Oggi Google ci ha deliziati con un logo subacqueo navigabile, in onore della nascita di Jules Verne avvenuta l’8 febbraio del 1828. Approfitto della ricorrenza per dire due cose a tema e farvi vedere un paio di meraviglie meccaniche che avrei voluto mostrare su Baionette già due anni fa. Cominciamo con Jules Verne.
visti da Marcel Mercado
Jules Verne non mi piace granché. Scrive male e scrive troppo. Robur ha un inizio che fa vomitare le capre, un elenco di osservatori che nemmeno l’autore più ritardato snocciolerebbe come incipit. Se Dickens sa essere “normalmente pesante” per l’epoca e Hugo dichiara di aver fatto un inizio alla cazzo di cane per I Miserabili (scusandosi pure della cosa con i lettori, ma ci teneva a parlar prima di quel personaggio), Verne batte tutti con delle porcate da cavarsi gli occhi. Le prime pagine di Robur fanno sognare la paradisiaca lettura di Arsalon o di Bryan di Boscoquieto.
Belle idee nelle sue opere, ma troppo spesso si trattava di romanzo scientifici e non di fantascienza. Preferisco allora Albert Robida, all’epoca famoso quanto Verne (e con più successo in termini di quattrini) e poi dimenticato al di fuori della Francia fino a tempi recenti. Robida è stato un padre della fantascienza più di quanto lo sia stato Verne e, a mio parere, è perfino più interessante di Wells. La meraviglia tecnologica da elemento centrale della storia interessante di per sé (e il cui funzionamento è spesso spiegato in modo accurato) diventa elemento contestuale che è interessante solo in funzione delle sue conseguenze.
Robida non ci mostra il telefonoscopio o i veicoli volanti o altre diavolerie nel suo Ventesimo Secolo perché sono interessanti di per sé o perché vuole spiegarci come funzionano (non lo fa), ma per le conseguenze che esse hanno sulla società e sulla vita di tutti i giorni (o sulla guerra, in un altro romanzo fatto perlopiù di illustrazioni). Questa è la vera differenza tra romanzo scientifico e fantascienza, come spiegata in modo eccellente da Philippe Willems della Northern Illinois University nell’introduzione all’edizione americana del 2004 del Ventesimo Secolo di Robida.
In più, pur facendo satira e talvolta con uno spirito punk degno del migliore Steampunk, Robida azzecca parecchie previsioni sul futuro. Tornerò su queste cose in futuro, quando parlerò un po’ di più del motivo per cui conoscere Robida è utilissimo per capire lo Steampunk senza farsi confondere dalle sparate di certi pseudo-esperti.
Di Verne credo sia interessante segnalare un romanzo molto famoso tra gli appassionati di fantascienza/retrofuturismo e un po’ meno tra il pubblico di massa.
Si tratta de I cinquecento milioni della Bégum (Les Cinq cents millions de la Bégum) del 1879, in cui viene rappresentata una città distopica con tanto di Scienziato Kattivo, anche se non al livello caricaturale dello scienziato pazzo del secolo successivo. La prima apparizione di un vero e proprio scienziato pazzo che usa la scienza -un raggio della morte- per minacciare il mondo dovrebbe risalire al successivo The Violet Flame di Fred Jane del 1899.
Il fatto che il romanzo di Verne mostri una società distopica è interessante per via della balla, fatta circolare da chi pensa di sapere qualcosa dello Steampunk solo perché ignorante nell’ambito di storia della fantascienza (da quando l’ignoranza in un campo affine genera conoscenza in quello limitrofo?), che l’aspetto distopico invece che utopico sia un elemento fondamentale dello Steampunk per differenziarlo dalle opere del vero Lungo XIX Secolo. Stronzate: ci sono società distopiche a pacchi nelle opere dell’epoca, anche al di fuori della fantascienza socialista (e anche senza citare il famosissimo Meccania del 1918, giusto per un pelo nei limiti temporali accettati come ispirazione storica per lo Steampunk).
Stahlstadt, “la città dell’acciaio”.
Un medico francese, il dottor Sarrasin, e uno scienziato tedesco, il professor Schultze, ricevono le due parti dell’eredità di una loro lontana parente, la nobile indiana Bégum Gokool: entrambi utilizzano la loro quota di questa immensa fortuna per realizzare le loro città ideali.
Il dottor Sarrasin realizza France-Ville, un’utopia sanitaria, mentre il dottor Schultze costruisce Stahlstadt (in tedesco “città dell’acciaio”), vera e propria città-industria, organizzata militarmente, dove progetta, produce e vende armi d’avanguardia. Inoltre ordisce segretamente piani minacciosi per la pacifica France-Ville, piani in cui progetta di sperimentare l’uso di armi di distruzione di massa ante litteram, di sua ideazione.
Nel frattempo, Johann Schwartz, un brillante ingegnere, si fa assumere a Stahlstadt dove scala per anni la catena gerarchica che lo porterà al sancta sanctorum di Schultze. Il giovane è in realtà Marcel Bruckmann, un alleato di Sarrasin, e riuscirà a scoprire i piani di Schultze. Pur senza venire scoperto, Bruckmann verrà condannato a morte dal capriccioso Schultze che gli aveva mostrato, per vanità, i suoi più terribili ordigni segreti: un supercannone dalla lunghissima gittata (sufficiente a bombardare France-Ville), proiettili incendiari e proiettili a diffusione di gas. Tuttavia, Bruckmann riesce a sfruttare la fiducia che Schultze continua a nutrire in lui e a fuggire da Stahlstadt; ma tutto il lavoro eroico di Bruckmann e quello dei suoi amici risulterebbe inutile, se il supercannone pronto a bombardare France-Ville, non fosse paradossalmente troppo potente: il primo proiettile sarà letteralmente scagliato in orbita attorno alla terra, danneggiando allo stesso tempo il cannone.
Infine, la nemesi: Schultze verrà trovato morto nel suo laboratorio segreto, congelato, asfissiato e pietrificato dall’esplosione di uno dei diabolici proiettili a gas di cui andava fiero. Questa morte porterà al collasso della struttura sociale di Stahlstadt, per cui l’autocratico Schultze non aveva mai progettato un vice-capo. Così, alla fine, tutto finirà paradossalmente nelle mani del suo unico parente noto, ovvero il dottor Sarrasin, che liquiderà tutto quanto.
(Trama presa da Wikipedia perché non ho voglia di scriverla io, lol)
Lasciando il contributo di Verne alla fantascienza distopica e passando agli animali meccanici, voglio mostrarvi le opere delle compagnie francesi Royal de Luxe e La Machine. Tra le loro opere dall’estetica Steampunk spiccano il gigantesco ragno denominato La Princesse e l’Elefante del Sultano, due bestioni meccanici animati da un mix di motori e congegni idraulici, entrambi frutto dell’ingegno di François Delarozière.
L’elefante è ispirato all’elefante a vapore che trascina la casa durante i viaggi in India descritti nel romanzo di Verne La Casa a Vapore (La Maison à vapeur) del 1880.
Mech quadrupede a vapore con annessa roulotte: niente male come ispirazione per lo Steampunk!
Illustrazione di Hippolyte Léon Benett per “La Maison à vapeur”, edizione del 1880.
L’elefante della Royal de Luxe è un po’ diverso da quello dell’illustrazione. La casa ad esempio è inclusa nel corpo della bestia stessa il che, a mio parere, lo rende ancora meno credibile, ma di sicuro più figo. Figo è meglio di credibile quando si parla di Steampunk (o in generale di narrativa fantastica) quindi è tutto ok! ^_^
Passiamo ai video. È roba vecchia: i primi video risalgono al 2006, mi pare, ed è dal 2009 che volevo mostrarli su Baionette, ma mi sono sempre dimenticato. LOL.
Acheron Books ha fatto a Vaporteppa un'offerta che non si può rifiutare: tutte le migliori…
La trasmissione di Adrian la serie è proseguita nelle ultime due settimane, come previsto. Nessuna…
Adrian di Celentano è un'opera strana. Ero un po' combattuto se parlarne o meno perché…
Nuovo anno e nuova analisi: Ralph spacca Internet. Questa volta si tratta di un film…
Bumblebee è un film della serie Transformers anomalo perché è fatto bene. Non benissimo, neanche…
Ho visto Macchine Mortali al cinema e mi sono venuti in mente degli spunti di…