Il 18 gennaio del 1871, 140 anni fa, venne proclamato l’Impero Tedesco con a capo Guglielmo, già Re di Prussia. La proclamazione da parte dei vertici militari e dei principi tedeschi avvenne nel Salone degli Specchi del Palazzo di Versailles (poi ratificata col Trattato di Versailles del 26 febbraio con l’adesione degli stati tedeschi meridionali e infine confermata del tutto il 10 maggio, con la conclusione ufficiale della guerra contro la Francia).
La Prussia e la Casa di Hohenzollern avevano mostrato al mondo la propria potenza e, nella visione mistica di Bismarck, dimostrato il diritto divino di guidare i tedeschi sotto una sola bandiera (tutti meno gli austriaci, grassi idioti rompiscatole, e i tedeschi baltici, servi fedeli dello Zar). Per la questione di come la Prussia militarista mise in crisi il pacifismo borghese di stampo britannico che aveva spopolato tra 1815 e 1866, vi rimando a questo articolo.
L’Impero Tedesco, nonostante tutti i difetti di una nazione di oltre un secolo fa, fu una culla di cultura, meritocrazia (anche se i vertici militari erano in mano -in teoria- all’aristocrazia, i borghesi potevano accedere senza problemi e fare carriera per meriti, in particolare negli ambiti più tecnici come l’artiglieria), arte, industriosità e civiltà. La nazione guida per livello di alfabetizzazione e numero di brevetti. In pochi anni sconfisse per qualità delle produzioni l’Inghilterra, minacciando la sua posizione dominante nei mercati internazionali. Negli anni ’90 dell”Ottocento l’aveva già superata anche nella qualità delle condizioni di vita dei lavoratori, migliorate enormemente in meno di venti anni. Una società assieme più tecnologica, più meritocratica e più egualitaria di altre.
La Germania Imperiale fu la patria di Albert Einstein che nel 1905 sviluppò la teoria della relatività ristretta e solo grazie ai suoi meriti (ricordate che era ebreo e pacifista) venne nominato direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Berlino nel 1914. Una posizione di enorme prestigio per un fisico. Aveva appena 35 anni. Nell’Italia di oggi quanti 35enni sono presidi di facoltà per meriti scientifici? Anzi, meglio: quanti non sono ancora solo ricercatori (o peggio)?
D’altronde il motto del più importante ordine cavalleresco prussiano (Hoher Orden vom Schwarzen Adler), poi adottato come motto anche dalla Fanteria della Guardia Imperiale, non era forse Suum Cuique? “A ciascuno secondo il suo merito”, come volle Federico il Grande. Meritocrazia reale, basata sul duro lavoro e sull’eccellenza, che affondava le sue radici nel profondo dello spirito tedesco.
La Germania Imperiale fu un esempio di eccellenza nella qualità delle produzioni industriali, perfino in quelle di massa per lo sforzo bellico: ancora oggi la straordinaria precisione nella lavorazione delle pistole secondarie tedesche della Grande Guerra e la qualità dei materiali impiegati sono ammirate come un’anomalia storica. Armi prodotte per lo Stato e vendute a prezzo di costo o poco più: qualsiasi persona ragionevole nel sistema Capitalista che conosciamo risparmierebbe il più possibile sulle componenti, per rispettare pelo-pelo le specifiche e incassare la differenza, ma i tedeschi fecero ugualmente un (costoso) lavoro eccellente. Quando un tedesco faceva un lavoro di precisione, lo faceva al meglio delle sue capacità. Nessuna eccezione ammessa.
La Germania Imperiale fu la patria delle prime grandi pistole semiautomatiche: Borchardt C-93, Mauser C96, Luger 08. Il calibro 9 parabellum, ancora oggi lodato per le sue eccellenti qualità balistiche e standard dei paesi NATO, nacque nel 1902. Progettato dal geniale Georg Luger a partire dal 7,65 parabellum per la nuova pistola dell’esercito tedesco (adottata come Luger 08 nel 1908), fu uno dei capolavori della Deutsche Waffen und Munitionsfabriken. Sempre dalla Germania Imperiale venne il capolavoro tecnico degli otturatori girevoli-scorrevoli, con l’eccellente Mauser 98 che lo montò per primo dandogli fama mondiale per affidabilità, ingegno e semplicità (meravigliati dai letali Mauser spagnoli, gli americani violarono il brevetto tedesco e copiarono quel tipo di otturatore per i loro nuovi Springfield 1903).
Mauser C96: il più grande balzo tecnologico nella storia delle armi da fianco
La Germania Imperiale fu l’apice della civiltà occidentale di primo Novecento, il simbolo dell’Europa stessa alla fine del Lungo XIX secolo, e allo stesso tempo se ne sentì estranea, diversa dagli altri europei e circondata da nemici di cui sospettare. E più in là, oltre la Russia nemica-amica, vi erano le orde del Pericolo Giallo che affollavano gli incubi del Kaiser.
Many sources credit Kaiser Wilhelm II with coining the phrase “Yellow Peril” (German: gelbe Gefahr) in September 1895. The Kaiser had a portrait of this title—depicting the Archangel Michael and an allegorial Germany leading a charge against an Asiatic threat represented by a golden Buddha—hung in all ships of the Hamburg America Line. It was ostensibly painted by the Kaiser himself
Sul suolo tedesco si svolse la battaglia tra l’antropologia e le discipline umanistiche, rendendo l’antiumanesimo (nel senso di nuova sfida su basi scientifiche per la conoscenza umana e non nel senso di “brutalità”) un elemento caratteristico dell’Impero Tedesco (si veda il capolavoro Anthropology and Antihumanism in Imperial Germany di Zimmerman).
La Germania Imperiale fu la patria della più ricca e variegata massa di baionette di ogni tipo, dai coltelli-baionetta “moderni” alle spade-baionetta grandi come sciabole e con enormi denti da sega. La scelta delle baionette dipendeva dalle singole unità e i tedeschi erano molto vanitosi e fantasiosi in quest’ambito.
La Germania Imperiale con le sua fama fece esplodere la moda del pickelhaube in mezzo mondo, tanto che i soldati americani nel 1881 adottarono proprio i caschi con il chiodo come copricapo. I britannici dovettero abbandonare del tutto i loro alti caschi chiodati (Home Service helmet) proprio quando scoppiò la guerra nel 1914, per tagliare ogni ponte col nemico. Già da oltre venti anni l’avversario continentale minacciava i commerci britannici con l’eccellenza dei suoi prodotti sia di consumo che di alta tecnologia, e questo fomentò gran parte della germanofobia britannica iniziata nel 1871 con la sconfitta militare della Francia (in molti si cagarono in mano pensando “noi saremo i prossimi?” e nacque la letteratura sull’invasione).
Negli Stati Uniti prima del 1914 moltissimi giovani studiavano tedesco e la Germania Imperiale veniva vista come un esempio da ammirare e imitare.
L’etichetta Made in Germany, nata con il Merchandise Marks Act 1887 per permettere agli inglesi di “comprare inglese”, divenne un simbolo di qualità che premiò i prodotti della Germania Imperiale: nel 1894 la commissione d’inchiesta del Reichstag rilevò che dopo un iniziale calo di esportazioni, ora il marchio avvantaggiava la Germania perché in Gran Bretagna tantissime persone volevano eccellenti prodotti Made in Germany al posto del ciarpame britannico. Il Regno d’Italia fu amico e fratello di questa potente nazione, fino al tradimento (forse inevitabile, dato il ricatto alimentare britannico) del 1915.
Con la morte della Germania Imperiale morì una parte fondamentale dell’identità europea. Morì il mondo del positivismo e della genuina fiducia nel progresso e nella scienza. Morì l’Europa stessa, con il suo orgoglio e la sua fiducia di sé, sostituita dai ladri di polli yankee ossessionati dall’esportazione a suon di bombardamenti della Civiltà della Coca Cola. Come direbbe Pietro Giordano: Ora va molto meglio…
Reichskriegsflagge
Non so cos’altro dire. Sono commosso.
Ecco, solo questo: mi mancate, stupidi bastardi con il chiodo sul cappello!
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