Mi sono accorto di non aver mai parlato della, usando un termine moderno, “mitragliatrice” a vapore di Jacob Perkins. Probabilmente perché nessuno degli articoli precedenti trattava argomenti correlati: mitragliatrici o motori a vapore.
È un’arma strana e merita un po’ di spazio, anche se temo che qualcuno dei miei lettori già la conosca: a quanto mi risulta è più nota lei del fucile a vento Girandoni (che però usava aria compressa con una pompa manuale e in termini balistici faceva pietà). È una sorta di “must” per chiunque si voglia far passare seriamente per amante dello Steampunk: non conoscerla è come non conoscere Space 1889 (o peggio).
L’inventore
Jacob Perkins, celebre inventore americano dal cui genio sono dipese molte innovazioni tecnologiche (21 brevetti americani e 19 inglesi), è nato a Newburyport, Massachussets, il 9 luglio 1766. A dodici anni divenne apprendista di un orefice e, segno del suo genio, quando il maestro morì appena tre anni dopo, lui era già in grado di lavorare da solo. A soli 15 anni inventò un nuovo sistema per placcare le fibbie delle scarpe -un lavoro molto redditizio all’epoca- e gli affari prosperarono.
Era un artigiano così abile che a 21 anni lo Stato del Massachusetts gli commissionò la realizzazione degli stampi per le monete di rame dello Stato. Le invenzioni proseguirono, ma venne ingannato da alcuni “sponsor” approfittatori e cadde in rovina. Si trasferì a New York e poi a Filadelfia dove realizzò le prime lastre in acciaio per fabbricare banconote con componenti in rilievo, in modo da rendere più difficile il lavoro dei contraffattori. Nel 1818, non riuscendo a trovare fondi e un ambiente adatto per esprimere al massimo la propria creatività, emigrò in Inghilterra: lì ottenne finanziamenti, fabbricò lastre per banconote per il governo e sviluppò strumenti per misurare la velocità della navi ecc.
La sua attenzione venne attirata dai motori a vapore: realizzò il primo motore a vapore a pistone singolo con un bollitore capace di sostenere una pressione di 800 libbre per pollice quadrato (psi), pari a 54,4 atmosfere.
La Mitragliatrice
Alla fine Perkins realizzò la sua arma a vapore, lo “steam gun”, e la rese pubblica.
L’arma è registrata nel Regno Unito con brevetto numero 4592 del 15 maggio 1824.
Schema dello “steam gun” di Perkins, come apparso sul The London Mechanics’ Register del 6 novembre 1824. Segue la descrizione dell’arma pubblicata dalla rivista.
A – The Chamber of the Gun, from which the Barrel is charged.
B – The Handle which directs the piece working in the Chamber, and by means of which the Balls are conveyed from the Hoppers (C) into the Barrel.
C – The Hoppers, into which the Balls are placed, and from which they drop one by one into the Chamber, when the Handle (B) is moved to its extent.
D – The Barrel, which is about six feet In length.
E – A Regulating screw, by means of which the Handle is kept tight.
F – A Swivel Joint, which allows of the Gun being elevated or lowered to any point, and by means of which the Barrel may be moved in almost any direction.
G – A Throttle Valve, by which the steam is admitted from the Generator of the Engine, and into which the Pipe, communicating with the Barrel, is introduced.
H – Mr. Perkins` admirable mode of uniting Pipes so as to resist any pressure. This represents the junction of the Pipe from the Generator with that from the Chamber.
L’arma era costituita da una canna “D”, con una struttura circolare “A” per l’inserimento dei tubi “C” con le palle di piombo (caduta verticale) e la manopola col grilletto “B” per far precipitare le palle verso il flusso di vapore ad alta pressione.
La struttura, molto semplicemente, era collegata tramite un giunto a snodo “F” (swivel joint) alla struttura di giuntura dei tubi “H” (con la valvola “G” per dosare la quantità di vapore ammesso) che univa l’arma vera e propria al tubo rigido del Generatore di Vapore: il vapore ad alta pressione dosato con la valvola “G” veniva inviato lungo la canna e spingeva le palle fuori dalla canna a gran velocità.
Il giunto a snodo “F” permetteva di puntare la canna verso l’alto, il basso, a sinistra e a destra con sufficiente rapidità. La canna era lunga sei piedi (182 cm), in grado quindi di spingere per il tempo sufficiente la palla permettendole di acquistare la dovuta velocità d’uscita.
Le dimensioni, unite al bisogno di un generatore di vapore (una grossa caldaia non pesa come una piuma…), la rendono un ingombrante “pezzo d’artiglieria” da trainare con gli appositi carriaggi piuttosto che un’arma da impiegare a livello di compagnia (come sono invece le mitragliatrici di squadra moderne per cui bastano due o tre persone per trasportarle e impiegarle senza problemi). Era più ingombrante della successiva mitralleuse francese (1866) o anche della prima mitralleuse belga a 50 canne (1851) (entrambe ippotrainate).
La diversità dell’arma di Perkins rispetto alle prime mitragliatrici “sperimentali” (di 30 anni dopo) sta anche nell’impiegare una sola canna per le raffiche: non molte canne che sparano in sequenza una sola volta e poi si cambia il caricatore (la mitralleuse Reffye usata dai francesi nella guerra Franco-Prussiana del 1870 aveva 25 canne), ma una sola canna che spara tutti i proiettili uno dietro l’altro. Concezione molto moderna.
Reffye mitrailleuse, “Canon à balles modèle 1866”.
Venticinque canne rigate da 13mm disposte su cinque righe.
L’arma, impiegando vapore di spinta invece che esplosioni di composti chimici, rispetto alle mitragliatrici successive è immune alle esplosioni della camera di sparo per surriscaldamento, non soffre di inceppamenti per la cattiva qualità delle munizioni col bossolo (non le usa!) e la canna è meno stressata e può sostenere il fuoco per periodi molto prolungati (intere ore) senza surriscaldamenti che la rovinino o la portino alla rottura: proprio come un treno.
Le mitragliatrice moderne invece soffrono molto il surriscaldamento della canna e della camera di sparo, costringendo il trasporto di una o due canne supplementari per la sostituzione: una tipica squadra di MG42 nella seconda guerra mondiale portava sempre almeno una canna di riserva per evitare di stressare l’arma oltre il punto critico (ovvero di deformazione del metallo e guasto permanente della rigatura).
Senza contare i primi modelli di inizio Novecento che usavano serbatoi da 20 litri d’acqua per il raffreddamento della canna (e gli inglesi con una raffica o due si scaldavano l’acqua per il té)… oppure i modelli, come le Gatling, che per evitare il problema del riscaldamento utilizzavano anche una dozzina di canne a rotazione (con notevole aumento del peso dell’arma).
L’arma disponeva di un bollitore capace di sostenere una pressione di 900 psi, pari a 61,2 atmosfere, ancora superiore al record di 800 psi conseguito poco tempo prima! Notate che il generatore di vapore richiesto non ha bisogno di disporre di pistoni o altro per tramutare l’energia del vapore in energia meccanica, ma ha bisogno solo del vapore ad alta pressione da usare per spingere le palle invece di spingere un pistone. Tecnicamente è un dispositivo più semplice del motore a vapore di una locomotiva.
Uniflow Steam Engine: inventato da Perkins nel 1827 (anacronistico!) e brevettato da Leonard Todd nel 1885. Divenne famoso grazie al tedesco Johann Stumpf nel 1909. Impiegato nell’ambito industriale fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Il Duca di Wellington, che in altri ambiti fu quasi tecnofobo (il suo disgusto per i treni è passato alla storia), si interessò moltissimo alla nuova arma. Avendo combattutto in prima persona contro Napoleone, aveva bene in mente il potenziale di simili armi contro 100-200mila avversari schierati in linea o in colonne da assalto alla francese.
Fu proprio grazie alle pressioni esercitate dal Duca che un gruppo di ufficiali del genio e dell’artiglieria accettò di presenziare alle prove dell’arma. Ma diverse cose andavano a svantaggio di Perkins, nonostante l’illustre sostenitore: Jacob era nato nelle ex-colonie, quindi era guardato dall’alto in basso dagli aristocratici conservatori inglesi che dominavano i vertici militari.
Inoltre i militari inglesi, più di quelli di tutte le altre nazioni, erano dei conservatori estremisti, tanto che nel decennio successivo arrivarono a rifiutare un ottimo fucile rigato con ottime prestazioni balistiche perché “impiegava proiettili non sferici e i militari hanno sempre usato palle di piombo” (proiettile a espansione Norton, 1834) o perché “il proiettile era formato da due parti e non da una sola, quindi troppo complesso da produrre” (proiettile a espansione con tappo di legno Greener, 1836). Solo nel 1851 abbracciarono con entusiasmo i proiettili non sferici, scegliendo il design del francese Minié (si veda questo articolo per i dettagli sull’evoluzione dei fucili militari dell’epoca).
Le prove dell’arma.
Le prove vennero svolte presso la manifattura di Perkins, a Regent’s Park.
Inizialmente Perkins sparò le palle con ritmo lento, a imitare il fuoco di un moschetto o di un piccolo pezzo d’artiglieria campale, contro una lastra di ferro spessa 1/4 di pollice (0,635 cm) a 35 yarde di distanza (30 metri). Lo scopo della prima prova era solo di mostrare la forza con cui le palle da moschetto si spiaccicavano contro la lastra.
Le fonti dicono palle “da un’oncia”, come capita spesso, ma in realtà erano un po’ più pesanti: 32-34 grammi e non 28 grammi. Il regolamento inglese prevedeva infatti che le palle dei moschetti da 0,75 fossero fuse in modo da ricavarne 14 da una libbra di piombo (una libbra contiene 16 once), ovvero palle da 0,69-0,71 pollici.
Le palle spiaccicate nella prima prova contro la lastra.
Per massimizzare l’effetto psicologico dello spiaccicamento sugli ufficiali ignoranti (“se si appiattiscono così deve spararle proprio FORTE!”), come mostrato nel disegno sopra, Perkins impiegò palle in piombo morbido. In realtà fin dal Settecento gli inglesi impiegavano, soprattutto nei fucili rigati (in particolare quelli per uso sportivo), proiettili in piombo duro legati col 3% di antimonio (fonte: “Carabine da Bersaglieri”, Regno di Sardegna, 1855). Un piccolo trucco del geniale Perkins. ^___^
La prova proseguì. Per dimostrare che le palle inviate erano abbastanza forti da uccidere un uomo a 30 metri (30-50 metri a quell’epoca era diventata la distanza più importante di tiro per i moschetti, per massimizzare le vittime e il crollo del morale prima della “decisiva” carica alla baionetta), Perkins mise in fila 11 tavole di legno molto resistente spesse 1 pollice (2,54 cm), distanziate di 1 pollice l’una dall’altra. I proiettili le trapassarono tutte senza difficoltà.
Se ipotizziamo che il legno fosse semplice abete (classico legno da prove balistiche per cui abbiamo ottime formule per la penetrazione) e se immaginiamo che le palle fossero ancora in piombo morbido come prima, l’energia necessaria per attraversare ogni tavola sarebbe stata di 170 J circa. Per delle tavole distanziate così tanto non va sommato tutto il legno e rifatto il calcolo, basta solo moltiplicare l’energia: quindi 11 tavole richiedono almeno 1870 J. Se consideriamo che la palle si sarebbe fermata nel tentativo di sfondare la dodicesima, si può arrivare a ipotizzare 2000 J o poco meno.
Con palle da 32 grammi (0,69 pollici) sarebbero 350 metri al secondo a 30 metri, e quindi -calcolando un 22% di perdita di energia cinetica come da prove sperimentali per palle da 0,69- sarebbero stati 2560 J e 400 metri al secondo alla bocca. Quasi come un moschetto Brown Bess (460-470 metri al secondo alla bocca).
Perkins mise il vapore a tutta forza, per portare al massimo il ritmo e la violenza dei colpi (in pratica aprendo di più la valvola non solo aumenta il ritmo di fuoco, ma anche la forza dei proiettili: nei primi tiri contro la lastra il vapore non stava mostrano tutta la sua violenza!), e falciò una lunga tavola di legno atta a simulare una linea di fanteria. L’arma priva di rinculo mise a segno tutti i colpi: se ci fosse stata davvero una compagnia di fucilieri in quel punto, sarebbero stati tutti massacrati in mezzo minuto.
Come sottolinea l’autore dell’articolo del 1824 “Mr. Perkins Steam Gun”, una simile arma posta al fianco di un reggimento schierato per il fuoco di linea avrebbe massacrato i nemici senza infastidire le proprie truppe.
La Sottile Linea Rossa del 93esimo Highlander, Battaglia di Balaclava, 25 ottobre 1854.
Trenta anni dopo. Immaginate cosa potrebbe fare lo Steam Gun contro di loro? ^__^
Non contento di ciò, Perkins decise di tornare alle piastre di ferro. Prese di nuovo la piastra da 1/4 di pollice, quella su cui aveva fatto spiaccicare a uno a uno i proiettili morbidi e con una raffica a piena forza da 500 colpi al minuto la ridusse a un groviera. Più di 6 mm di ferro falciati come se fossero di legno.
Se, per ridurre al minimo le “doti dell’arma”, ipotizziamo che Perkins in questo esperimento abbia impiegato una lastra di ferro battuto (wrought iron con scorie, equivalente all’ottocentesco ferro svedese, peggiore del ferro ARMCO puro attuale) e non di acciaio dolce (mild steel AISI 1010-1020), cosa plausibile visto che fino al 1855 non sarà possibile produrre acciaio dolce a bassissimo costo, e che i proiettili fossero in piombo duro e non in piombo morbido…
…allora l’energia necessaria per trapassare la lastra sarebbe stata di 2840-3400 J (resistenza del ferro con scorie rispetto al mild steel pari al 50-60%, come da dati di Alan Williams), ovvero una velocità a 30 metri di 422-461 metri al secondo (477-521 metri al secondo alla bocca).
È realistica una velocità alla bocca così elevata? Sì.
Benjamin Robins, il padre del pendolo balistico, registrò nel 1742 una velocità di 509 metri al secondo per una palla di moschetto sparata con una dose di polvere pari a metà del peso della palla. E anche Benton, nell’Ottocento, registrò 579 metri al secondo da un fucile rigato per uso sportivo caricato con polvere pari al 46% del peso della palla.
Quindi velocità molto alte, ma non straordinarie in sé.
Come ci fa notare l’autore dell’articolo “Mr. Perkins Steam Gun”, quest’arma oltre a un volume di fuoco micidiale, senza precedenti (Perkins disse che poteva portare la pressione della caldaia fino a 2.000 psi e le raffiche da 250-500 a 1000 colpi al minuto senza problemi, se l’arma fosse stata richiesta), ha anche altri vantaggi: è economica.
Se si suppone che una sola canna scarichi 250 palle al minuto questo equivarrebbe a 15.000 palle da un’oncia all’ora che per 16 ore (un’intera giornata di scontro, tanto l’arma non soffre di surriscaldamento della canna) sarebbero 15.000 libbre di piombo (un po’ di più, come visto, ma seguiamo i dati esatti dell’articolo). La sola spesa in polvere da sparo, facendo lo stesso con dei moschetti, sarebbe di 35 Sterline ogni 1.000 proiettili, pari a 525 Sterline in 16 ore (il salario giornaliero di 3.500 operai!). La mitragliatrice a vapore può sostenere quel volume di fuoco con una buona scorta d’acqua e solo 3 o 4 Sterline di carbone Morte di massa a basso costo.
La richiesta di carbone, poco costoso ma ingombrante, unita al forte consumo di acqua e alla mole del generatore di vapore, la rendeva un’arma ingombrante, paragonabile come traino di cavalli a un pezzo d’artiglieria d’assedio da 24 libbre, probabilmente. Non proprio l’oggetto più comodo del mondo da portarsi appresso.
Ma i vantaggi erano innegabili. Come arma da postazione, montata in un forte o simili (in una ridotta a difesa dell’artiglieria d’assedio) dove la grossa caldaia e il consumo di acqua diventavano irrilevanti, poteva fornire un volume di fuoco straordinario. Un’arma difensiva, più che offensiva.
Gli ufficiali tecnici non criticarono la precisione e la gittata (alte, seppur nel limite delle palle sferiche, come già discusso in questo articolo), né la letalità o il volume di fuoco, né l’affidabilità (l’arma era molto semplice e non soffrì di alcun inceppamento, a differenza delle mitragliatrici di 40 anni dopo), ma pur di rifiutarla per partito preso si inventarono che il vapore così potente avrebbe potuto in teoria deformare la sfericità del proiettile. D’altronde si erano presentati alle prove solo per far felice Wellington.
Cioè… LOL! Come se la spinta della polvere da sparo non fosse identica! E inoltre la questione fu della deformazione teorica in sé, ignorando il fatto che in realtà l’arma era (per l’epoca) precisa e dotata di un’ottima gittata (200-300 yarde di tiro letale, come i fucili rigati Baker). Comunque, inventata la scusa per rifiutare l’arma, si sentirono felici e contenti. Il Duca di Wellington, ricevendo di nuovo la conferma che i suoi colleghi ufficiali erano degli imbecilli come dieci anni prima, lo fu molto meno.
Una perla di saggezza inglese ▼
Un’arma tanto pericolosa e letale o la usavano i britannici o nessun altro. E, dato il design avveniristico e l’altissima tecnologia frutto del genio di Perkins, solo lui poteva progettarla. Ricordiamo che mancavano ancora 12 anni all’invenzione del fucile ad ago di Dreyse e 42 anni alla diffusione in massa delle armi a retrocarica a colpo singolo negli eserciti! L’invenzione di Perkins era davvero qualcosa frutto di un genio inimitabile dai contemporanei (e infatti solo nel 1861 l’inventore sudista Winans proporrà una mitragliatrice a vapore che, a quanto pare, era peggiore di quella di Perkins).
Interesse fuori dal Regno Unito.
Qualcuno dirà “Ma se l’arma era tanto buona, innovativa, ecc… perché nessun altro governo in quegli anni ci ha pensato?”. In realtà fu proprio il contrario: mezza Europa si interessò all’arma di Perkins. I francesi richiesero una dimostrazione della nuova arma e Perkins, a Greenwich, ne portò una versione modificata secondo le specifiche francesi e in grado di sparare 60 palle da 4 libbre (1,8 kg!) al minuto. In pratica un cannoncino automatico.
Il principe Polignac ne fu molto soddisfatto e chiese anche di vedere la versione “mitragliatrice” che sparava raffiche di palle da moschetto. Anche qui il principe gongolò come un bimbo in un negozio di giocattoli. Ma quando si trattò di parlare di soldi, i francesi non furono interessati: erano lì per “vedere”, mica per comprare! Chi ce li ha i soldi da buttare? Sigh. In ogni caso è probabile che Perkins, senza il parere positivo del governo, non l’avrebbe venduta lo stesso.
L’Autocrate di Russia, lo Zar Alessandro I, ne volle comprare sull’unghia una batteria (parecchi esemplari, insomma) per quanto era rimasto affascinato da quell’arma, ma qualsiasi offerta venne rifiutata da Perkins: la Russia non era un’amica dell’Inghilterra e quindi non doveva mettere le mani su un’arma tanto pericolosa.
Perfino i Greci, nella loro lotta contro i Turchi, arrivarono a chiederne un paio! La notizia dell’arma non era certo passata inosservata. Ma i militari Britannici, appunto, erano famosi per l’acume delle loro menti…
Estratto di un articolo d’epoca, dal The London Mechanics’ Register, 6 novembre 1824.
“If Mr. Perkins’s steam guns were introduced into general use, there would be but very short wars; since no fecundity could provide population for its attacks…
What plague, what pestilence would exceed, in its effects, those of the steam gun? – 500 balls fired every minute… one out of 20 to reach its mark – why, 10 such guns would destroy 150,000 daily. If we did not feel that this mode of warfare would end in producing peace, we should be far from recommending it…
We have heard, but we do not vouch for the fact, that the Emperor of Russia, who has more knowledge of the importance of steam than some of us Englishmen, has sent an agent to procure a supply of Perkins’s steam guns, which that gentleman’s patriotism will not allow him to offer…”
E già, pensa come sarebbero veloci e indolori le guerre se tutti disponessero di armi estremamente letali come queste “mitragliatrici” o peggio, tipo gas tossici o bombardieri! Positivismo portami via: mi fischiano nelle orecchie qualcosa come due conflitti mondiali… ^__^
Fonti principali:
- “Gas, Air & Spring Guns of the World” di W.H.B. Smith, 1957. Contiene un’inesattezza nel riferirsi a proiettili più duri “in ferro”: è una cosa insensata, priva di prove sui documenti d’epoca e balisticamente non credibile (il vantaggio del +25% di penetrazione è superato dalla perdita del 31% di peso). La cosa più probabile è che abbia pensato “ferro” quando ha letto di proiettili più “duri” perché non era (e non è) di conoscenza comune il fatto che il piombo indurito con l’antimonio venisse fabbricato ben prima del 1880.
- L’articolo “Mr. Perkins Steam Gun” tratto da “Mechanics’ Magazine” vol. 5, pagina 147, del 1826.
- L’articolo “Mr. Perkins’s Extraordinary Steam Gun” tratto da “The London Mechanics’ Register” del 6 novembre 1824.
- Un breve accenno tratto da “Armi da Fuoco” di E.S. Ellacott. Contiene varie inesattezze, nonostante la scarsa mole (25 righe appena), inclusa l’inverosimile dichiarazione che la lastra di ferro fosse spessa 1,25 cm (mezzo pollice invece di un quarto). Quest’ultima forse dipende dalla dozzinale traduzione italiana.
Uno degli articoli più interessanti letti sin’ora, o mio duca :)
Pensa che proprio in queste settimane di lavoro sulla nuova ambientazione Steampunk del mio romanzo stavo ragionando sulla possibilità d’introdurre armi a ripetizione rapida. Pur sapendo che i primi modelli risalivano all’Ottocento, non pensavo che fossero stati raggiunti simili risultati già agli inizi del secolo, tanto che avevo pensato di riposizionare la mia “fantacronologia” in un periodo compreso tra Prima e Seconda Guerra Mondiale, il che però avrebbe comportato ulteriori modifiche tecnologiche al resto dell’opera. Insomma, mi hai appena salvato dall’ennesima revisione ^_^
grandioso. come al solito, d’altronde.
se davvero comincerò a scrivere, dovrò ringraziarti.
approved.
penso che nel giochino allostorico dove bazzico, che ho appunto l’Inghilterra del 1151, farò segare i generali che mi proporranno di rifiutare innovazioni militari :D
ps: ti devo ancora un rene per il fenomenale articolo sull’arco lungo inglese :O
Sono contento che vi sia piaciuto.
È molto Steam e a me il vapore piace.
Poi rientrava anche nel consiglio che mi aveva dato Angra tempo fa (forse in privato, non ricordo), di occuparmi di armi “bizzarre” in stile Girandoni.
@Okamis:
Come sei orientato per ora? Il nostro mondo in versione “diversa” e quindi Steampunk (magico alla Jeter o tecnologico secondo la visione moderna o mix di entrambi), oppure un mondo fantasy alternativo al nostro di ispirazione Ottocentesca e con tecnologia anacronistica di ispirazione Steampunk (e quindi Steamfantasy)?
Lo Steampunk per la definizione dei padri fondatori (e per l’uso fattone) non riguarda mai mondi distinti dal nostro, ma solo riedizioni del nostro mondo più o meno modificato, anche pesantemente, si veda “The Difference Engine”, ma pur sempre il Nostro mondo -Alternate History Novel- (o anche non modificato affatto a parte un po’ di bizzarrie magiche per farne historical gonzo fiction, vedi Powers e Jeter per il “primo” steampunk).
@Bardiel:
L’articolo sull’arco lungo rulla. Sono contento che ti sia tornato utile. ^___^
Allora diciamo che sarà Steamfantasy più che Steampunk. Tuttavia, durante la riscrittura della scaletta (conto di rimettermi a scrivere nel vero senso della parola a partire da Luglio, finita la sessione estiva di esami), mi sono accorto di numerosi “problemi” nella trama, qualora decidessi di optare per un’ambientazione simil Ottocentesca, tanto da essere sempre più tentato di spostare la lancetta verso la prima metà del secolo scorso. Per fare un esempio, la tipologia di Steam che meglio si adatterebbe alla trama che ho in mente sarebbe quella vista in opere come Last Exile o Full Metal Alchemist (parlo solo di ambito tecnologico, non d’impianto della trama). Ci devo studiare su ancora un bel po’, temo…
ecco, una roba così potrebbe essere usata su di un carro a traino animale? Perchè la prima cosa che mi è venuta in mente è accoppiarla ai carri tabor usati da cechi e ungheresi dal quindicesimo al diciassettesimo secolo inoltrato.
@Jonnie:
La cosa più conveniente è avere un motore a vapore completo, in grado di spingere le ruote (e se ipotizzi una tecnologia di primo Novecento, puoi anche avere un condensatore: un buon motore a vapore alimentato a kerosene per camion/auto col condensatore ha un’efficienza fino al 25% e oltre contro il 15% tipico di un motore a scoppio), ma la caldaia “switchabile” (quindi un sistema progettato ad hoc) in modo che si possa dare vapore all’arma quando non lo si dà alle ruote.
Però il vapore all’arma è a perdere: il condensatore non ti aiuta e l’acqua la sprechi.
Se invece immagini che sia un motore più tradizionale, ottocentesco, senza condensatore avrai un’efficienza massima del 10% circa (meno di un motore a scoppio moderno).
Non è un progetto campato in aria, anzi.
Pensa al “US Army Corps of Engineers Steam Tank” del 1918. Carro lanciafiamme costruito su modello dei tank mark IV inglesi, ma con due motori a vapore a due cilindri per un totale di 500 cavalli.
Perché motori a vapore? Per semplicità: il progetto iniziale ne prevedeva comunque almeno uno per il lanciafiamme per cui si son detti “mettiamo solo quelli e basta”.
E poi il motore a vapore per tutti gli anni ’10 era ancora il top del top, altro che il motore a scoppio: il motore a vapore costava di più, ma garantiva potenze che lo scoppio se le sognava. Il record di velocità del 1905 è di un’auto a vapore: 205 Km/h.
Guarda per paragone, su carri simili, i motori del Mark IV britannico e quelli del carro a vapore. Il primo ha uno schifoso diesel a 6 cilindri con un miserabile 105 cavalli: pattume. Il carro a vapore due bestie da 500 complessivi: potenza.
E il rapporto è infatti 3,7 HP/tonnellata nel Mark IV contro i 9,8 HP/tonnellata dello Steam Tank. Mica ciccioli. ^___^
Il motore a vapore è potenza e classe. Lo adoro.
Lo scoppio è “mediocrità moderna” per chi non può aspettare qualche minuto che la caldaia vada in pressione (ma molti motori a vapore moderni impiegano piccoli motori a scoppio extra o elettrici o bombole d’aria compressa, così c’è la partenza istantanea lo stesso).
^___^
@Jonnie
tornando all’argomento carri da guerra degli hussiti, il problema principale è la pressione della caldaia. La teoria del vapore per far muovere qualcosa è antica, risale ai Greci del mondo classico, ma il problema tecnologico per raggiungere pressioni sufficientemente alte è stato risolto solo dopo la metà del Settecento (con le primissime locomotive e il carro sperimentale per il traino delle artiglierie di Cugnot, 1769).
E come vedi la mitragliatrice richiede almeno 60 atmosfere per operare in quel modo (TANTE per il 1824!), con la giusta violenza, e quel progetto fu così geniale che perfino a inizio Ottocento solo un uomo fu un grado di realizzarlo (imitato malamente 37 anni dopo da un altro tizio meno abile).
Considera che se c’è una tecnologia per le caldaie così evoluta da permettere la mitragliatrice a vapore, allora avrò sicuramente trovato impiego anche in altri campi: manifatture e trasporti minerari in primis.
Immaginavo una roba tipo steamrenaissance, o davincipunk: il quattro-cinquecento con macchine volanti aerostatiche o aerodinamiche, ad ali fisse o mobili, corazzate e prime macchine a vapore per il movimento su terra. Il grosso problema, nel caso di carri a vapore, sarebbe il terreno irregolare. Probabilmente le navi a vapore avrebbero più successo.
Immagino che se gli ussiti si fossero appropriati di questa tecnica l’avrebbero usata così:
la mitragliatrice viene trasportata divisa in parti su più carri. I carri stessi raggiungono una posizione favorevole sul campo di battaglia, quindi assumono la formazione a cerchio. L’arma viene assemblata rapidamente ed entra in funzione, rendendo inespugnabile la piccola fortezza. I tempi di reazione della fantaria erano piuttosto lenti, e gli hussiti avrebbero avuto tempo di schierarsi senza problemi, credo.
è fattibile?
Ovviamente tutto questo diventa possibile solo se imamginiamo uno sviluppo rapidissimo della tecnologia del vapore all’inzio dell’età moderna, che realmente non è avvenuto. Il prezzo da pagare alla storia.
Se ipotizzi, partendo appunto da un’ambientazione rinascimentale anacronistica che tramite ingranaggi, molle e motori a vapore degni del primo ‘800 ottiene risultati degni della miglior meccanica dell’ottocento (Clockpunk: in cui le invenzioni tecnologicamente irrealizzabili di Da Vinci sono realizzabili e diffuse), che la mitragliatrice di Perkins sia realizzabile, allora sì, è una cosa fattibile.
La Caldaia più che tanto non peserà: anche se fosse grossa come quella di Cugnot, su un carro con 6 cavalli dovresti poterla portare. Il resto dell’arma non è straordinariamente pesante: non peserà più di un enorme fucile controcarro (il Type 97 giapponese da 20 mm pesava 59 kg, il Lahti L-39 finlandese sempre da 20 mm stava sui 49 kg).
Non serve nemmeno che sia smontata, se non nelle due componenti di “caldaia” e “arma”.
Considera che il pezzo d’artigliera leggera “Napoleone”, ovvero il cannone-obice in bronzo da 12 libbre M1853 usato in abbondanza dai Confederati, pesava tra lui (con le due ruote) e il carro (altre due ruote, con le munizioni ecc…) qualcosa come 1800 kg.
E bastavano sei cavalli per il traino.
Magari in un ipotetico steampunk piccoli aerei da caccia monoposto potrebbero essere propulsi da un derivato del motore Stirling, che é semplice e leggero e non necessita di approvvigionamento di acqua. Cosa ne direbbe il buon Duca nostro?
Poi, per chi desiderasse vedere una bella macchina a vapore in funzione sarebbe sufficiente recarsi sul lago di Como; il piroscafo a pale Concordia possiede un impinanto propulsivo a tripla espansione praticamente unico perfettamente restaurato funzionante.
Ecco. Adesso mi hai fatto venir voglia di scrivere un racconto steamfantasy-fairy punk intitolato. “Mr Perkins e l’agente dello Zar”, o qualcosa del genere…
Articolo molto interessante. Un inchino.
@Fitz:
il motore stirling può essere un’ottima scelta per uno steampunk in cui si voglia mantenere un qualche genere di motore a combustione esterna in ogni campo, evitando diesel/benzina ecc…
Non che non si possano mettere motori diesel, anzi, lo studio della combustione interna risale proprio alla metà dell’Ottocento (Barsanti e Matteucci, invenzione brevettata nel 1853 e primo motore a scoppio a due cilindri da 5 cavali realizzato nel 1856), ma per una tecnologia Steampunk più tradizionale possibile sarebbe meglio evitare tecnologie collegate così tanto al mondo post-1910 e preferire anacronismi tecnologici fatti con motori a vapore, turbine a vapore, motori stirling e simili (e preferire grandi e potenti dirigibili al posto di grandi aerei -poco realistici, ma qui entra la sospensione dell’incredulità del lettore, fondamentale nello steampunk-… i piccoli aerei invece sono ok, per le battaglie aeree attorno ai dirigibili da bombardamento ^__^).
@Uljanka
Felice di averti fatto trovare l’ispirazione per un racconto. Lo steam, soprattutto in ambito fantasy, ha potenziale. Ormai è una decina di anni che videogiochi, giochi di ruolo, narrativa fantasy ecc… sono sempre più chiaramente orientati in quella direzione steam: spesso solo con pochi accenni di colore (si veda la parte nanesca di Morrowind o di World of Warcraft ecc…), ma altre volte in modo netto (Arcanum, pietra miliare del mix, e l’ambientazione Bas-Lag di Mieville).
E se il progetto di Orson Scott Card di realizzare una serie di romanzi per ragazzi di ambientazione mix tra un mondo secondario fantasy e lo steampunk (ovvero Steamfantasy, visto che lo steampunk non permette in nessuna delle sue definizioni comunemente accettate una simile cosa) andrà in porto, sarà un ulteriore punto a favore del miscuglio. Ma anche solo il fatto che uno come lui ci abbia pensato è un valido indicatore delle potenzialità dello steamfantasy o steam fantasy o steampunk fantasy o come lo si vuole chiamare.
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Quelli di Games Workshop erano capaci (lo sono sempre meno) di inventarsi cose egregie, come questo carro armato a vapore dell’Impero.
Peccato che pratichino una politica criminale.
Il carro a vapore di Warhammer è carino, ma non è un esempio di buona integrazione tecnologia-ambientazione a quanto ho visto.
Il cannone di calibro elevato frontale subisce tutti i problemi dei grandi cannoni che la marina spagnola soffrirà fino ai tempi dell’Invincibile Armata: dopo lo sparo come lo si ricarica?
I cannoni di grande potenza sono necessariamente ad avancarica, perché la retrocarica rende debole la culatta favorendo l’incidenza del surriscaldamento sulla rottura del pezzo. Ma se è ad avancarica serve molto spazio per farlo arretrare completamente, raffreddare la canna con una spugna, inserire i cartocci di polvere, inserire la palla e calcare tutto. In pratica tutto lo spazio interno è sequestrato per il solo cannone: e meccanismi per guidarlo, spazio per il carbone, spazio per le munizioni, spazio per il trasporto di truppe che difendano il mezzo? Zero.
A retrocarica possono essere solo i piccoli pezzi, come il falconetto da 3 libbre (1,4 kg di proiettile). Non certo pezzi importanti da 12 o 24 libbre.
Ad esempio il pezzo sulla torretta può e deve essere a retrocarica (e comunque una torretta, senza sistemi idraulici o simili per la rotazione, ma a che serve? Come si gira?).
E poi che utilità ha un carro a vapore così poco manovrabile? Muovere il cannone singolarmente, in modo completamente avulso dal fuoco di batteria, è poco sensato. Ancora meno sensato in un mezzo che e malapena si muove: guardate le ruote, completamente inadatte, in pratica c’è scritto “mi impantano subito” a caratteri cubitali.
Il ruolo di movimento dei cannoni lo svolge meglio e con economia maggiore un banale sistema ippotrainato.
Senza considerare che, se c’è una tecnologia delle caldaie tanto sviluppata da rendere “funzionante” (e con funzionante intendo che si muove perlomeno a passo d’uomo -stile carri della Grande Guerra- e non si impantana subito) un simile mostro corazzato, allora questo deve avere una serie di implicazioni a livello di sviluppo industriale: la tecnologia non esce dal cilindro, cu-cù, per solo uso di un singolo armamento.
E a quanto ricordo del mondo di Warhammer è fin troppo rinascimentale (con cadute retrò medioevali sui Bretoni e simili), altro che industrializzato!
L’acciaio che lo copre, se anche fosse ottimo Mild Steel, per fermare le palle di moschetto pesante di primo ‘500 deve essere spessa più di 6 mm!!! E’ un accidenti di metallo!!! E in ogni caso non sarebbe immune alle cannonate delle normali batterie ippotrainate da 12-24 libbre: un colpo di cannone e addio al carro. E i cannoni non mancavano dai campi di battaglia. E lui non è un bersaglio piccolo. ^__^
È un mezzo le cui debolezze intrinseche sono tanto evidenti che lo condannano alla sconfitta immediata senza “se” e “senza ma”.
Tornando al discorso tecnologico:
perfino la mitragliatrice a vapore è stata solo un “frutto secondario” di sviluppi ulteriori di tecnologie correlate ai motori a vapore che hanno poi svolto il loro ruolo principalmente nel settore ferroviario e industriale della prima metà dell’Ottocento.
Nulla è avulso dal contesto, soprattutto quando è una tecnologia chiave per i settori minerari e tessili come quella dei motori a vapore.
Senza cannone, paradossalmente, avrebbe più senso come trasporto truppe con feritoie laterali per il lancio di granate a miccia e per il fuoco dei moschetti: mentre lui avanza la fanteria lo segue, protetta dalla sua mole (fino a quando un colpo di cannone non lo spacca in due), in modo da lanciarsi poi alla baionetta (modello Ga-Pa svedese) nello schieramento nemico indebolito dalle granate e col morale a pezzi.
In Warhammer c’è di tutto. In Bretonnia sono medievali, in Albione preistorici, l’Impero è rinascimentale con uno spot di tecnologia da rivoluzione industriale. Tilea è decisamente rinascimentale. I Nani sono medioevali ma hanno corazzate a vapore, elicotteri e dirigibili. Non è certo il massimo della verosimiglianza ^_^ Ah, poi ci sono gli Skaven (uomini ratto) che hanno una loro bizzarra tecnologia-magia, che essendo così lontana da quello che conosciamo alla fine risulta più credibile di tutto il resto.
Gli Skaven li adoravo e, hai pienamente ragione, a loro modo sono i più credibili e coerenti del gruppo (e viva la mutapietra ^__^).
Se tutto Warhammer fosse stato in stile tecnologia skaven sarebbe risultato molto più figo e dark.
Articolo molto interessante e letto con piacere. La mia ignoranza in materia di vapore e armi automatiche mi impedisce ulteriori commenti ^^”
Questo articolo è stato tra i più stimolanti: l’immagine di tanti bei soldati falciati da raffiche di piombo a vapore come birilli mi fa godere! ^__^
Fossi stato in mister Perkins o in Wellington agli ufficiali avrei infilato l’arma nel sedere e aperto il vapore a manetta! Quante volte ho fantasticato su batterie di steamguns che spazzano via come foglie secche quadrati russi e orde ululanti di dervisci e zulu…
Comunque un’arma simile, oltre a produrla in massa, la piazzerei su carri semoventi come suggerito dal Duca. Se la tecnologia non è ancora pronta vale la pena investire: squadroni di carri a vapore che avanzano in massa per lucidarsi i cingoli col sangue del nemico, seguiti da carri che portano fanteria pronta scendere per infilzare i sopravvissuti. Il fatto che mi trastulli con simili fantasie è sano? Dite di no? Peccato.
Bellissimo articolo! Mi sorge però una domanda: come mai le pallottole cadono nella canna? La pressione non dovrebbe essere così forte da tenerle schiacciate nel caricatore? Utilizzava un sistema di valvole per alternare flusso di vapore-caduta dei proiettili?