Scrittura

Il Leone della Narrativa

In un articolo precedente ho parlato di una banale ovvietà, ovvero che la scrittura per la narrativa di genere si fonda su questo assioma:

la narrativa di genere deve essere avvincente.

Segue micro-spiegazione:

Le parole non devono essere lì per il gusto della loro bellezza, ma per stimolare, nella mente del lettore, immagini vivide ed emozioni intense, tanto che il lettore dimentichi di star leggendo e si immerga nel mondo narrativo come fosse reale.

Da questo assioma segue la regola dello Show, Don’t Tell visto che è dato come ovvio (verità autoevidente e accettata nei millenni) che Mostrare scene emozionanti cariche di dettagli vividi abbia un impatto maggiore che Raccontare un riassunto asettico di carattere puramente informativo. Mostrare proietta immagini ed emozioni per influenzare la gente, e questo è l’ambito della Retorica (la Narrativa è Retorica, infatti). Raccontare trasporta dati e informazioni, molto più adatto alla saggistica (ma i bravi storici sanno che la divulgazione si fa meglio con qualche dettaglio “mostrato” qua e là).

La scrittura per il comico è un caso a parte, ma thriller, azione, fantasy, fantascienza, rosa, i classici romanzi storici con avventure ecc… sono tutti ben serviti se si ragiona partendo dall’assioma lì sopra.
Sempre tenendo conto del discorso specifico sui testi che sembrano validi in quanto narrativa (perché così sono etichettati), ma che in realtà risultano piacevoli perché vanno a coprire altri campi di interesse del lettore e non per la validità narrativa in sé (commenti da qui in poi).

Già, ok, ma cosa fa la narrativa di genere?
Racconta storie. Dei personaggi vogliono qualcosa, qualcos’altro si oppone a loro, ne risulta del conflitto e in qualche modo finisce tutto. Se un libro diventa una accozzaglia di scene random scollegate, non è definibile come narrativa di per sé: magari i singoli brani sono pezzi di narrativa, ma l’insieme non è una storia.
Fin dal tempo di Aristotele c’è l’idea che una storia debba avere un inizio, uno svolgimento e una fine. Questo è un concetto importante perché di norma sfugge agli autori italiani, in particolare a chi aspira a venire pubblicato (o vomiterà la propria “grande opera” sul mercato come autopubblicato… sigh, ogni giorno il futuro della narrativa mi pare più nero). Troppo spesso il concetto di storia sfugge. E non sto scherzando.

Ecco un pezzetto di un’intervista ad Alan Altieri su Writer’s Magazine dell’ottobre 2007:

La tua visione degli scrittori italiani e della scrittura in Italia?
Domanda da un milione di dollari. Non faccio nomi e non cito titoli, ma in Italia c’è tutta una vasta narrativa che si occupa dei terribili tormenti dell’anima e che per me è da masturbazione mentale. Invece di raccontare delle storie, molti autori raccontano delle emozioni, che nella maggioranza dei casi percepisco come fittizie.

[Aggiunge però che da alcuni anni le cose stanno cambiando. Taglio per andare al sodo]

Molti autori italiani stanno tornando alle origini, cioè stanno tornando a voler scrivere delle storie di personaggi con problematiche, con conflitti, che hanno un inizio, un centro, una fine, e questo è molto incoraggiante, a mio parere.

Come potete vedere, non stavo scherzando.
Spesso agli autori italiani pubblicati, e tutt’ora ai dilettanti in cerca di pubblicazione o che stanno scrivendo il loro “romanzo”, manca proprio l’idea che la narrativa si occupi di storie, mandate avanti dal conflitto e con lo scopo di emozionare i lettori. C’è qualcosa di tragico in un autore famoso che vede con speranza il fatto che finalmente in Italia si inizi a fare ciò che perfino i peggiori ritardati dilettanti fanno all’estero: storie, non seghe.

Alan Altieri. Ha scritto “Magdeburg” e Clio lo detesta.
Clio ha ragione anche se non ama i coniglietti.
Blutta! Blutta! Testa di pigna! Blutta!

Non si scrive narrativa per mostrare quanto è figa la propria ambientazione fantasy con gli elfi (identica a mille altre). Si scrive per raccontare una storia: l’ambientazione apparirà per quel che importa nella storia e una buona storia saprà sfruttare i punti di forza/originalità dell’ambientazione (se non ci sono punti di forza, domandati perché cavolo vuoi usare quell’ambientazione inutile). Se ami tanto la tua ambientazione e vuoi donarla al mondo, scrivi un manuale dedicato con cronologia, genealogie, leggende, mappe e ‘sticazzi e diffondilo tra i gruppi che fanno LARP e i siti di GDR (e comunque non fregherà a nessuno).

Non si scrive narrativa per diffondere le proprie idee su qualche argomento. Se devi scrivere un saggio, scrivi un saggio. Se le idee devono esserci è perché funzionali alla storia, come la teoria economica basata sulle materie prime che muove tutta la storia in La Luna è una Severa Maestra. Quindi, in soldoni, sempre alla storia si arriva. Ci sono poi casi in cui le idee (sull’economia) non si notano e pure la storia fa schifo, ma non è questa la sede per parlare di un certo horror per bambini.

Non si scrive narrativa per diffondere la propria opinioni sui Grandi Temi della Vita in modo che la mamma e il salumiere (e i WuMing) ci trattino come “intellettuali”. Se si parla di Grandi Temi è perché muovono la storia. Non si riduce la narrativa a una scusa per parlare di altro, altrimenti vale lo stesso suggerimento di prima: scrivi un saggio. Crichton ha scritto Jurassic Park quando ha voluto parlare di manipolazione genetica, successo mondiale, mentre D’Angelo ha scritto quella porcata de La Rocca dei Silenzi.

Il primo è una storia e proprio perché funziona dal punto di vista narrativo ha emozionato i lettori e di conseguenza portato a discutere di clonazione tra le masse. Bingo, due in uno. Il secondo usa la storia come mera scusa per denunciare in generale gli orrori della manipolazione genetica e fa schifo. Morale della favoletta: anche se l’obiettivo è sensibilizzare il pubblico su un tema che interessa l’autore, lo si ottiene meglio mettendolo al centro di tutta la storia. Drammatizzando i fatti. Mostrando ciò che fa comodo. “Vendendo” una storia avvincente, come fa un bravo pubblicitario o un avvocato.
D’altronde la narrativa è retorica, no? La brutta retorica non convince nessuno.

Si potrebbe proseguire, ma voglio tagliare corto.
Tanto avete capito l’antifona.

Se anche si conoscono le Basi della scrittura per la narrativa, non sono sufficienti per poter pensare di scrivere a meno di non aver chiaro anche cos’è la narrativa (raccontare una storia con un inizio, un centro e una fine) e qual è il suo obiettivo (emozionare il lettore, immergerlo nella storia come se la scrittura non esistesse).

Se si ha chiaro tutto, forse, dico forse, si ha qualche speranza di produrre qualcosa di dignitoso. Forse. La scrittura è difficile, richiede molto esercizio e anche i concetti banali (come Punto di Vista e Mostrare) non sono facili da applicare come sembra. A mio parere è più facile imparare a fare editing che imparare a scrivere, ma è solo la mia impressione.

La mia Fiat Punto ha una manuale che dice ogni cosa. In teoria leggendolo si sa tutto su come guidarla, è scritto lì, chiaro come il sole che acceca e manda a sbattere. E infatti se uno non fa scuola guida e non impara a usarla, si schianterà.
Sapere come funziona l’auto è fondamentale ed è un ottimo inizio, quanto meno per curvare si girerà il volante invece di attivare i tergicristalli, ma per riuscire a guidare senza essere un pericolo per sé e per gli altri ci vuole pratica. E ancora si sarà lontani dal livello di guida dello stuntman o del poliziotto addestrato in inseguimenti, professionisti equivalenti allo scrittore capace di produrre narrativa degna di essere pagata (o letta gratis, in fondo il tempo non può essere restituito).

Ma cosa succede se uno “conosce” le regole, ma non ha capito che il tutto è al servizio del raccontare una storia avvincente?
Dal punto di vista narrativo non saprei indicarvi un autore tecnicamente bravo sulle singole frasi nelle scene, ma incapace di tramutarle in una storia o di renderle avvincenti. Di solito gli incompetenti lo sono in tutto: se non si informano su cosa è la narrativa, figurati se lo fanno su come la si scriva al meglio.

Però ho un caso alternativo.
Nel 1731 il Governatore di Algeri regalò un leone a Re Federico I di Svezia. Il Re adorava quel leone e quando morì volle farlo imbalsamare. Sfortunatamente il tassidermista di corte, certamente bravo nel suo mestiere, non aveva però idea di cosa fosse un leone. Non ne aveva mai visto uno vivo e tutto ciò che aveva per lavorare erano ossa, pelle e qualche rappresentazione araldica/farlocca dei leoni.
Fece quel che poteva col fiato del Re sul collo.
Ecco il risultato: un cagnolone sbavante.

Il nobile portamento del Re della Savana!

Il regale muso della belva!

Riuscite a distinguerlo dagli altri leoni? È Uniko!
Spicca come i romanzi fantasy italiani in mezzo a quelli esteri!

Tenete bene a mente cos’è la narrativa e forse il vostro romanzo non assomiglierà a quel leone. Se non conoscete nemmeno le Basi, le “regolette”, sarà peggio: marcio e sfatto, come se il tassidermista non avesse saputo nemmeno imbalsamare gli animali.

Fine del racconto ammonitore per giovani fanciulle.
Ora che sapete i rischi del perdere di vista l’obiettivo finale, non cadete più in errore, mie giovani lettrici. E non abbandonatevi a pratiche di auto-abuso e alla fornicazione. E non mangiate carne rossa: è putrida di batteri come sterco equino (citando il film Morti di Salute). Il dottor Harvey Kellog sia la vostra guida verso una vita sana e onesta. E Gamberetta Hime-sama sia il vostro modello in ogni azione.
^_^

Un ringraziamento a Bizzarro Bazar.

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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