Editoria ed eBook

102 anni fa: il Manifesto del Futurismo

Il Manifesto del Futurismo, già pubblicato nella prima metà di febbraio del 1909 da alcuni giornali italiani, acquisì fama internazionale con la pubblicazione il 20 febbraio 1909 sul francese Le Figaro.
Riporto il manifesto pubblicato, senza le parti aggiuntive precedenti e posteriori che potete invece leggere qui.

1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli ; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Fatene buon uso.
L’editoria italiana muore di Passatismo, avvinghiata alla carta. Primi fra tutti quei librai che con disprezzo ridono degli eBook, un tempo “fornitori di cultura”, simboli della diffusione della lettura, e ora retrogradi dispregiatori che pur di veder salva la carta preferirebbe che nessuno leggesse altro se non ciò che il marketing decide per loro. In un ipocrita impeto di sdegno ogni tanto criticavano le scelte degli editori, ma ogni volta che hanno offeso gli eBook hanno automaticamente inneggiato alla gloria del ricatto editoriale dei Big: cosa è l’eBook se non la possibilità di ignorare i gatekeeper e diffondere anche testi che non avrebbero posto nel mondo cartaceo del marketing?

E se tanti librai non lo fossero diventati perché mentalmente retrogradi, in cerca dell’autoerotismo di ciò che più di ogni altra cosa evocava il piacere di ciò che è “vecchio eppur sempre moderno da secoli”, il libro, capirebbero che c’è ancora posto per loro, per tornare a fare i librai la cui capacità di suggerire e assistere i clienti conta qualcosa ed è ciò che un negozio online come IBS o BOL non può dare. La carta non è cultura. I libri diffondono cultura. I libri non hanno niente a che vedere con gli alberi morti. Confondere la carta con la cultura è l’errore dei retrogradi, quelli a cui se si indica la Luna non vedono né la Luna né il dito, ma si guardano invece i testicoli e si grattano l’ano.

Chi compete nello stesso campo delle catene di librerie perde perché è un confronto capitali-contro-capitali, come già dimostrato negli USA quando B&N e Borders massacrarono i piccoli librari incapaci di offrire qualcosa di diverso da ciò che quelle catene offrivano meglio di loro. I librai inglesi sono convinti di potercela fare, ne avevamo parlato mesi fa. Sarà dura, ma ce la faranno. Anche gli italiani potranno, se non si dimostreranno inferiori ai sudditi della Perfida Albione.

Se i librai vorranno tornare a fare i librai per davvero, e non gli scaffalatori acritici di carta, ci sarà ancora posto per loro. Come c’è posto per tanti altri “trainer” capaci di dire a qualcuno “scegli questo”, “ti piacerà questo”, “ti consiglio questo”. Il lavoro non finirà nello spazio del negozio, divenuto luogo di lettura, relax e scambio culturale invece che magazzino stracarico di sfogliatine di alberi morti, ma proseguirà anche dopo, fidelizzando i clienti (clienti, NON consumatori) e seguendoli a casa con un negozio online (lo stesso a cui si può accedere dal negozio fisico) da cui comprare eBook, chiedere consigli per gli acquisti ecc…

Questo non è il mio campo.
Altri stanno già lavorando per delineare le caratteristiche vincenti dei librai del futuro, parte delle quali ho elencato senza spiegarle per esteso. Di certo so una cosa: l’elemento vincente non sarà il disprezzo per il futuro, il disprezzo per la diffusione della cultura e il disprezzo per i diritti dei clienti. L’elemento vincente non sarà ciò che ora ne contraddistingue tanti. Piace l’Eco che disprezzava Wikipedia (quando esperti internazionali di enciclopedie invece la lodavano) perché per i librai è naturale sentir rimbombar l’eco nel vuoto pneumatico dei loro crani. Affinità d’eco.

E se ai librai ho dedicato tante inconcludenti righe, agli autori che amano scrivere e a cui interessa essere letti (se poi guadagnano pure qualcosa, tanto meglio, ma non è questa la molla che li spinge a scrivere) dico solo questo:

Gli autori non hanno nulla da perdere, tranne le loro catene

Restituiamo i mezzi di produzione e diffusione agli autori, levandone una fetta (piccola e allo stesso tempo illimitata) dalle mani dei Grossi Autori che sequestrano lo scarso spazio vitale sugli scaffali e dei loro Editori, loschi figuri di Aristocratici della Lettura ridotti ormai a meri sfruttatori che vivono della rendita di quel latifondo chiamato “Scaffale & Copyright”.

Fine. E niente conigli nemmeno questa volta.
Farneticazioni buttate come capita e senza i conigli. Cornuti e mazziati, eh?

 

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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