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Leviathan di Scott Westerfeld, primo capitolo

È uscito il primo capitolo di Leviathan, anteprima gratuita, sul sito dell’editore yankee. I primi due capitoli erano già stati pubblicati come bonus all’interno del libro “Bogus to Bubbly: An Insider’s Guide to the World of Uglies”, per cui non è una novità sconvolgente, ma quanto meno ora TUTTI possono leggerlo.

Non è un buon incipit. Non è brutto, ma non è nemmeno bello.
Non offende la vista, ma nemmeno trascina con forza nella lettura.

Dal punto di vista dello Steampunk è un “boh“, nel senso che l’ambientazione storica va anche bene, i riferimenti alla meccanica vanno bene (Otto Klopp, his master of mechaniks), i riferimenti allo zeppelin e alle walking machines vanno bene anche se sono “soltanto dei Diesel”[1], ma come livello di reale dettaglio è troppo scarso per attrarre un fanatico della divergenza tecnologica. Non è ottimizzato per gli amanti dello Steampunk. Non si vedono in azione le puttanate steam.

Troppo poco esplosivo e coinvolgente per un’opera che faceva della stramberia steampunk militare il suo cavallo di battaglia, tanto che la descrizione del libro nel sito dell’editore Simon and Schuster inizia proprio con:

It is the cusp of World War I, and all the European powers are arming up. The Austro-Hungarians and Germans have their Clankers, steam-driven iron machines loaded with guns and ammunition. The British Darwinists employ fabricated animals as their weaponry. Their Leviathan is a whale airship, and the most masterful beast in the British fleet.

E nell’incipit non c’è nemmeno un accenno a macchinari da guerra con efficienti motori a vapore (col condensatore e che brucino kerosene, per favore…). Scott poteva sforzarsi a mettere un Mech a Vapore invece dei cosi Diesel e basta. O magari avrebbe potuto fingere una vera e propria scena di battaglia, giusto una paginetta di stramberie rocambolesche con il Mech gigante che avanza distruggendo coi lanciafiamme la ridotta dell’artiglieria Darwinista e mentre assapora la vittoria tra i cadaveri fumanti un mostro zannuto di venti tonnellate gli si scaglia contro una gamba e lo butta a terra… per poi farci scoprire che era solo una fantasia di Alek che giocava coi soldatini.
Invece niente: non si è nemmeno sforzato di titillare le fantasie steam-strambe del pubblico. Che peccato.

Anche il modo in cui è scritto non è perfetto. Non è scritto male, ma nemmeno bene. Andrebbe sistemato. In appena sette paginette striminzite non mancano nemmeno le informazioni inutili, in questo caso infodump veri e propri.
Faccio un esempio facile da capire:

It was always like this. To the servants he might be “the young archduke,” but nobles like Volger never let Alek forget his position. Thanks to his mother’s common blood, he wasn’t fit to inherit royal lands and titles. His father might be heir to an empire of fifty million souls, but Alek was heir to nothing.
Volger himself was only a wildcount—no farmlands to his name, just a bit of forest—but even he could feel superior to the son of a lady-in-waiting.

Non va bene perché senza un reale motivo e una reale necessità Alek pensa (ed essendoci abituato non dovrebbe pensarci così per esteso), alla questione del matrimonio del padre con una “inferiore”[2] e al fatto di non essere ancora in linea di successione dopo il padre.
Ok, questo è un dettaglio importante per la storia, ma lo si può ricordare DOPO, in un momento in cui queste riflessioni possano suonare NATURALI. Ora non è naturale che Alek pensi a quella che per lui è una colossale ovvietà (oltre al fatto che la costruzione della frase mi puzza troppo di “voce dal cielo” del narratore). Non è l’infodump peggiore del mondo, ma non è il modo giusto di fornire informazioni al lettore.

Scrivere è difficile, anche se i principi di scrittura sono di per sé semplici (si veda Strunk) e molte cose in teoria sembrino intuitive a leggerle sui manuali, ma un autore esperto come Westerfeld dovrebbe padroneggiare il modo di fornire le informazioni con naturalezza al lettore senza ricorrere a questi trucchetti degli “spunti di riflessione” che sono veramente da n00b (ah, guarda, il Conte è stato poco rispettoso e quindi Alek riflette sul matrimonio morganatico del padre! SIGH…).

Correzione semplice, senza farsi troppe seghe mentali sull’ottimizzazione del testo e lasciando la riflessione sui “nobili” (ma di preferenza io segherei tutto e basta):

It was always like this. To the servants he might be “the young archduke,” but nobles like Volger never let Alek forget his position. Thanks to his mother’s common blood, he wasn’t fit to inherit royal lands and titles. His father might be heir to an empire of fifty million souls, but Alek was heir to nothing.
Volger himself was only a wildcount—no farmlands to his name, just a bit of forest—but even he could feel superior to the son of a lady-in-waiting.

Non è l’unico problema del testo. I lettori che hanno l’occhio un po’ allenato alla lettura consapevole dovrebbero poter individuare tutti gli altri problemi. Buon divertimento. ^__^
Ciò però non toglie che non sembra brutto come il tipico romanzo per Young Adults italiano: siamo anni luce dalla Strazzulla, dalla Licia di “Adhara” e della “Setta” e compagnia bella… e nonostante tutto non è ancora un incipit da BUONA narrativa.

Per chi è interessato c’è anche un capitolo due in anteprima, ma non è in PDF e non si vede l’illustrazione collegata. Qui almeno appare il Cyklop Stormwalker col cannone e le mitragliatrici, ma siamo già al capitolo due: non è più l’incipit.
Mi è piaciuto il riferimento ai motori Daimler: i più tonti autofobici potrebbero pensare “beh, ma è un produttore di motori inglese!”, ma in realtà c’è una seconda Daimler, quella fondata da Gottlieb Daimler (padre assieme a Otto del motore a quattro tempi del 1876), la Daimler-Motoren-Gesellschaft (1890-1926, poi Daimler-Benz fino al 1998 e ora dovrebbe chiamarsi Daimler AG). E il nome Daimler fa vibrare le mie corde di appassionato di Steampunk e Dieselpunk. ^_^

È un sollievo che il libro non sia del tutto illeggibile, ma non posso considerarmi soddisfatto. Il rischio puttanata colossale ci fa ancora “ciao” da dietro l’angolo, come prima. Speriamo bene…

 


Nota 1
Il Ciclo di Otto e il primo motore a quattro tempi con pistone singolo prodotto per uso industriale, per i geniacci che non si ricordano che le tecnologie coesistono prima di affermarsi e non sbucano da sotto il tappeto con un “bù!”, è del 1876. Ed era un perfezionamento di altri motori a combustione interna precedenti, in particolare Otto lo realizzò partendo dal perfezionamento del motore a gas di Étienne Lenoir del 1860, col motore a due tempi del 1866, e arrivando infine all’ìdea dei quattro tempi.
E il primo brevetto per un motore a combustione interna funzionante “molto simile a quello di Otto” (quindi non un Ciclo Leonardo alla Brown, come quello del 1823) è di Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, italiani, che lo registrarono in più paesi europei nel 1854, inclusa l’Inghilterra (Londra, brevetto numero 1072) e il Piemonte, ma poi non li produssero (e Otto venti anni dopo si mangiò il mercato).
Ho detto 1854, non 1900, per gli steampunker a cui l’odore del petrolio fa venire i crampi per l’ignoranza tecnologica: va bene adorare la combustione esterna, la adoro anche io, ma è anti-storico e anti-ottocentesco negare del tutto quella interna, come lo sarebbe negare il darwinismo sociale. Steam-N00b. BAH! Torna su.

Nota 2
Il matrimonio morganatico dell’Arciduca Francesco Ferdinando (nipote dell’Imperatore Francesco Giuseppe) era stato contratto con una nobildonna, Sophie Chotek von Chotkova, figlia quartogenita del Conte Bohuslaw Chotek von Chotkova und Wognin (famiglia di antica origine boema) e Duchessa di Hohenberg dal 1900. “Common blood” in questo contesto non penso che vada interpretato come “popolana” o “borghese”, ma solo come nobile di una Casa non regnante. Però non tornano molto le date, visto che si sposarono nel 1900 ed ebbero quattro figli (1901, 1902, 1904 e 1908, nessuno di nome Alek), mentre qui sembra che si siano sposati prima visto che Alek ha quasi 16 anni nel 1914. Cambiamento accettabile. Non mi torna comunque il motivo per cui un Conte dovrebbe disprezzare il figlio di una Contessa e Duchessa: forse in questo libro la moglie di Franz è ancora più “inferiore”? Forse è davvero una borghese e non Sophie?
Forse l’idea che perfino la figlia di un Conte possa essere “troppo poco” per la Nobile Casa degli Asburgo (Difensori della Fede e salvatori dell’Europa contro le orde mostruose dei pedofili maomettani) potrebbe risultare incomprensibile ai giovani americani, drogati di stronzate democratiche e musica negra, per cui Westerfeld ha ben pensato di fare in modo che fosse una borghese. Boh.
Comunque andrebbe bene lo stesso. Storicamente non mancarono matrimoni tra regnanti e borghesi: Vittorio Emanuale II dopo la morte di Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena sposò Rosa Vercellana, di origine contadina, che fu sempre detestata e isolata dai nobili italiani (e a cui venne proibita la sepoltura nel Pantheon non essendo mai stata “Regina”, ma solo moglie del Re). Torna su.

Il Duca di Baionette

Sono appassionato di storia, neuroscienze e storytelling. Per lavoro gestisco corsi, online e dal vivo, di scrittura creativa e progettazione delle storie. Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa. Nel gennaio 2017 ho avviato un canale YouTube.

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