalista ferito, ma perfino le mogli di Abd-el-Razibus, che non sono attrici e hanno l’unico pregio di essere apparse in televisione, diventano all’improvviso delle celebrità che tutti vogliono vedere e di conseguenza trovano lavoro a teatro al posto di attrici professioniste più qualificate. Ricorda il modo in cui certi personaggi senza qualità (tranne, talvolta, l’aspetto fisico) vengono lanciati in TV, saturando i programmi per brevi periodi, in seguito a casi di cronaca, reality show ecc…
Webcam erotiche: non descritte da Robida, ma suggerite
E ora, mettendo assieme tutte le informazioni sul telefonoscopio, possiamo immaginare che anche gli spettacoli erotici stile webcam siano una realtà possibile del Ventesimo Secolo di Robida. Come visto è possibile abbonarsi per contattare altri telefonoscopi specifici che forniscono servizi a pagamento, ad esempio gli artisti che recitano via telefono o i professori che insegnano le loro materie via telefonoscopio o perfino i negozi per farsi spedire merci.
Non ci sarebbe nulla di strano quindi se fosse possibile collegarsi a un aggregatore di “artisti”, pagando in base ai minuti o su abbonamento, e scegliere di vedere le performance di una ragazza, come se fosse una webcam pubblica (il telefonoscopio permette di trasmettere verso molti abbonati assieme), oppure uno spettacolino privato.
Nel caso dello spettacolo privato il microfono permette di parlare con la ragazza scelta. Immaginatelo come qualcosa di simile al sito Ragazze in Vendita, in cui qualsiasi ragazza può iscriversi, essere inserita nelle liste (magari inviate in cartaceo via posta agli abbonati?) e gestire il proprio lavoro lasciando una fetta dei guadagni in mano ai gestori (d’altronde nel Ventesimo Secolo di Robida le ragazze hanno pari diritti e studiano all’università, ergo devono pagarsi gli studi).
Il telefonoscopio alla connessione col servizio potrebbe, di base, trasmettere una serie di foto col nome/numero della ragazza che scorrono grazie a un rullo automatico e, magari, inquadrare altri due o tre piccoli telefonoscopi che mostrano delle performance pubbliche.
Come nel caso degli attori più talentuosi che diventano indipendenti, le migliori potrebbero aprire un business basato sulla propria immagine: spettacoli pubblici e privati per gli abbonati, invio di numeri di una rivista con i nuovi set fotografici e gli orari delle performance live (stile fonogiornale: si può immaginare che fuori da quegli orari vengano ritrasmessi video di repertorio registrati o sequenze di foto).
Un tipo di business legato alla singola modella, come nel caso del sito di Ariel Rebel (qui il suo blog). Cito lei perché mi sta simpatica (le piacciono anime ed hentai), è famosa nel settore -con anche un premio vinto nel 2010– e il suo mix di softcore e di aspetto da ragazzina innocente mi pare particolarmente in linea con i gusti dei borghesi di un simil-XIX secolo. E in più è a tema con l’ambientazione di Robida: è una canadese la cui lingua madre è il francese. ^_^
Ovviamente io non guardo queste sconcezze e so queste cose solo per sentito dire: Gamberetta Hime-sama non approverebbe!
Robida lascia intuire di aver pensato alla questione. A parte il fatto che Ponto sbavi di fronte agli spettacoli con ragazze poco vestite e si addormenti con le cose serie, c’è un esplicito riferimento alla possibilità di guardare spettacoli piccanti al telefonoscopio, simili (credo) agli spettacolini softcore che le emittenti locali mettevano in televisione di notte dopo le undici o alle commedie sexy che andavano di moda una volta (e che hanno fondate basi storiche nel XIX secolo):
Barnabette ebbe un’improvvisa ispirazione: “Perché non approfittiamo che papà si è addormentato per guardarci qualche scena di quegli spettacoli che ci ha proibito di vedere?”
“Buona idea!” Barbe approvò con entusiasmo. “Assaggiamo il frutto proibito e visitiamo i teatri vietati alle giovani donne. Ah! Il Palais-Royal! Alcune delle miei amiche sposate non si perdono mai gli spettacoli lì o al Variétés.”
“E il Palais-Royal sia. Controlla la guida: che stanno facendo?”
“L’Ultimo degli Scapoli, una farsa piccante in quindici scene.”
“Rapida Barnabette, colleghiamoci!”[Lo spettacolo è in pausa. Vengono trasmesse immagini degli spettatori, soddisfatti. Le tre ragazze sono deluse dal contrattempo. Il signor Ponto si sveglia.]
“Ma… questo non è il Molière-Palace!” esclamò il signor Ponto. “Piccole birbanti! Vi siete approfittate del mio pisolino per cambiare teatro! Scommetto che siete balzate subito sul frutto proibito. Vediamo, che teatro è?”
“Papà, questo è… l’Odéon!” disse Barbe.
“Andiamo, lo so bene qual è: è il Palais-Royal! Ah, care bambine, ci potrete andare più avanti nella vita se i vostri mariti ve lo permetteranno, ma non ora. Questo non è un teatro per giovani signorine… Ma… se non mi sbaglio… lì, in quel palchetto sulla sinistra, c’è vostro fratello Philippe!”[Mentre discutono sul fatto che il tizio sia o meno Philippe, che in teoria dovrebbe essere a Costantinopoli a occuparsi della bancarotta dell’Impero Ottomano, lo spettacolo ricomincia.]
“Vietato alle giovani ragazze!” urlò il signor Ponto, spegnendo il telefonoscopio.
Lo schermo si fece nero di colpo e la stanza sprofondò nell’oscurità.
“Oh!” fecero le giovani, deluse.
Come minimo c’era qualcosa di equivalente alle commedie sexy di Alvaro Vitali o all’umorismo a base di cazzi giganti dei teatri del mondo classico. Non si capisce altrimenti la reazione del signor Ponto.
Secondo me Robida ha preferito evitare di approfondire la questione dell’erotismo per via del punto di vista scelto, una ragazza per bene come Hélène, ma deve averci pensato e ha lasciato questo indizio. E anche altri, ad esempio nell’illustrazione sul cosiddetto “errore” di collegamento col telefonoscopio: non avete notato il signore coi baffetti, l’unico nascosto da un pudico giornale che non ha motivo di essere in quel contesto se non per suggerire del *fap fap fap*?
Un genio come Robida non poteva non aver pensato al futuro del porno! ^_^
C’è molto altre da dire sul Ventesimo Secolo, anche rimanendo solo nel mondo dei media, ma si andrebbe ancora più fuori strada rispetto al discorso tecnologico iniziale. Troverò altre occasioni per parlare del genio di Robida.
Come ti ho anticipato via msn, non avevo idea di chi fosse Robida. Trovo sia una cosa grave, perchè chiunque sia in grado di effettuare delle previsioni così precise dovrebbe finire anche sui libri di testo delle elementari.
L’articolo mi è piaciuto molto, uno dei migliori dell’anno nel panorama dei blog italiani.
Ringrazio per avermi fatto scoprire questo personaggio e la sua opera. Anche nella mia ignoranza non ne avevo mai sentito parlare ed è stata una grave mancanza.
Concordo con Zwei, andrebbe inserito nei libri di testo insieme ad altri autori di sociologia come Marx, Durkheim, Weber ecc. Almeno accennato.
Così magari a scuola invece di propinarmi da leggere l’Émile di Rousseau (un mattonazzo abissale) come affiancamento allo studio della materia, all’epoca mi avrebbero potuto dire: “Hey, ma lo sai che Robida ha scritto una trilogia con cui ha anticipato un sacco di scoperte ed evoluzioni sociali?”
“Naaa, ma dai?” Sense of wonder a manetta. Avrebbero potuto almeno lasciare libertà di decisione su quale opera leggere. :/
I complimenti non bastano, ma ho solo queli da fare.
Articolo meraviglioso (come gli altri del resto), e son d’accordissimo con Alberello X e Zweilawyer: quando insegnerò ai miei alunni tirerò sicuramente fuori queste chicche…
Conoscevo Robida solo per sentito dire, da quanto avevo letto qui; cercherò di rimediare alla mancanza, a leggere quanto riportato qui ha un che d’inquietante.
Duca:
Se farai approfondimenti su questo, li aspetto con parecchia curiosità.
Articolo bellissimo, denso e zeppo di cose interessantissime.
Grazie perchè sono articoli così che mi stuzzicano e mi fanno venire moltissime idee per i miei racconti.
Grazie ancora.
Edy
@Mauro
Difficile che riesca a fare un approfondimento sulla questione, data la complessità, ma non lo escludo a priori.
La mia fonte principale per l’argomento è Olocausti Tardovittoriani di Mike Davis.
http://www.ibs.it/code/9788807103360/davis-mike/olocausti-tardovittoriani-nintildeo.html
Sfortunatamente non risulta più disponibile su IBS in italiano.
In lingua originale:
http://www.ibs.it/libro+inglese/davis-mike/late-victorian-holocausts/9781859843826.html
P.S.
Se confronti le copertine delle due versioni puoi notare una certa censura in quella italiana per non offendere gli occhi del pubblico. ^_^
@Altri
Grazie per i complimenti.
Duca:
“Le famiglie possono vivere tranquille, poiché mai vengono usate immagini che non possano essere viste da qualunque fanciulla”. Ieri come oggi.
Cerco di procurarmi il libro, grazie per la segnalazione.
Unica segnalazione di servizio: il primo paragrafo risulta illeggibile – almeno su Firefox – in quanto manca lo sfondo bianco. Potrei leggerlo selezionando il testo, lo so…
Intendi il primo paragrafo dell’articolo?
Non risulta che sia così, né con FF 3.6.22 ne con FF 6.
Il codice è lo stesso per evocare tutti i post in wordpress. Lo sfondo è continuo con ripetizione verticale e non può non apparire.
Funziona perfettamente anche su IE 7 e 8 e Chrome non-ricordo-quale.
Devi avere un problema sul tuo browser non collegato al browser in sé in generale.
Oppure… è un bug di FF 7.0.1, hai per caso quello? Io devo ancora aggiornare la 6. Ricordo che la prima versione di Chrome non era in grado nemmeno di interpretare correttamente gli sfondi in html (dopo tot lunghezza di schermate impediva ulteriore ripetizione verticale), forse nel suo continuo declino anche FF sta introducendo bug che ne incapacitano la basilare interpretazione di html e css. ^__^
Ma mi parrebbe assurdo. Chrome era giustificato perché era in pieno sviluppo.
Ho lo stesso problema anche io (firefox 7.0.1, quindi potrebbe essere lui il colpevole), ma solo nella versione nella home. Se invece lo leggo direttamente dalla pagina dell’articolo, non sembra dare problemi.
Ok, ho pasticciato un po’ con due pc: Win XP 32bit e Win 7 64bit, entrambi con FF 7.0.1, il primo con solo l’add-on del DownloadHelper e il secondo con un pacchetto minimale di Add-on in più (il mio solito mix: dizionario, epub reader, scrapbook, downloadhelper, webmail notifier e flickr original).
Non sono riuscito a ripetere il bug in home, per cui non so neanche come sporcare il codice con aggiunte o se cambiare la lunghezza degli sfondi da ripetere o se ridurre il numero degli articoli evocati per pagina per ingannare il bug, visto che non ho una risposta immediata ai cambiamenti.
Forse non è nemmeno un bug di FireFox come lo era a suo tempo quello di Chrome (che pareva imitare bene). Forse è un bug di FF assieme a qualche specifico OS: qualcuno lo usa assieme al “falso-linux” Ubuntu?
Voi due che OS usate? Ve lo dà anche se ripulite la cache e riavviate nella modalità senza Add-on?
Non ho un ubuntu installato per provare, ora. :-/
Mi unisco ai complimenti per l’articolo, veramente il più interessante che ho letto in rete da diverso tempo a questa parte.
Questo è secondo me il motivo per cui gli aspiranti autori di fantascienza (ma anche steampunk et similia) dovrebbero leggere libri come questo. E’ il senso della narrazione fantascientifica, in soldoni.
Firefox 7.0.1 ha sviluppato un bug simile a quello del vecchio Chrome, per cui dopo tot lunghezza di pagina rifiuta di riprodurre ulteriormente il background.
La cosa fastidiosa è che un bug che non appare sempre, ma randomicamente solo su alcuni utenti. Un bug di quelli infidi, insomma.
Fortunatamente Alberello lo aveva e mi ha aiutato a capire che era quello: io e gli amici che ho trovato per chiedere aiuto su msn non avevano il problema.
Ho risolto per la home, parzialmente, accorciando la pagina: ora chiama 5 articoli invece di 10. Il che è oggettivamente molto meglio, perché io scrivo papiri lunghissimi. Però le rotelle nere dello sfondo sui lati dovrebbero smettere di apparire verso la fine dell’articolo con Stubblefield.
Dovreste poter notare il problema anche con questo articolo:
https://www.steamfantasy.it/blog/2010/08/19/lo-steampunk-e-il-risorgimento/
Il problema fondamentale è che FF 7.0.1 è una release di merda, a livello di Beta spacciata per stabile, per cui può casualmente dare ogni sorta di errore di visualizzazione agli utenti senza alcun motivo ragionevole.
A me fortunatamente non li dà, ma sfortunatamente così non so come cercare di ridurre i problemi.
Non si possono risolvere. O FF corregge gli errori di programmazione che ha volontariamente introdotto con un Beta testing demenziale prima di rilasciare la nuova release, oppure niente.
Non posso evitare che articoli come quelli sul Risorgimento siano lunghi perché FF di punto in bianco fa terrorismo su utenti random contro chi fa pagine lunghe.
Lavorando dietro le quinte con il Duca ci siamo accorti che anche Gamberi Fantasy e Zweilawyer hanno subito lo stesso problema con FF 7.0.1.
Qui è come vediamo noi utenti diversamente abili i blog:
https://www.steamfantasy.it/blog
http://img804.imageshack.us/img804/6010/screen4t.jpg
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http://fantasy.gamberi.org/2011/09/21/due-o-tre-parole-su-harry-potter/all-comments/#comments
http://img406.imageshack.us/img406/2943/screengamberi.jpg
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http://zweilawyer.com/
http://img192.imageshack.us/img192/4590/screenzwei.jpg
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Speriamo che presto FF risolva il tutto. ^^
Grazie ad Alberello che ha verificato il bug su altri siti.
Confermo il BUG:
http://support.mozilla.com/en-US/questions/886741
https://bugzilla.mozilla.org/show_bug.cgi?id=692350
Fortunatamente è un bug noto, visto che colpisce tutte le pagine web troppo lunghe. Rimane un mistero come mai non lo faccia a tutti gli utenti 7.0.1
Questa release di FF conferma il trend di costante peggioramento di FF negli ultimi 2-3 anni. Spero che la 7.0.2 corregga questo problema (intanto sono passate quasi due settimane dalla denuncia, eh… come se non fosse un fix fondamentale…) senza introdurre la proverbiale carrellata di buchi di sicurezza che ormai accompagnano una release di FF sì e una no. ^__^
Mi unisco ai commenti di tutti e al concetto di fondo dell’intero articolo: l’intuizione fondamentale non è descrivere la tecnologia, bensì le sue conseguenze sull’economia, la cultura e la società.
Ancora, complimenti.
Nella serie tv Warehouse 13 c’è una tecnologia steampunk interessantissima, e un aggeggio che somiglia tanto a un telefonoscopio!
Articolo, anzi, quasi un saggio breve, meraviglioso.
Molta cultura del XX secolo è davvero solo uno sviluppo privo di fantasia delle intuizioni del XIX. Non condivido però il commento sulla scienza.
Il principio di indeterminatezza, i teoremi di incompletezza e la teoria del caos hanno rivoltato completamente la natura della scienza. Il positivismo e il riduzionismo sopravvivono (sebbene con difficoltà) solo nella cultura popolare. Nella scienza pura, il XX secolo è stato una rivoluzione senza precedenti.
Grazie. Avrei preferito approfondire maggiormenti gli argomenti e aggiungere altri dettagli, ma poi sarebbe diventato mostruosamente grande e scomodo da leggere al pc… comunque già così effettivamente raggiunge come dimensioni (9mila parole) e batte per contenuti e approfondimento certa roba venduta a 0,99-3,99 euro da certi editori e certi autopubblicati.
Capisco cosa intendi, però è un fatto che sia stato il Lungo XIX Secolo, nei suoi ultimi anni, a mettere in crisi la fisica classica (crisi iniziata ben prima, con il problema della doppia natura della luce che era divenuto insopportabile negli ultimi anni dell’800, a partire dalla scoperta dell’effetto fotoelettrico nel 1887-1888) e a gettare le basi della relatività (1905).
La grande rottura, la più grande rottura di tutti i tempi nell’ambito della geometria, e da cui si evolvette TUTTA la discussione sul mondo con più di tre dimensioni (e poi Einstein con la sua reinterpretazione della quarta dimensione non come “spaziale”, ma come temporale), derivano dai lavori di Riemann che gettarono nello scompiglio il mondo matematico nel 1854 (Gauss ci stava lavorando già prima, ma temeva le “strida dei Beoti”, come scriveva dei suoi colleghi drogati di Euclide… per questo mandò avanti Riemann con il suo appoggio).
Duemila anni di certezze frantumate. Un’adorazione mistica, religiosa, da parte di soggetti come Kant che vedevano nella perfezione della geometria euclidea una certezza innegabile dell’universo.
Tutto distrutto, l’universo all’improvviso divenne più strano e più ignoto (e più impossibile da scoprire per menti umane ridotte a percepire solo tre dimensioni spaziali). Tutto il resto è conseguito da lì: le superstringhe attuali sono evoluzione di un percorso che passa storicamente per la precedente teoria di Kaluza-Klein che lo stesso Einstein lesse, trovandola poco interessante, nel 1919 (quindi è stata sviluppata prima del 1919… in più lo stesso Nordstrom aveva già introdotto qualcosa di molto simile nel 1914).
E dopo il 1854 la quarta dimensione spaziale, perfino gli universi paralleli (da cui poi anni dopo il multiverso alla D&D ecc…) e cose di questo genere divennero conoscenza comune della gente istruita, sfruttate in racconti e romanzi (da Carroll in poi, incluso Heinlein nel XX secolo con la casa a forma di tesseratto) e diffuse in articoli delle riviste popolari, in sette guidate da mistici con infarinature di matematica e, perfino, nel comunismo degli otzovisti e dei “costruttori di Dio” con la crisi nata dopo la fallita rivoluzione del 1905.
La vera rottura con le certezze del passato, l’apice e poi la crisi della fisica classica, tutto questo è avvenuto nel XIX secolo. Il XX secolo ha proseguito il lavoro essendo già forte di un cambiamento avviato nel XIX, e quindi forte di una disponibilità maggiore ad accettare altri stravolgimenti nel modo di percepire il mondo (con meno paura delle “strida dei Beoti” temute da Gauss) da parte degli uomini di scienza.
Non confondiamo l’evoluzione con la rottura e la rivoluzione. Anche internet era sconosciuto nel 1914 (anche se la fantascienza l’aveva già ipotizzata), ma il vero cambio drammatico nel mondo lo fece il telegrafo diffuso a livello globale, secondo gli storici della tecnologia. Internet è una evoluzione lungo un percorso già aperto, non una rottura e uno stravolgimento del mondo conosciuto.
Perfino le catene di fast food esistevano come concetto già nel XIX secolo. Dedicherò un articolo al fast food della Germania Imperiale in futuro, vero precursore di McDonald (ma con l’aggiunta del self service).
Aggiunta per la Teoria del Caos, da wikipedia:
Radici nel XIX secolo, sviluppo nel XX secolo.
Come le altre cose già viste, bomba atomica di Wells e terroristi armati con armi di distruzione di massa inclusi: la mancanza di originalità del XX secolo lascia a bocca aperta.
Immagino che, quando ti riferisci al Lungo XIX Secolo, tu intenda il periodo che termina con la Prima Guerra Mondiale.
Senza dubbio la crisi della fisica classica e del concetto di scienza ad essa riferito inizia nel XIX secolo, e in quegli anni vengono gettate la maggior parte delle sue basi. Oltre alle rivoluzioni fisiche e matematiche citate, io aggiungerei anche il principio di Mach. Nelle altre scienze, il XIX secolo ci ha dato Darwin e Freud, che cambiarono totalmente la concezione dell’uomo.
Non vorrei però che si banalizzasse tutto trasformando ogni acquisizione del XX secolo (figlie, è ovvio, delle idee precedenti) in un lavoro di rifinitura di qualcosa che era già stato scritto nel 1800.
La relatività rivoluziona tutto e le stringhe a undici (o dieci) dimensioni sono uno sviluppo delle idee di Einstein e di quelle di Kaluza e di Klein. Ma c’è una seconda rivoluzione immane, quella dei quanti. Plank scopre il quanto nel XIX secolo, ma fino al XX secolo non ne vengono colte assolutamente le implicazioni. Ma c’è altro. Io ho fatto riferimento a tre rivoluzioni precise.
Heisenberg rivoluziona la scienza tutta molto più di Plank (o di Bohr). Il principio d’indeterminatezza ha rivoluzionato insieme al concetto di scienza quello di conoscenza e quello di realtà. Se è vero che l’idea nasce dai quanti e affonda quindi le radici nell’ottocento, bisogna avere l’onestà di riconoscere che nessuno, nell’ottocento, aveva nemmeno lontanamente immaginato che il quanto avrebbe eliminato l’idea di una realtà oggettiva e reso l’osservatore l’elemento fondante della realtà.
La grande impresa matematica espressione dell’800, il formalismo, è stata spazzata via da Godel in pieno ‘900. Il significato dei teoremi di incompletezza ha modificato la percezione della scienza.
Ciò che rimaneva di una certa idea di scienza è stato poi spazzolato via dalla teoria del caos. L’ultima speranza dei sostenitori di Laplace, l’approssimazione, si è dimostrata falsa.
Il XX secolo ha visto un cambiamento totale nella percezione della scienza, sebbene nella cultura popolare ancora sopravvivano idee ingenue di determinismo, riduzionismo e positivismo (idee durissime a morire, direi). Il principio di indeterminatezza, la sconfitta del formalismo e la teoria del caos sono figli della rivoluzione scientifica del Lungo XIX Secolo? Assolutamente sì. E’ ovvio. Ma significa, ciò, che la rivoluzione scientifica del novecento sia solo la messa in bella copia delle grandi ispirazioni dell’ottocento? No. Questo è insostenibile.
Credo che sia più sensato considerare come periodo di rivoluzione l’ottocento e il novecento insieme. L’originalità e l’impatto dei contributi che ho sottolineato non sono un’appendice della rivoluzione ottocentesca; sono rivoluzioni a sé stanti, che si pongono sullo stesso piano di quelle precedenti. La più grande rivoluzione nel concetto di universo è la relatività; la più grande rivoluzione nel concetto di uomo è l’evoluzionismo; la più grande rivoluzione nel concetto di conoscenza però è il principio d’indeterminatezza. Che è figlio dell’ottocento, ma che ha cambiato di nuovo tutto, rivoluzionando la rivoluzione in atto in modo dirompente quanto quest’ultima era stata dirompente per la tradizione precedente.
A questo punto possiamo dire che la teoria della relatività sia una banale glossa a un problema già sviscerato da Isaac Newton e George Berkley, ovvero la natura assoluta o relativa della forza centrifuga.
Se hai letto quello che ho scritto qui e negli altri commenti dedicati allo stesso tema (se ti sei inserito immagino che tu ti sia informato prima, no?), tirato fuori mi pare già un paio di volte, e se hai mezzi per comprenderlo, sai che non è banalizzazione: è constatazione vagamente steampunk nel tono.
Se non li hai letti o non li hai capiti, non è un problema mio. I tuoi ultimi due commenti fanno comprendere che non hai proprio “capito” (voluto capire?) il senso dell’intera cosa.
Questo dimostra ANCHE ignoranza storica delle più becere, essendo tutto ciò in fondo un repost in salsa steampunk dell’idea comune tra gli storici che il XIX secolo sia il secolo che ha “creato” il XX.
Non ci voleva un’aquila a capirlo se pure ti fossi perso gli altri commenti a tema, su, potevi fare due più due…
Il commento su cosa significhi il principio di indeterminazione, con la classica interpretazione “facilotta” che ne traspare (diosanto), mi ha ucciso.
Ora ci manca solo che citi l’interpretazione di Copenhagen nel modo classico, quello che viola alla radice il reale pensiero di Bohr, oppure indicare i paradossi come qualcosa che potrebbe avvenire (invece che come elemento assurdo che dimostra l’impossibilità di ciò che li genererebbe), e poi sono a posto.
Sul far finta di non capire la differenza basilare in quanto avvenuto con gli articoli di Einstein del 1905 e poi gli studi successivi di Einstein e il loro legame con Riemann come “inizio di tutto”, stendo un velo pietoso.
O stai trolleggiando apposta o non conosci l’argomento (che è la “storia della scienza / fantascienza”, poi per quanto mi riguarda puoi anche usare i tensori di Riemann tutti i giorni o insegnare Fisica II al politecnico, d’altronde la Postorino fa l’editor e Franco Forte lo scrittore di romanzi storici…): nessuna delle due condizioni è possibile in una discussione seria e quindi non ho interesse a pubblicare ulteriori commenti a tema qui.
Il fatto che l’intero penultimo commento sia, tecnicamente, trolling, mi fa propendere per l’opzione del trolling volontario.
Speravo che almeno al di fuori dei commenti sulla narrativa, in cui era evidente che non capivi quasi nulla dell’argomento nonostante ti presentassi con toni da esperto, qui almeno fossi più ferrato. Per questo ho pubblicato il commento che mi pareva degno di risposta e contenente un sincero dubbio.
Evidentemente mi sbagliavo.
Quanto ai
sono espressioni gonfie alla radice di grezzo spirito perbenista-moralista (già visto in altri commenti da Zwei) e posso solo risponderti che prima di “non volere” (paternalismo portami via…), come nel caso del discorso su Perdido Street Station -che a me non dispiace- (dove hai fatto un appunto paternalistico moralista simile a Tenger, mi pare), uno deve sapere qualcosa dell’argomento: in quel caso narrativa e retorica applicata alla narrativa, in questo caso storia della (fanta)scienza.
Magari invece sai di cosa parli e ti sei solo espresso molto male qui, sia nei toni paternalistici (diosanto…) che nei contenuti, ma visto che più volte ho letto tuoi commenti in cui dietro ai toni da “so di cosa parlo” si nasconde solo una millantata conoscenza e in concreto c’è sola una becera e gravissima ignoranza, il mio fortissimo pregiudizio nei tuoi confronti viene rafforzato e mi porta a non essere più interessato alla “discussione” (LOL, chiamiamola così) con te.
Come fece Mauro all’epoca della “discussione” sul raccontato-mostrato-tagliato (epica l’ironia -temo incompresa- della risposta conclusiva di Zwei), lascio perdere ed evito di proseguire per l’evidente inutilità della cosa.
Tapiro fu un santo a risponderti su Perdido. Tenger fece un cattivo affare ad abboccare alla discussione.
C’è però la differenza che non essendo questa la fogna di Zwei posso evitare di sporcarla con altri tuoi commenti.
Non tanto per questo argomento, visto che qui almeno indichi cose parzialmente corrette (ma io eviterei di confondere le preferenze interpretative -lecite e apprezzabili- con ciò che davvero è stato dimostrato: è vomitevole in quanto antiscientifico e di conseguenza non è lecito in un discorso sulla scienza), ma perché a darti confidenza temo inizieresti a parlare di Scrittura per la Narrativa quando dovesse capitare l’occasione in futuro… e io non passerò il mio tempo libero, ora quasi azzerato, a fare il debunking delle cazzate per evitare il plagio dei gonzi che confondano il tono da “so ciò che dico” per vera conoscenza, se no mi sarei inserito nel discorso e ti avrei risposto da Zwei direttamente. ^_^
Addio, ma puoi interpretarlo come “fuori dalle palle e riprendiamo a non rivolgerci la parola, proprio come facevo prima con notevoli sforzi vista la disgustosa marea di cazzate vomitate sulla scrittura che mi toccava leggere”. ^_^
Io non sapevo tutto questo. Mi si è aperto un mondo…
Cioè…
…
Un’amico mi ha mandato il link a questa pagina, credo che possa interessarti.
La prima immagine presente sulla pagina di “Wikimedia Commons” linkata alla fine dell’articolo è proprio di Robida.