Come avevo accennato nell’articolo dell’otto dicembre, avevo intenzione di fare un po’ di pubblicità a un certo romanzo: Marstenheim di Angra. Ho preferito aspettare che ne parlasse Gamberetta per non toglierle l’onore della prima segnalazione pubblica.
Marstenheim è un romanzo di avventura, Science Fantasy, con una certa originalità nel mettere assieme gli elementi fantastici ben scelti, ma non particolarmente bizzarro. Dovrebbe soddisfare senza problemi anche i gusti di chi non ama le cose troppo bizzarre, pur essendo molto più innovativo del solito fantasy nel solito medioevo-di-cartapesta atemporale. Un onesto Science Fantasy con una spruzzata di influenza dello Zuddas di C’era una volta un computer e di Balthis l’avventuriera nel dipingere un mondo che dall’alto sviluppo tecnologico è precipitato nella barbarie.
L’ambientazione, alla fine ridotta alla sola città di Marstenheim e poco altro (ottima scelta), è un buon miscuglio di elementi diversi. Si nota una certa vena di Warhammer in alcune cose, come negli schieramenti visivamente netti, come sono visivamente molto diversi gli eserciti del wargame: i crociati indossano cotte di maglia, le forza della Repubblica hanno i fucili ad avancarica, gli adoratori dei demoni sono deformi, gli uomini-ratto sono uomini-ratto (ma sono molto più divertenti degli Skaven) ecc… ecc… Non esattamente lo stesso livello di differenza che potrebbe passare tra francesi, prussiani e inglesi nella Guerra dei Sette Anni. Anche se un francese e un ratto, in fondo, non sono molto diversi. ^_^
“Gya” disegnata da Laura Bagliani
Ho seguito il romanzo, fornendo l’aiuto che potevo dare, da quando Angra ha iniziato a pubblicarlo sul suo sito. L’ho letto complessivamente tre volte prima prima che venisse rilasciato per intero e poi una quarta volta, per individuare gli ultimi refusi (o quelli nuovi, apparsi di fresco) e permettere ad Angra di correggerlo al meglio nei primi giorni dopo la pubblicazione online.
Anche se il lavoro di segnalazione e suggerimenti è stato piuttosto lungo, non è stato pesante: prima di tutto il romanzo è ben scritto e divertente, quindi rileggerlo tre o quattro volte non è stato un problema, e poi la quantità di difetti da segnalare era limitata. Sì, c’erano parecchie piccole cosette da sistemare, ma tutti errorini lievi o questioni di gusto. O sonorità strane, come parole che rimavano in “ano”. Nell’insieme il romanzo era già bello pronto fin dalla prima volta che l’ho letto.
In più Angra ha mostrato l’approccio che un vero autore dovrebbe avere nei confronti dell’editing: stare in silenzio e leggere gli appunti ricevuti, valutando in proprio quanto ricevuto senza ribattere in modo sterile o far polemiche. Un atteggiamento di professionalità e maturità nei confronti dell’opera scritta e del lavoro del collaboratore per l’editing che pochi hanno. La cosa di cui mi sono stupito è che abbia fatto tutto quello che avevo detto. Perlomeno tutto quello che si poteva fare senza stravolgere troppo la storia, che è comunque tanto. Non me lo aspettavo. E non so dire se sia stata una cosa buona o meno. ^_^”
Il punto debole del romanzo è l’inizio. Io stesso l’ho visto come uno scoglio, alla prima lettura. L’inizio non invoglia: i ratti sono simpatici, ma non sono ancora divertenti come Skiapp e compagnia, e per quanto l’evento mostrato sia importante per la trama, non vi è un elevato coinvolgimento emotivo per il lettore o una particolare meraviglia.
Passata la prima scena, il resto del romanzo vola via. Ben scritto e gradevole.
Il finale non mi dispiace.
L’Epilogo in sé lo trovo molto bello, ma nell’insieme il finale anche se ben fatto non dà quella sensazione di oppressione e di perdita che si sente quando finisce qualcosa di “veramente coinvolgente” che ti ha tenuto incollato fino all’ultimo capitolo/episodio.
Ma a questo tornerò dopo.
Angra ha fatto un ottimo lavoro nel correggere il tiro, comunque. La versione precedente era priva di due scene, una d’azione con i soldati (dovreste individuare facilmente dove ho aiutato di più l’autore nel sistemare la primissima bozza della nuova scena) e una coi ratti. Mi sono piaciute molto e sono state una sorpresa: in poche ore Angra ha individuato cosa andava aggiunto e ha provveduto. Un lampo.
Aver inserito quelle scene e averne modificate altre ha permesso di chiudere meglio le vicende in sospeso di alcuni personaggi e, di conseguenza, la vicenda generale della città.
Torniamo al problema di fondo dell’opera, che si ripercuote sul finale.
Marstenheim non è la storia di “un personaggio che fa una cosa”. Me ne sono accorto nel tentativo di sintetizzarlo in una o due frasi per consigliarlo agli amici. La storia non è riassumibile come “la vicenda di un personaggio”, ma solo come “la vicenda di una città in cui passano dei personaggi”.
Lo stesso utilizzo di POV usa-e-getta, come il maggiore Drong, testimonia che l’interesse principale è nel dare un affresco delle vicende della città più che delle vicende di un singolo protagonista.
Non è come Rambo che in entrambe le versioni, film e romanzo, è la storia di un reduce distrutto dalla guerra e incapace di tornare alla vita civile perché il mondo civile per primo è ostile (la vicenda di una persona che si conclude per intero nella sua “morte/ritorno dal colonnello come simbolo del mondo militare” -in base alla versione-).
Anche le Cronache del Mondo Emerso sono riassumibili in poche frasi su Nihal e questo è un grosso punto di forza. Fin dal primo libro si capisce che è la storia di Nihal: una ragazza in un mondo in guerra scopre di essere l’ultima superstite di un genocidio e cerca vendetta contro i Kattivi.
Non un generico gruppo di eroi che parte per salvare il mondo “tanto per” contro un cattivo “perché sì”: una vicenda personale che esige vendetta di persona. Metterla sul personale è una buona idea. Poi, ok, la vicenda è una stronzata e il Kattivo è un ritardato, ma quanto meno si può sintetizzare dal punto di vista di un personaggio.
Qual è il problema di non essere la “storia di un personaggio” e basta?
Prima di tutto che è più difficile costruire un legame emotivo in poco spazio. Nelle Cronache del Ghiacco e del Fuoco è vero che non c’è la vicenda di un singolo personaggio, ma la mole di vicende ben legate permette di costruire delle aspettative/simpatie per i vari POV-Char (Tyrion in particolare), permettendo al lettore di sviluppare preferenze dinastiche e di fare il tifo per un personaggio e/o famiglia o per l’altro. E in più le vicende generali (la guerra civile) sono chiare e si riassumono facilmente, magari con un improprio paragone con la Guerra delle Due Rose.
In Marstenheim ci sono troppi personaggi e troppo poco tempo per affezionarsi davvero a qualcuno. Il personaggio che può riscuotere maggiore simpatia e una sorta di affetto è Skiapp, che ho adorato, ma non ho visto della vera concorrenza da parte di Aix o di Carmille o di altri. Senza affetto è anche più difficile provare sofferenza nel distacco dall’opera, al suo termine. Skiapp e gli uomini ratto forniscono anche il necessario elemento di comicità per sdrammatizzare, motivo in più per cui il lettore potrebbe simpatizzare per loro.
Un romanzo che vi consiglio di leggere per le feste.
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