Il 27 ottobre 2008 ho ricevuto una mail intitolata “history channel” dal signor Marco Curti.
Gentile “Duca Carraronan”,
Ti scrivo dalla redazione di History Channel, stiamo realizzando una serie di puntate sulla rievocazione storica all’interno delle quali i conduttori si cimenteranno nell’apprendere l’uso delle armi. Ho avuto modo di vedere sul sito steamfantasy che spesso ti sei occupato delle armi da fuoco rinascimentali e delle simulazioni degli impatti dei colpi sulle armature. Considerando il tuo interesse per l’oplologia e per la storia sperimentale vorremmo avere indicazioni rispetto alla possibilità di poter ricreare delle prove di tiro con armi rinascimentali […]
Volevo quindi chiederti un contatto diretto in modo tale da poterne parlare a voce.
Seguiva firma, recapito e numero telefonico.
All’inizio non sapevo cosa pensare: poteva essere benissimo la mail di qualcuno che mi voleva prendere per i fondelli. D’altronde ho buoni motivi per essere antipatico a parecchia gente. Controllai il dominio dell’indirizzo e-mail (Wilder.it) e scoprii che la Wilder produce proprio i documentari per History Channel Italia.
Sembrava tutto apposto, senza nessuna fregatura, per cui risposi specificando il mio ambito di conoscenze, le fonti bibliografiche principali che utilizzo e, soprattutto, che non ho alcun titolo di studio in ambito storico e che non pratico il tiro ad avancarica. Tanto per togliere ogni dubbio.
Il giorno dopo Curti mi telefonò e mi spiegò per bene che cosa volevano simulare: armi da fuoco contro armature francesi alla battaglia di Pavia del 1525. Era fattibile, sono cose che conosco abbastanza da poter fornire le specifiche per costruire una simulazione adeguata. Spiegai le principali problematiche del caso via telefono, assicurai che era fattibile in modo serio e preciso, e promisi di produrre entro la fine della settimana un documento dedicato al caso.
Venne un testo di circa 3400 parole dedicato ai calibri e alle velocità alla bocca delle armi da fuoco del periodo, alla metallurgia delle armature francesi e allo spessore medio delle corazze pettorali. Aggiunsi, come curiosità ulteriore, una simulazione teorica (fatta con le formule di penetrazione in tessuti umani misti e nell’acciaio) delle affermazioni di Paolo Giovio (1483-1552, medico, storico e biografo) sui grandi archibugi spagnoli capaci di penetrare anche due o tre uomini d’arme francesi per volta.
Il documento verrà rielaborato, corredato di foto e pubblicato su Baionette nelle prossime settimane.
Il testo piacque molto (anche grazie alla simulazione teorica sulle affermazioni di Giovio, che l’autore del documentario già conosceva) e nelle settimane successive rimasi in contatto con Curti via mail e telefono. Un po’ per volta si delineò meglio anche cosa volevano fare “di preciso” (poi, sul campo, si è potuto fare meno di quanto desiderato per problemi di tempo… peccato) e Curti mi passò il contatto email dell’archibugiere per farmi controllare le caratteristiche degli archibugi forniti per il test.
Il fornitore della potenza di fuoco era Claudio Gatti. Nel documentario interpreta il ruolo del soldato imperiale che spiega il funzionamento dell’archibugio a miccia al presentatore/attore mentre il resto del gruppo di ricostruttori storici fa da “comparsa” sullo sfondo. Nel giro di poche e-mail mi chiarì che la sua arma (il cui calibro, 18,7 mm, era buono, ma non eccezionale) poteva andare ben oltre la carica massima che sarebbe stata necessaria per simulare il proiettile più potente utilizzato dagli imperiali: secondo il costruttore poteva reggere fino a 40 grammi di polvere svizzera numero 2 e io, nell’ipotesi più fantasiosa, gliene avrei fatti mettere al massimo 10-15 grammi per simulare le performance delle armi ad avancarica dei test di Krenn.
Insomma, le armi c’erano. Per finire abbiamo dovuto scegliere il tipo di acciaio da acquistare: dovendoci limitare a un solo acciaio per i test ho suggerito un C40 -banale acciaio al carbonio allo 0,4%- spesso 2 mm per simulare le migliori armature milanesi che potevano essere presenti alla battaglia. Devo ringraziare l’ingegnere meccanico Giovanni Maione per avermi confermato alcune cose tecniche, permettendomi così di scegliere senza rimorsi quel tipo di acciaio.
A Pavia
Il 19 dicembre, con uno slittamento di una settimana causa pioggia, ci sono state le riprese del “test di penetrazione”. Un po’ prima delle 10 sono arrivato al castello Visconteo, dove ho incontrato dal vivo Marco Curti, Valdo Gamberutti e i due gruppi di rievocatori storici (gli archibugieri di Claudio Gatti e i lanzichenecchi della Compagnia della Fenice).
Mi avevano anche proposto, vista la barba e il phisique du rôle, di indossare uno dei costumi portati dal gruppo dei lanzi per partecipare alle riprese sugli spalti del castello, ma col fatto che si pensava di correre entro breve al poligono di tiro per il test ecc… ho preferito rifiutare la proposta.
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Uno dei costumi che ho preferito: corazza pettorale, morione e abbondanza di nero e di oro del Sacro Romano Impero. |
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Il lanzichenecco con l’accento toscano! |
Mi sono divertito molto coi lanzichenecchi, in particolare col loro capo (Luca Guglielmi) che mi ha mostrato posizioni di combattimento con le armi inastate, mi ha confermato l’agilità e la versatilità di alabardine, alabarde e falcioni per attaccare e difendersi (come diceva George Silver nel suo libro del 1599) e mi ha mostrato come viene usata la guardia a otto della katzbalger per impugnarla assieme all’arma ad asta (in modo da averla già in mano quando, come è naturale accada, l’asta della propria alabarda/picca verrà spezzata dal nemico e si dovrà entrare in corpo a corpo con la spada corta).
Le armi inastate, dall’aspetto massiccio e pericoloso (seppur non affilate), erano piuttosto leggere da maneggiare, come mi aspettavo dai pesi noti degli esemplari storici, grazie anche all’ottimo bilanciamento. L’alabarda più pesante portata disponeva di tre spazi sul dorso della lama per raccogliere e spezzare picche. Luca mi ha raccontato che in combattimento si è trovato a usarla con efficacia per inchiodare al suolo le aste nemiche e poi spingere col peso del corpo per frantumarle.
La mattinata è volata tra il falconetto che veniva trasportato sugli spalti solo per scoprire poi che le zone adatte alle riprese non disponevano di postazioni per l’artiglieria (tutte rimaste nella zona modernizzata con la tromba delle scale…), le riprese con l’attore/presentatore che mostrava le mappe dei domini di Carlo v e ne descriveva in breve la storia famigliare (da osservare assicurandosi ogni volta che il cellulare fosse spento per evitare figure di merda) e le chiacchere con i lanzichenecchi.
Il lanzo con il morione mi ha confermato, come avevo sempre sospettato, che infilarsi la corazza pettorale senza la schiena (o perlomeno un supporto di cuoio inchiodato) è una fatica immensa se non c’è nessuno che aiuti a chiudere le cinghie.
I corazzieri dell’Ottocento usavano corazze petto-e-schiena da infilare da sopra la testa e chiudere in un attimo con il comodo cinturino. E anche i picchieri del ‘600 avevano di norma corazze petto-e-schiena nonostante a loro servisse praticamente solo il petto per resistere ai colpi nemici. È molto più comodo avere anche la “schiena” della corazza per la maggiore rapidità e facilità di vestizione.
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Alcune delle armi della compagnia, da una foto del sito ufficiale. Notate l’alabarda al centro. (Clicca per ingrandire) |
Un po’ dopo mezzogiorno siamo partiti, con un’ora abbondante di ritardo, per andare a effettuare i test dove indicato dalla Questura, al poligono vicino. Arrivati al poligono ho conosciuto il gruppo degli archibugieri, tutti molto simpatici e con facce adatte al ruolo. Ho osservato le riprese della scena che si svolgeva al poligono, con l’attore che interpreta una recluta del campo imperiale che vuole provare l’efficacia dell’archibugio per essere sicuro di poter davvero ammazzare i temibili cavalieri francesi con quella roba.
L’attore (che lavora alla radio in non mi ricordo che programma) era bravo. In particolare le scene di “spavento” quando l’archibugio tuona sono state bellissime (non erano nemmeno tuoni particolarmente forti: saranno stati la metà del devasto acustico che fa un Garand o un moschetto del ‘700 a piena carica). E l’improvvisazione ogni volta che inciampava nei rovi accanto alla piastra era spettacolare. ^___^
Prima un balestriere venuto dal passato (un ruolo un po’ sfigato) ha tirato contro la piastra senza nemmeno graffiarla (i dardi sono finiti tutti decapitati all’impatto e la scena era più simbolica che altro, fatta con una balestra leggera: usando un’ingombrante balestrona da 1200 libbre con dardi di peso adeguato credo che un buco nella piastra lo avrebbe fatto), poi Gatti, nel ruolo dell’archibugiere esperto che istruisce la recluta, ha mostrato la potenza delle armi “moderne”.
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Le riprese del test di penetrazione. Notate Gamberutti che discute con l’attore e, in tutta la sua bellezza, la piastra di C40 che attende calma e posata di recitare la sua parte! |
C’erano stati un po’ di casini con le tempistiche e non era stato possibile fare i test preliminari desiderati, per cui siamo arrivati alla ripresa dello sparo senza che potessi prima suggerire a Gatti variazioni nella dose della polvere. Mancando la prova “pratica” avevo solo la speranza che i miei conti fossero esatti.
Il fatto che Gamberutti già pensasse di fare il test stile Giovio con tre piastre distanziate e in mezzo la carne di maiale non migliorava la mia fiducia nelle cariche basse usate da Gatti: solo 100 grani (6,4 grammi) di polvere nera svizzera numero 2 (equivalente a FFFg), la dose che usano di solito per il tiro a salve, per una palla da 18 mm (34 grammi), ovvero il 18% del peso della palla contro la dose del 33% circa usata nei test di Krenn.
Fortunatamente il test è stato con una piastra sola e io, forte dei miei conti e della valutazione della differenza in ultimate tensile strength tra l’acciaio scelto (un AISI 1040 o UNI C40) e quello di riferimento dei calcoli (un AISI 1015, il 25% più debole), ero quasi sicuro che il proiettile sarebbe passato. Il balestriere e alcuni archibugieri no, ritenevano che il piombo morbido si sarebbe spiaccicato contro il duro acciaio indipendentemente dalla velocità (ah, illusi, tremate di fronte al potere delle formule balistiche! ^__^).
Gatti, forse perché aveva appena sentito la “botta” sparando a palla poco prima (quando si spara a salve il rinculo è molto minore perché non c’è nulla ad opporsi al gas), sembrava più convinto di me che si potesse sconfiggere la “corazza” senza dover modificare affatto la carica di base.
Al primo tiro l’archibugio ha bucato senza problemi il foglio di acciaio.
Con una stima a occhio l’arma disponeva alla bocca di 1800-2000 J che alla distanza di tiro (circa otto metri) diventavano 1650-1750. Il foglio secondo i miei calcoli richiedeva 1200 J per essere perforato da una palla di piombo di 18 mm. I proiettili inoltre tendono a deformarsi con impatti di questo tipo quando posseggono meno di 1/3 della velocità iniziale, causando (se riescono lo stesso a sfondare) larghi buchi irregolari e sfrangiati.
Il foglio di acciaio era posto più in basso dell’archibugio, all’altezza dello stomaco del tiratore, il che aggiungeva anche un angolo di impatto non ottimale al colpo (già calcolato nei 1200 J che ho stimato come impatto a 30° contro i 1000 J di un impatto perpendicolare) come sarebbe stato nella realtà contro le corazze milanesi arrotondate.
Il foro era molto netto, tondo e pulito, con una bella fetta circolare di acciaio strappata via e conficcata nel fango assieme al piombo: l’energia necessaria è stata ben al di sopra di quella richiesta, proprio come pensavo (anche se con quella carica così bassa non avrebbe mai passato una seconda lastra… ma per mancanza di tempo non è stato possibile proseguire le riprese dei test).
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La piastra col buco mostrata da Curti |
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La palla da 18 mm dentro al buco da 26-27: i buchi più grandi del proiettile che li causa sono normali (notate come il metallo è piegato verso l’interno: probabilmente il segmento strappato non arriva nemmeno a 18 mm di diametro!) |
Una gran bella esperienza. Curti e Gamberutti, anche se presi dal lavoro, sono stati molto cordiali e simpatici. La consulenza è stata completamente gratuita, però mi è stato rimborsato il viaggio e apparirà il mio nome nei titoli di coda come “consulente balistico”. È valsa la pena andare anche per salvare il documentario da una piccola gaffe piuttosto fastidiosa (per gli ingegneri perlomeno): durante le riprese della scena col foglio d’acciaio per due volte l’attore/presentatore ha detto “4% di carbonio” invece di “0,4%” (cioè si passava da un ottimo acciaio da bonifica a una più fragile ghisa), non so se per un errore di battitura nel copione o cosa, ma dopo la seconda ripresa ho segnalato il problema a Gamberutti ed è stato risolto nei ciak successivi.
Edit di qualche minuto dopo la pubblicazione.
Aggiungo queste notizie relativa al documentario:
http://www.libero-news.it/adnkronos/view/25343#
(Adnkronos) – Il primo episodio della serie, prodotta da Wilder per Fox Channels Italy, e’ stato girato a Pavia. Il 24 febbraio del 1525, la citta’ fu infatti teatro dello scontro tra gli imperiali di Carlo V e la gendarmeria francese guidata da Francesco I. Una battaglia che fu decisiva per le sorti dell’Europa cinquecentesca e che si concluse con la vittoria imperiale. A Pavia sono stati ricreati tutti i momenti dello scontro, a cominciare dall’assedio iniziale, fino alle strategie utilizzate dagli eserciti in battaglia.Il tutto raccontato con lo stile avvincente di una telecronaca dai due “commentatori” d’eccezione Giulio Spadetta e Alex Braga. In ogni episodio, i due conduttori, rivivranno in prima persona le grandi battaglie che hanno modificato la storia del nostro Paese, si sfideranno e si addestreranno per affrontare, dall’interno, un conflitto di grande rilevanza storica sul piano locale e nazionale
http://www.omnimilano.it/www/notizie_visualizza.php?Id=021621
(OMNIMILANO) Milano, 27 dic – Nella prossima primavera il canale satellitare History Channel (canale 407 di Sky), manderà in onda la serie in sei episodi “Pazzi Per La Storia”, dedicata alle grandi battaglie del Medioevo e del Rinascimento e realizzata grazie al sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia. “E’ importante conoscere gli eventi storici, in particolare quelli che sono avvenuti sul nostro territorio – ha detto l’assessore regionale alle Culture, Identità e Autonomie, Massimo Zanello – e che solitamente si studiano sui libri di scuola. Con questo progetto è possibile rivivere quei fatti che hanno segnato la storia dell’Italia, con un format agile e accattivante, per rivivere i fatti con attenzione ai dettagli e ai momenti di vita vissuta in tempi ormai lontani”
Aggiornamento (26 giugno 2009)
Potete vedere il video del test di penetrazione QUI.
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