Categories: Storia Militare

Anniversario della Battaglia di Sadowa del 1866

Oggi ricorre l’anniversario di una battaglia che è stata fondamentale per il mondo tedesco e per la storia dell’Europa: Sadowa (o Königgrätz, se preferite il nome più in voga tra gli inglesi). Anche se fuori dalla Germania riceve spesso un’attenzione minore rispetto ad altre battaglie dell’Ottocento, Sadowa è stata un punto di svolta del diciannovesimo secolo sia per le enormi novità nel modo di condurre il conflitto, che poi si vedranno ancora di più nella Guerra Franco-Prussiana, sia per la grande vittima illustre di quel campo di battaglia: il pensiero liberale tedesco. E anche il suo fedele amico “pacifismo”, personaggio altrettanto illustre, ne uscì con le gambe amputate sopra il ginocchio. Brindisi per i militaristi.

Helmuth von Moltke e Otto von Bismarck a Sadowa

Potete trovare abbondanti informazioni in lingua inglese sulla battaglia di Sadowa e sulla guerra austro-prussiana, per cui non mi dilungherò nell’inutile tentativo di fare un articolo completo. Preferisco concentrarmi su alcuni dettagli, più utili dell’analisi della battaglia per gli appassionati di narrativa steampunk, e sulle due vittime illustri citate prima. Giusto come curiosità posso segnalare che, dal punto di vista della quantità di persone in campo rispetto al tempo impiegato per combattere, Sadowa con i suoi 400mila uomini schierati in una sola giornata (3 luglio 1866) batte i 600mila uomini su tre giorni di combattimenti della Battaglia di Lipsia (16-19 ottobre 1813, ma la notte tra il 18 e il 19 in pratica fu solo la ritirata di Napoleone). Lipsia però vince alla grande in termini di morti e feriti, ma magari non è una cosa di cui vantarsi.

“Wilhelm I und Gefolgschaft bei der Schlacht von Königgrätz”, Christian Sell, 1872

La guerra austro-prussiana è uno di quei conflitti che, a posteriori, Bismarck cercò di far passare come parte di un Grande Piano per unificare la Germania (forse per volontà dei suoi fan post-1870, più che sua). Difficile crederci: i grandi piani creati con anni di anticipo non funzionano mai e al più li si costruisce dopo, riscrivendo la storia dal punto di vista del vincitore. Troppe variabili, troppi cambiamenti improvvisi, troppa ignoranza sul futuro e sul presente. I grandi politici e strateghi si vantano, a posteriori, di grandi piani sviluppati con la precisione di un orologio, ma dietro si nasconde una capacità ben più grande, anche se più difficile da apprezzare per le masse: quella di decidere volta per volta, sull’unghia, senza alcun grande piano che si dipana un passo alla volta. Improvvisare, l’arte del genio (assieme alla fortuna, dote del genio che trionfa).

Ma improvvisare pare una cosa da poco per chi non deve decidere il destino di milioni di uomini e per chi sa ragionare solo con meccanismi mentali antistorici (ovvero “a posteriori”: in realtà esiste solo l’istante presente e le informazioni note presenti a quell’istante, niente altro), per cui al Bar dell’Opinione Pubblica tutti alla fine si vantano dei Grandi Piani studiati in ogni minimo dettaglio e avverati con la precisione di un orologio svizzero. E le signorine in ascolto sospirano d’amore e si sventagliano… o qualcosa di simile.
Al massimo sono disposto a pensare, data la vicinanza temporale, che le dispute tra Austria e Prussia seguite alla vittoria contro la Danimarca nel 1864 fossero state volute da Bismarck per ottenere una futura guerra con lo scomodo vicino (e questo è in fondo il suo “capolavoro diplomatico”).

Bismarck sapeva improvvisare, che in fondo è parte determinante della Realpolitik, per il bene della Prussia. Anche il far rifiutare la corona imperiale a Federico Guglielmo IV, al tempo delle rivoluzioni borghesi del 1848, fu una decisione che non poteva essere consapevole degli avvenimenti di 22 anni dopo (anche se a posteriori può sembrare parte di un piano geniale “anti-democratico”, visto che la proclamazione a Imperatore di Guglielmo I nel 1871 arrivò da parte dei principi tedeschi e non da parte delle masse e dei borghesi).

Improvvisare, inseguendo il miglior risultato ottenibile al momento: Realpolitik nuda (tutta nuda!) e cruda. Nel 1864 si alleò con gli Austriaci per estendere il proprio controllo sui Ducati Danesi, facendo versar una lacrima di gioia alle fanciulle schierate per i Grandi Tedeschi. Nel 1866 sconfisse gli austriaci giusto per precisare, essendo favorevole l’occasione, di non voler che tutti i popoli di lingua tedeschi fossero uniti se questo significava che la Prussia non sarebbe stata alla loro guida: meglio escludere la scomoda Austria. Le fanciulle del gruppo dei Piccoli Tedeschi svengono per l’emozione, ma il medico le fa rinvenire coi sali.
Non per niente la breve guerra austro-prussiana, appena due mesi, viene chiamata in Germania anche Guerra Civile Tedesca e Bruderkrieg (guerra “tra fratelli”).

Otto von Bismarck, Albrecht von Roon ed Helmuth von Moltke
i tre grandi vincitori di Sadowa

Passiamo a qualche aspetto tecnologico. I due elementi determinanti di questa guerra furono le armi a retrocarica prussiane e le ferrovie. L’artiglieria diverrà fondamentale nella Guerra Franco-Prussiana e tale rimarrà fino alla Grande Guerra (l’artiglieria conquista e la fanteria occupa, si diceva). I prussiani dal 1862 avevano reso obbligatoria la leva (della durata di tre anni, se ricordo bene) e per questo motivo i loro reggimenti di fanteria erano meglio addestrati e in grado di agire a livello tattico in modo più innovativo rispetto alle masse di fanti “appena coscritte per l’occasione” messe in campo dagli austriaci. Questo era un vantaggio enorme per i prussiani: disponevano sia di armi a retrocarica (fucili ad ago Dreyse M1841 e M1862, ne parlerò prossimamente) che di truppe addestrate per combattere in modo più complesso e molto più efficacie, ottimizzato per sfruttare i vantaggi della nuova arma.

Gli austriaci basavano il loro impiego della fanteria su ciò che avevano appreso contro i francesi durante la guerra del 1859, in Italia. I francesi erano temibili per le loro brutali cariche: minimizzavano i morti causati dai fucili rigati nemici accorciando le distanze il più rapidamente possibile, per poi sparare una scarica a distanza ravvicinata e lanciarsi in massa alla baionetta per costringere alla fuga i nemici. Stosstaktik, come la rinominarono gli austriaci. Una tattica semplice, brutale, ma che richiede quel coraggio e quello spirito combattivo proprio dei francesi.

I prussiani nella guerra del 1870 ebbero un gran timore delle temibili cariche alla baionetta francesi, capaci di mandare in rotta chiunque, ma a causa dei nuovi fucili Chassepot e della confusione tra gli ufficiali sull’uso della nuova arma (alcuni seguivano il nuovo manuale che indottrinava all’uso di un massiccio volume di fuoco, mentre altri preferivano le vecchie tattiche), i francesi non ebbero la coesione necessaria per combattere efficacemente né basandosi sul fuoco né sul corpo a corpo (però, avendo imparato dalla sconfitta, ripresero a far gran cariche in attesa della revanche… peccato che nel 1914 i loro vigorosi assalti alla baionetta in campo aperto incontrarono il fuoco delle mitragliatrici tedesche! Un po’ lenti nell’adattarsi alle nuove tecnologie, non trovate?).

Fanti austriaci del 1866

La Stosstaktik austriaca, blanda imitazione senza il gallico coraggio, si scontrò con il tiro rapido dei fucili Dreyse: mentre gli austriaci avanzavano in colonne compatte, come ai tempi di Napoleone, e sparavano stando in piedi perché il loro fucile Lorenz ad avancarica si potevano ricaricare agevolmente solo da posizione eretta (si può anche da sdraiati, ma ci impieghi molto di più, a occhio credo che si passi da 15 secondi a quasi un minuto, ed è scomodissimo), i prussiani sfruttavano le asperità del territorio per cercare copertura, si sparpagliavano e si sdraiavano per sparare, ottenendo così un profilo minore per il nemico e una mira più precisa per sé.

Gli austriaci, nonostante sapessero fin dal 1864 (e probabilmente anche da prima) dei nuovi fucili prussiani, non fecero nulla per cambiare di nuovo il proprio modo di combattere: in fondo, come insegnava Napoleone, era molto più facile far avanzare in colonne dei fanti appena coscritti piuttosto che farli combattere in altre formazioni più complesse da manovrare. I Sassoni alleati degli austriaci, circa 22.000, usavano tattiche ancora più vecchie, risalenti al ‘700: lunghe e sottili file di fanteria per massimizzare il volume fuoco… ma in un confronto fuoco contro fuoco la maggior gittata dei fucili ad avancarica non può nulla contro il volume di fuoco quintuplicato del Dreyse.

A livello di cavalleria e artiglieria invece era l’Austria a essere in vantaggio, ma di poco: cannoni con gittata maggiore e i migliori corazzieri d’Europa. Il vantaggio dell’artiglieria non era determinante e il tempo delle vittorie determinate dalle grandi cariche di cavalleria pesante era ormai finito.

Ussari austriaci del 1866

Il secondo elemento fondamentale, importante quanto il fucile Dreyse, fu il treno: grazie alle ferrovie Moltke, il Capo di Stato Maggiore che operava in completa sintonia con il Cancelliere Bismarck, fu in grado di radunare le tre armate prussiane e disporre gli uomini su un fronte di 200 chilometri in metà del tempo degli austriaci. Combinando la rapida mobilità della ferrovia con la rapidità decisionale del telegrafo, si potevano manovrare grandi masse d’uomini senza aver problemi di rifornimenti (già Napoleone sessanta anni prima sapeva che il territorio e le poche strade non potevano sopportare le grandi armate moderne che vanno fatte avanzare divise e radunate solo poco prima della battaglia).

La Prussia aveva l’iniziativa e poteva avviare il conflitto prima del nemico, dove preferiva, proprio come accadde quattro anni dopo quando una Prussia che tutti si aspettavano in difesa (inclusi gli esperti del Regno d’Italia) si lanciò sulla Francia catturando tutti i magazzini a est di Parigi necessari allo sforzo bellico francese. Cinque linee ferroviarie prussiane contro una sola linea austriaca. Le ferrovie erano già state usate nella Seconda Guerra d’Indipendenza italiana e nella Guerra Civile Americana, ma mai con l’efficienza e l’organizzazione con cui le usò Moltke. Le ferrovie non erano vantaggi aggiuntivi, ma il centro stesso della strategia prussiana, tanto che anni dopo Moltke arrivò a dire che la Prussia non aveva bisogno di fortezze perché aveva le ferrovie (“Non costruiamo più fortezze, costruiamo ferrovie!”).

Abbiamo l’inestimabile vantaggio di poter trasportare il nostro Esercito di 285.000 uomini su cinque linee ferroviarie e di poterlo radunare teoricamente in venticinque giorni […] L’Austria ha una sola linea ferroviaria e impiegherà quarantacinque giorni a radunare 200.000 uomini […] Nulla è più gradito che iniziare oggi la guerra che dobbiamo fare.
(Helmuth von Moltke, rivolgendosi al Ministro della Guerra Albrecht von Roon)

Passiamo ora alla vittima illustre, il pensiero liberale tedesco. Fortunatamente ho scoperto di non aver bisogno di frugare alla ricerca delle citazioni nella mia copia (sepolta in cantina non so dove ^_^”) de I tedeschi di Kohn né nel libro di Benedetto Croce: per una volta la wikipedia italiana aveva proprio quello che cercavo (un miracolo), anche se la pagina è piuttosto scarna per ciò che riguarda il conflitto in sé. Non avevo proprio nessuna voglia di frugare nei libri cartacei, come anni fa, ora che ho imparato ad amare la funzione di ricerca degli eBook.

Nel mondo in cui operò Bismarck tra 1848 e 1866 il pensiero liberale della borghesia andava per la maggiore: si voleva più rappresentanza, costituzioni che dessero più poteri al parlamento a scapito del Sovrano, più pace per far prosperare i commerci. Anche se intrappolati in un mondo in cui i conflitti, specie quelli ridotti e in luoghi lontani (come l’intervento anglo-sardo-francese in Crimea), erano spesso presenti, i liberali d’Europa sognavano una grande, meravigliosa pace in cui arricchirsi.

L’Inghilterra, la grande potenza coloniale, aveva un forte Parlamento e una regina che non decideva di testa propria la politica estera del regno. Perfino il piccolo Napoleone, Imperatore per acclamazione popolare, dipendeva dal sostegno delle masse e della borghesia. La strada del progresso e della vittoria andava dritta per la partecipazione popolare: autocrazie reazionarie come quella Russa non potevano competere con le potenze liberal-democratiche.
Vi suona famigliare come ideologia? Campanellino yankee in azione?

Bismarck, fervente monarchico e convinto sostenitore del diritto divino degli Hoenzollern a guidare la Germania (un concetto politico in cui nessuno credeva più), aveva fatto rifiutare nel 1848 la corona “data dal popolo” a Federico Guglielmo IV (perché ciò che il popolo dà, il popolo può togliere: solo i principi tedeschi hanno il diritto di scegliere il proprio Imperatore) e con la sua politica autoritaria e spregiudicata teneva le redini della Nazione. Il Re nel 1866 poteva essere Guglielmo I, ma quello che comandava era Bismarck: nessuno poteva davvero permettersi di scacciare l’unico uomo in grado di guidare la nazione.

La guerra contro l’Austria cominciò in un clima tesissimo: l’esercito era contro Bismarck, il Re era contro la politica spregiudicata di Bismarck, il popolo e il parlamento era contro Bismarck… solo un pugno di collaboratori fidati, tra cui von Roon e von Moltke, credevano ancora nel Cancelliere (se mi ricordo giusto: le mie due biografie di Bismarck riposano anche loro in qualche scatola, per cui vado a memoria).

Bismarck nelle vignette satiriche di Wilhelm Scholz, meno di due settimane prima dello scoppio della guerra. “L’opportunità è favorevole, o per diventare grande e soddisfare i desideri del popolo prussiano, o per diventare l’uomo più popolare della Germania soddisfacendo il desiderio generale”: a sinistra viene mostrato Bismarck che -prima opzione- pianifica un futuro di pace, elezione diretta nel parlamento e più poteri decisionali ai parlamentari ecc… e a destra un Bismarck che si copre gli orecchi mentre il popolo infuriato gli chiede di fare un passo indietro, di andarsene ecc… C’è anche un gioco di parole tra “soddisfare” e “morire” intraducibile in italiano. Questo era il clima in cui operava Bismarck prima di Sadowa.

Quando l’esercito prussiano vinse la battaglia di Sadowa, i liberali tedeschi capirono di aver sempre avuto torto. Bismarck aveva dato alla Prussia una gloria militare inaspettata e ora i tedeschi erano disposti, nell’euforia di essere di nuovo una delle grandi potenze militari d’Europa dopo quasi un secolo, ad abbracciare integralmente il pensiero politico bismarckiano. L’uomo più detestato della Prussia, il gretto conservatore retrogrado e militarista, era ora l’idolo degli stessi borghesi e intellettuali che pochi giorni prima lo insultavano. Una stato forte, autoritario e militarista poteva trionfare facendo cose che nessun governo liberale aveva mai fatto! Quattro anni dopo ne ebbero la conferma definitiva sconfiggendo la Francia, ma la scintilla della “rivoluzione nel pensiero politico tedesco” era scattata in quel giorno di luglio. Il fallimento liberale dell’Assemblea di Francoforte del 1848 era stato cancellato dalla vittoria militare del 1866. In cambio del potere assoluto, il Cancelliere dava ai borghesi enormi aiuti finanziari, proteggendo l’economia tedesca (liberismo nei mercati? A vantaggio di chi, dell’Inghilterra? No, grazie!).

La guerra rappresentò una rivoluzione che non si sarebbe potuta verificare senza Bismarck, […] una volta che la rivoluzione giunse al successo, l’opposizione si dissolse rapidamente e i dubbi vennero messi a tacere […] Era come se il popolo tedesco avesse assistito a un miracolo. Niente era più come prima […] La ragione era diventata torto e il torto ragione.
(Hans Kohn, I tedeschi)

Il mondo stupefatto non sa cosa ammirare di più, l’eccezionale organizzazione delle forze armate della Prussia o la dedizione morale del suo popolo, l’incomparabile vigore della sua economia o la solidità della sua educazione generale, la grandezza delle sue vittorie o la modestia dei suoi bollettini, il coraggio dei suoi giovani soldati o la devozione al dovere del suo re attempato.
(Hermann Baumgarten, ex-avversario di Bismarck, in Autocritica del Liberalismo Tedesco)

Altra vignetta di Wilhelm Scholz, pochi mesi dopo Sadowa (16 dicembre 1866).
Ora i liberali fanno di tutto per dire che erano d’accordo con Bismarck, in fondo, e sapevano che aveva ragione, pur di far parte di quelli che tirano il carro trionfale agli occhi dell’opinione pubblica. Ma più che tirare con Bismarck, paiono aggrappati come un peso che si lascia trascinare. “E in questo senso, noi, anche, siamo d’accordo con il Conte Bismarck e abbiamo tirato la stessa corda che ha tirato lui.” La lotta tra il Cancelliere e la maggioranza liberale in Parlamento, che si trascinava dal 1861, è ormai finita.

Benedetto Croce espresse il suo parere negativo sul 1866, l’anno funesto per chi, come lui, aveva visto dove alla fine la Germania era stata condotta dalla fiducia nelle armi (in realtà per poco la Germania Imperiale non vinse la Grande Guerra, ma vabbé, fingiamo che il “disastro” e la fine degli Imperi fosse l’unica strada possibile… è così politically correct e yankee style! Le democrazie vincono sempre!):

Stato che, rigettando il governo popolare, fondandosi sull’autorità, prendendo regola solo dall’alto, conseguiva trionfi che nessun altro popolo d’Europa avrebbe saputo né osato contestargli […] Si insinuava qualcosa di mal sicuro e di poco sano […] La coscienza morale d’Europa era ammalata da quando, caduta prima l’antica fede religiosa, caduta più tardi quella razionalistica e illuministica, non caduta ma combattuta e contrastata l’ultima e più matura religione, quella storica e liberale, il bismarckismo e l’industrialismo e le loro ripercussioni e antinomie interne, incapaci di comporsi in una nuova e rasserenante religione, avevano foggiato un torbido stato d’animo, tra avidità di godimenti, spirito di avventura e conquista, frenetica smania di potenza, irrequietezza e insieme disaffezione e indifferenza, com’è proprio di chi vive fuori centro, fuori di quel centro che è per l’uomo la coscienza etica e religiosa.
(Benedetto Croce, Storia d’Europa nel secolo XIX)

La politica della forza e della potenza, che porterà la Germania alle disfatte del 1918 e del 1945, era una manifestazione della mancata formazione di un vero pensiero liberale nel mondo tedesco, anche a causa della vittoria del 1866 che aveva portato all’aborto del feto pacifista-borghese che nelle altre nazioni era già un ragazzo alto e robusto. Una nazione nata con il ferro grazie ai fatidici tre bagni di sangue di Bismarck, convinta che solo con il sangue avrebbe sempre trionfato.

Quelli che noi possiamo indicare come liberali e progressisti nel mondo politico della Germania Imperiale (escludendo quindi i socialisti arrivati in parlamento grazie alla bontà di Guglielmo II), erano dei militaristi quasi quanto i conservatori. Ma sto andando fuori tema rispetto al post commemorativo. Vi consiglio, per godere di uno squarcio del pensiero tedesco nel 1914, ai primi capitoli de La grande storia della prima guerra mondiale di Martin Gilbert.
Buon Ottocento a tutti e che lo steampunk sia con voi.

Otto von Bismarck:
la grandezza di un uomo è facilmente intuibile dal copricapo che ama indossare.

P.S.
un torbido stato d’animo, tra avidità di godimenti […] frenetica smania di potenza, irrequietezza e insieme disaffezione e indifferenza, com’è proprio di chi vive fuori centro, fuori di quel centro che è per l’uomo la coscienza etica e religiosa.
Ma Croce Benedetto, ce l’hai con me per caso? ^_^

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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